Si sono riuniti oggi ad Oslo, in Norvegia, i rappresentanti di quaranta nazioni e di cinquanta organizzazioni con il fine di raccogliere fondi per far fronte all’emergenza umanitaria in Sud Sudan ed evitare un’ulteriore aggravamento delle condizioni della popolazione.
Il giovane paese, nato il 9 luglio del 2011 con un referendum che ne sancì l’indipendenza da Khartoum, è infatti devastato da cinque mesi di guerra, scoppiata dopo il fallito colpo di stato, avvenuto la notte del 15 dicembre scorso, con il quale le forze fedeli all’ex vicepresidente Riek Machar hanno provato a rovesciare il presidente Salva Kiir, il cui esercito ha però respinto l’attacco.
Gli scontri si sono in seguito allargati a tutte le principali città del paese e da lì in tutto il territorio nazionale e, soprattutto, negli stati settentrionali, dove sono situati gli impianti di estrazione del petrolio, unica fonte di reddito dello stato africano.
Il conflitto, scoppiato inizialmente per ragioni politiche, si è in seguito trasformato in una guerra civile a sfondo etnico, nella quale la popolazione Nuer, gruppo di Machar, è contrapposta ai Dinka di Kiir; proprio le immagini dei massacri hanno smosso l’opinione pubblica internazionale, costringendo i paesi esteri ad attivarsi ed ascoltare gli appelli delle Ong umanitarie, per mettere fine ad un conflitto che altrimenti si sarebbe aggiunto alla lista delle guerre dimenticate di cui il continente africano è costellato.
Dopo la tregua, firmata tra le due fazioni ad Addis Abeba il 10 maggio scorso, il vertice di oggi nella capitale norvegese si prefigge di raccogliere contributi per un totale di 1,26 miliardi di dollari, che si aggiungeranno agli oltre 530 già promessi dai vari paesi per arrivare a quegli 1,8 miliardi che le Nazioni Unite hanno stimato essere necessari per fronteggiare la crisi.
Le violenze hanno infatti impedito la semina dei campi ed il raccolto di cereali di quest’anno sarà quindi insufficiente a garantire anche una minima sicurezza alimentare.
L’Unicef ha già da tempo lanciato l’allarme, dicendo che 740mila bambini sotto i cinque anni sono a rischio fame e 50mila potrebbero morire per malnutrizione, a cui si aggiunge la minaccia di epidemie dovute alla carenza di medicinali ed alle piogge intense di questi mesi; pericolo confermato anche dall’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha parlato di già nove casi accertati di morte per colera e 138 persone infettate, senza contare i migliaia di casi di malaria.
Gli scontri, che nonostante il cessate il fuoco non si sono arrestati, secondo il generale Katumba Wamala, capo delle forze ugandesi schierate con Kiir, si fermeranno solo con un intervento militare massiccio, esteso a tutto il paese e a cui partecipino più nazioni; ha lanciato quindi il suo appello soprattutto ai membri dell’Igad (Autorità Intergovernativa per lo Sviluppo) che raccoglie gli stati della regione del Corno d’Africa (Uganda, Sudan, Etiopia, Kenya, Eritrea, Somalia, Gibuti e Sud Sudan) ma che ha finora ignorato tutte le richieste di sostegno alla missione.
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Sud Sudan. Ad Oslo il vertice dei donatori: servono 1,8mld per far fronte alla crisi
Creato il 20 maggio 2014 da Giacomo Dolzani @giacomodolzaniPossono interessarti anche questi articoli :
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