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L'articolo 18 ormai è il nuovo capro espiatorio dei problemi italiani, il male dei mali, il freno alla crescita, il blocco all'occupazione giovanile, la morte della meritocrazia e il protettore dei fannulloni e dei ladri. Sono frasi Fantoziane? No. È l'opera “Tueur sans gage (in italiano “Sicario senza paga”)” di Ionesco? Nemmeno. Sono le dichiarazioni di politici, membri di Confindustria e tecnici al governo.
A sentirli parlare sembra quasi che l'Italia non sia in recessione e in crisi per colpa di non-scelte dei governi che si sono succeduti dal 1980 in poi, ma che la colpa del disastro economico, sociale e finanziario impensabile fino a una decina di anni fa, sia l'articolo 18. Per il medesimo motivo secondo il governo dei tecnici, le imprese straniere non investono in Italia. Il neo-presidente di Confindustria, Squinzi, ha subito smentito Monti e compagnia, affermando che il problema non è l'articolo 18, ma la burocrazia italiana.
Comunque i Tecnici-tattici non sono i primi a parlare di eliminazione dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Prima ci provò l'ex ministro del Welfare Sacconi, che si schierò a favore della modifica dell'Articolo, con il ragionamento “licenziare per assumere”, che è un ragionamento a cazzo. Il sillogismo di Montaigne a confronto pare logica pura: “Il salame fa bere, il bere disseta, dunque il salame disseta”. La differenza è che il sillogismo era fatto per prendere in giro la gente che non ragiona, il ragionamento invece nasceva dietro una netta convinzione dell'ex ministro del non-Welfare. Sacconi infatti fu accusato di stupro della Logica aristotelica ed adesso dovrà difendersi.
Poi caduto il Governo Berlusconi III, sono arrivati i Tecnici-tattici, che capitaneggiati da madame Fornero, signora per genere ma non per eleganza e modi cordiali, hanno riavviato la battaglia contro l'articolo 18. Elsa il coccodrillo, celeberrima per le sue lacrime, a dire il vero inizialmente affermò (ironicamente riferendosi all'articolo 18): “Io sono pronta a dire che non lo conosco.” ed aggiunse che “c' è tanto da fare nel mercato del lavoro, l'art 18 arriva per ultimo”. A quanto pare invece tutto gira intorno all'articolo 18...per loro! Ma non è che i nostri Tecnici-tattici non sono riusciti a trovare niente di meglio per risanare la materia? Ci sarebbero tantissime cose da fare per rilanciare il mercato del lavoro: diminuire il costo del lavoro (compensando con l'aumento delle tasse sui patrimoni e liberalizzazioni vere! Non quelle che permettono ai supermercati di vendere il viagra o che colpiscono solo ed esclusivamente i tassisti), garantire una tassazione minore per le imprese che investono i propri utili in ricerca e sviluppo, riuscendo grazie a questa a produrre maggiori utili (non come con la Legge Tremonti, grazie alla quale B. investì i propri utili nell'acquisto di film, potendo così sfuggire in parte alla tassazione ed aumentando il proprio patrimonio in modo sostanzioso), ecc. ecc. ecc. La Volkswagen in questo campo insegna tantissimo: i suoi operai non specializzati guadagnano 2600 € al mese, contro i 1400 € di quelli della Fiat, ed a differenza dell'azienda torinese, quella tedesca investe in ricerca e sviluppo. Vittorio Malagutti del Fatto Quotidiano, ha chiamato questo fenomeno “Spread del lavoro”. Come dargli torto!
Tornando a noi: quello che fa rabbia, oltre alla linea anti-articolo 18, è l'arroganza con la quale il governo sostiene la sua posizione. Con i soliti “aut aut”, l'esecutivo delegittima il Parlamento, che anche se ultimamente non sembra (grazie all'inciucio PdL-Pd-Udc che vota qualsiasi cosa: speriamo che Monti non chieda lo sterminio della popolazione, altrimenti il CAB, Casini-Alfano-Bersani, approva anche quella!), rimane sovrano in qualsiasi Democrazia. Certo, se pensiamo a chi era a capo dei vari dicasteri nel precedente governo, risultano simpatici sia Passera, sia la Fornero. La simpatia non è richiesta ad un esecutivo serio (i Governi Berlusconi erano governi da circo...facevano molto “ridere”, ma ci hanno condotto ad un passo dal baratro), ma almeno il rispetto della volontà della stragrande maggioranza della popolazione sì. O se proprio non vogliono rispettare la vox populi per la criticità del momento, potrebbero evitare alcune dichiarazioni vergognose, del tipo “Gli italiani vogliono il posto fisso per stare accanto a mamma e papà(Cancellieri, ministro degli Interni, ndr)”, “Il posto fisso è monotono (Monti, ndr)” “Non ci hanno chiamato a distribuire caramelle (Fornero, ministro del Welfare e del Lavoro con delega alle Pari Opportunità, ndr)”.
Dopo il primo mese di sobrietà, i nostri Tecnici devono aver alzato il gomito...tanto sobri non sembrano ormai. A volte pare quasi che alcuni discorsi glieli prepari da Brunetta. Alcune affermazioni non si discostano molto da quelle dell'ex ministro della Pubblica Amministrazione e dell'Innovazione, che spingeva i giovani laureati ad abbandonare la pretesa di avere un lavoro adeguato al livello di preparazione e ai sacrifici fatti, ed andare a lavorare al mercato. Della serie “non studiate, tanto in Italia laureati o non laureati non cambia un cazzo”.
Anche la Marcegaglia non ha perso occasione per scagliarsi contro l'articolo 18 e contro i sindacati, accusati dalla Cleopatra denoattri di difendere fannulloni e ladri. I ladri però ci sono anche tra gli imprenditori che il presidente uscente di Confindustria difende, e che non vengono cacciati dal Gruppo neanche se pagano tangenti per accaparrarsi appalti. Apro una piccola parentesi sulla Marcegaglia: parla tanto di ladri, perché se ne intende bene, visto che suo fratello Antonio e il suo gruppo hanno patteggiato la pena davanti al Tribunale di Milano (11 mesi e 6 milioni di risarcimento) per corruzione nel caso Enipower. Questi erano accusati di aver pagato una tangente da 1 milione di €, in cambio di un appalto da 127 milioni di €. Per di più il Gruppo è tuttora indagato per una serie di conti svizzeri, che sarebbero stati finanziati da fondi neri dei Marcegaglia per “operazioni riservate”.
E adesso arriviamo al fulcro della vicenda. Che cos'è questo benedetto (davvero benedetto) articolo 18? È un codicillo che incolla i dipendenti al posto di lavoro? Li tutela anche quando rubano o cazzeggiano? Assolutamente no. L'articolo 18, dello Statuto dei Lavoratori, afferma che il dipendente può essere licenziato solo per giusta causa o giustificato motivo. Giusta causa significa che c'è stata un'inadempienza o una trasgressione, da parte del lavoratore, di una gravità tale da compromettere il vincolo fiduciario che sta alla base del rapporto fiduciario tra lui e il datore di lavoro. Questa situazione preclude la possibilità di proseguire il rapporto e consente al datore di lavoro di licenziare in tronco il dipendente. Il Giustificato motivo invece può essere sia soggettivo, sia oggettivo. Il giustificato motivo soggettivo consiste nell'inadempimento del lavoratore agli obblighi del superiore, ma l'inadempienza è di minore entità rispetto al caso della giusta causa. Il datore di lavoro può licenziare il sottoposto solo dandogli un preavviso. Il giustificato motivo oggettivo invece prevede che il licenziamento avvenga per motivi inerenti all'attività produttiva, tali da far sì che la presenza del lavoratore precluda il raggiungimento degli obiettivi aziendali (è il caso del licenziamento che avviene quando un'azienda è in crisi). Ovviamente il datore di lavoro deve rispettare dei vincoli, mi sembra ovvio.
Quindi il dipendente ladro o fannullone può essere licenziato eccome! Ovviamente il superiore dovrà comprovare la sua versione. Altrimenti sarebbe facile...basterebbe dire che il dipendente ha rubato. E' un po' come se all'Agenzia delle Entrare bastasse sostenere che l'imprenditore ha frodato il fisco, senza prove, per ritenerlo un evasore.
Allora, come può essere l'articolo 18 il male dei mali? È il nuovo status-simbol dei problemi italiani. I nostri politici cercano sempre un qualcosa o un qualcuno su cui scaricare tutte le colpe. Un annetto fa il Governo Berlusconi si scagliò contro le “invasioni”, come le chiamavano loro, degli immigrati che approdavano a Lampedusa e quindi in Italia. In quel periodo pareva che tutti i problemi dell'Italia fossero dovuti agli immigrati. I leghisti, capitaneggiati da quel rampollo di Umberto Bossi, volevano mandare direttamente in galera i clandestini che arrivavano sul suolo italiano. Adesso invece c'è l'articolo 18. Anziché fare battaglie contro la corruzione, l'evasione, il decadimento dei valori e della civiltà, i nostri politici si scagliano contro l'Articolo in questione. Salvo dalla critica, almeno in questo caso, Di Pietro, Vendola e i rispettivi partiti.
Bersani invece parla di patti non mantenuti, ma in aula voterà la fiducia, così come il suo partito. Il paradosso è enorme: il Pd che vota una legge che penalizza i dipendenti è qualcosa di incredibile! Il Pd!!! Il partito nato dalle ceneri dei vari partiti e movimenti di sinistra e nel quale (almeno in teoria...anzi molto in teoria) c'è confluita un po' di linfa del Pci di Berlinguer. È una situazione che oltre a stravolgere la logica aristotelica e politica, sconvolge la storia! Ma gliel'hanno spiegato al segretario Bersani, che gran parte dei voti che il Pd prende arrivano da lavoratori dipendenti? Sembra quasi che arrivi da Marte.
I sostenitori della linea Fornero gustificano la loro presa di posizione con le statistiche, dimostrando il contrario di quello che vorrebbero dimostrare: affermano infatti che solo una piccolissima parte delle cause di licenziamento basate sull'art. 18 vengono vinte dal dipendente (comportando quindi il reintegro e il pagamento dei danni da parte del datore di lavoro), mentre nei restanti casi la ragione se la becca il datore di lavoro. Con questa statistica credono di certificare che l'articolo 18 è inutile. Invece proprio questo dimostra che l'art. 18 non tutela tutti i dipendenti, soprattutto quelli fannulloni o ladri, ma tutela i licenziamenti discriminatori (per motivi politici per esempio). Chi merita il licenziamento viene licenziato! Ci parlano di rigore tedesco, ma in realtà in Germania il giudice del lavoro interviene per qualunque licenziamento. Perché allora tolgono diritti ai lavoratori e gli stipendi rimangono bassi?
Per capire cosa ne pensano gli imprenditori dell'articolo 18, vi cito un aneddoto raccontato da Giorgio Cremaschi su Micromega (il titolo dell'articolo è “Perché cancellano l'articolo 18”): anni fa un imprenditore torinese, ad ogni assemblea dell'Unione industriali, ripeteva che andava abolito l'articolo 18 perché così avrebbe avuto una pistola carica tra le mani. Anche se non la usava, visto che affermava di non voler licenziare dipendenti, era un arma intimidatoria e i dipendenti dovevano temere questo. Considerando che ci sono imprenditori seri, ma anche imprenditori “fenomeni” che vorrebbero licenziare i dipendenti alla prima divergenza, possiamo sicuramente dire che se verrà modificato l'articolo 18, verrà abbattuto il muro che difende il lavoratore da discriminazioni ed abusi di potere.
L'articolo 18 è un po' la nuova supercazzola dei nostri tecnici-tattici. Mi ricorda un po' la scena del film “Il dittatore dello stato libero di Banans” nella quale il capo dei rivoluzionari, dopo aver promesso per anni libertà e democrazia (considerate da lui una priorità), una volta compiuto il colpo di stato, spazza via le speranze dei democratici ed afferma: “Io sono il vostro nuovo presidente; da qui in avanti la nuova lingua del Banans sarà lo svedese. A partire da ora, tutti i cittadini saranno tenuti a cambiarsi la biancheria ogni trenta minuti. La biancheria sarà portata sopra gli indumenti per poter controllare. Oltre a ciò, tutti i ragazzzi sotto il sedicesimo anno di età, a partire da ora avranno sedici anni”. A questo punto Allen chiede al compagno “Chi è che vende le camicie di forza?” e l'altro risponde “Il potere gli ha dato alla testa”. Ecco, visto che i nostri tecnici, per risanare il mercato del lavoro, partono dall'articolo 18, mi sento di affermare che il potere gli ha dato davvero alla testa.
Ripeto: se davvero il governo vuole perseguire il modello tedesco, perché spazza via conquiste “storiche” dei lavoratori e non fa niente per tutelarli? La Germania non è solo rigore, visto che i dipendenti “crucchi (come li chiama qualche servo del CaiNano)” sono più tutelati di quelli italiani e guadagnano il doppio. Modello tedesco o non modello tedesco? È una situazione da “Comma 22”. Se i tecnici non usciranno da questa bolla di contraddizioni, passeremo dal rigor Montis, al rigor mortis!
di Simone Ferrali
Ecco il video del Fatto della Settimana:
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