Tacchi e Rintocchi capitolo 15: umori e pudori
Da Stanford
@stanfordissimo
Uno dei lussi dell'amicizia é il liberarsi degli inutili pudori che tengono distanti le persone. Avete presente quelle cose tipo scusarsi nel parlare di piedi, o chiamare i genitali farfalline e pisellini? Ecco. Facendone a meno i veri amici sono più liberi di dirsi davvero come le cose li fanno sentire?
Ahia in questo, col suo faccino da bambolina arrossita, sapeva essere davvero steineriana...cioè non si teneva dentro niente! Di lei ho condiviso tutto senza il dovere “esplorativo” che era riservato ad altri più dotati nella speleologia di me, ma non crediate che questi pur inoltrandosi in certi anfratti ne sapessero più di me! Tutt'altro.
Io ero il custode degli umori che essendo lei piuttosto asciutta a livello emotivo, non riguardavano i sentimenti. Ogni quattro settimane circa venivo informato dato che ero come un fratello, dell'aspetto, densità, variegatura eventuale e irruenza del suo ciclo mestruale. Ma una sorella ne parla così a suo fratello?
Ho chiesto in giro e non pare che la fratellanza si misuri in questi termini, anzi che ci sia invece un riserbo quasi totale un po' come il sesso tra i genitori, per i propri figli. Probabilmente, Ahia che riteneva di essere talmente sensibile da sentirsi fragile come un vetro, impostò male il rapporto terapeutico con la sua analista, convincendosi di “dover” essere molto più coraggiosa nella sua comunicazione, oppure avendo avuto solo fratelli le era rimasto un gran bisogno inespresso di condivisione di sé.
Così credo di essere stato il primo con cui, decise di Condividersi. Peccato che il modo in cui la dolce fanciulla nella torre si concepiva, e quindi intendeva condividersi era basato su un ascolto straordinario del suo corpo. Non so se durante una seduta magari la sua analista dopo averle chiesto di chiudere gli occhi e di “scendere” nel suo io profondo, avesse starnutito o tossito o avuto l' attacco di diarrea che nelle pubblicità ti aspetta in agguato dietro un cespuglio, ma di fatto, Ahia doveva essere rimasta lì dove lei le aveva detto di stare.. dentro di sé fino a rimanervi imprigionata.
Infatti, la fanciulla era capace di cose straordinarie per cui se le telefonavi poteva dirti: ho male alle arterie, oppure essere in grado di tracciare come un GPS l'esatto percorso di quel doloretto tra fasce muscolari, capillari derma, epitelio e strati cornei, che le partiva dal tallone e le fuoriusciva dai dotti lacrimali. Come una talpa sembrava cieca alla luce del sole, ma conosceva a memoria tutti i suoi cunicoli.
L'involucro esterno che la conteneva, ovvero il suo corpo era custodito con religioso decoro, fatto di rituali anche costosi che esprimevano in modo un tantino ortodosso il concetto dell'Apostolo Paolo quando sosteneva che il nostro corpo è il nostro tempio e la sua purezza un requisito per lodarne il Creatore! Lei, vestale della sua Buccia mai d'arancia aveva ben ragione di detergerla idratarla esfoliarla depilarla e quant'altro, poiché viveva nella convinzione che la sua parte organica fosse sempre sotto minaccia di agenti esterni e pronta a deteriorarsi. Un po' come quelle case nobili che hanno la facciata assai curata e i mobili impolverati sotto le lenzuola, lei viveva in restauro permanente ma senza mai consolidare le proprie fondamenta.
Le sue patologie, spesso causate da abitudini malsane quali il dormire sotto il piumone anche ad Agosto mi facevano una gran tenerezza tranne quando la dovizia dei particolari circa questo muco o quel fluido corporeo raggiungevano una macroscopìa tale da provocarmi un netto cambio di discorso. Per quanto riguardava invece il pudore lei ne era assolutamente priva e sarebbe stata capace di cambiarsi le mutande intanto che parlavamo di borse e scarpe, come di fare la cacca sotto un cavalcavia senza nessun turbamento.
La cacca era infatti il suo cruccio più grande. Ci pensava tutti i giorni e le erbe che prendeva per farla erano tredici al cubo almeno. Una mia amica cardiologa dice sempre che se agli italiani gli fai fare la cacca, ti sono più grati che se gli fai un doppio bypass coronarico, e deve aver ragione perché Ahia mi informava che succedeva con lo stesso entusiasmo di una promozione sul lavoro.
Solo di fronte agli esami del sangue Ahia diventava fragile davvero, come se quel sangue che le circolava dentro la macchiasse di rosso, colore che infatti non poteva sopportare nei vestiti o per casa, e quindi per fare gli esami ci recavamo insieme nel centro analisi più scomodo che c'era in città, solo perché l'infermiera di quel posto l'abbracciava durante il salasso, ed io guidavo la macchina verso casa! Presa com'era dalla sua sopravvivenza non c'era da meravigliarsi se aveva paura di “mischiarsi con gli altri” in quasi ogni senso.
Le cose andavano all'opposto invece con Secondo Te, la quale collezionava referti e radiografie sotto i tappetini della sua auto e puntualmente se le chiedevi un fazzoletto di carta o un cerotto tirava fuori dalla borsa una serie di impegnative scadute per le analisi del sangue, proponendoti di utilizzarle come facenti funzione!
Terza di tre sorelle lei era invece cresciuta in un autentico gineceo dove probabilmente la propria coscienza fisica, fu banalizzata in una quotidianità fatta tutta al femminile. Le sue problematiche mensili le erano di minor angoscia della posta inevasa che accumulava e se Ahia si osservava armata di lente d'ingrandimento, Secondo Te era completamente sorda ai sintomi di qualunque malanno, a tal punto che lo stress le doveva manifestarsi sotto forma di un herpes labiale che aveva la grandezza di un paio di baffi, per essere preso nella giusta considerazione.
Iperattiva e ansiosa ma anche instancabile lavoratrice, Secondo Te aveva del suo corpo una considerazione contraddittoria in quanto, sarebbe stata capace di farsi affettare col machete pur di sentirsi bella ma nel contempo era proprio la paura che le impediva di far leggere gli esami al medico. Una malattia sarebbe stata inaccettabile poiché imposta dal fato e magari anche foriera di uno scombinamento insopportabile dei propri piani vacanzieri o sentimentali. Nondimeno però per indossare fieramente un bikini era in grado di affamarsi per mesi rischiando quindi di ammalarsi davvero, o di programmare un intervento che la migliorasse con svizzera precisione. Dei suoi organi interni trai i quali i polmoni essendo una fumatrice accanita le importava quanto la conoscenza dei pezzi del motore del suo Suv, ma in quanto alla sua Buccia era disposta anche a “candirla” pur di apparire bella elegante e upper-class. Questo non aveva a che fare con una superficialità ma con il suo bisogno primario e cioé quello di trovarsi un uomo che la facesse sentire “unica”.
Se Ahia cercava un uomo che la accudisse come una posata d'argento, Secondo te voleva un uomo che le confermasse che era bella come lo specchio di Grimilde e desiderabile come mai probabilmente si era sentita tra due sorelle decisamente carine.
Il suo intestino era regolare, almeno quando trovava qualcosa da trasformare nella ovvia materia che lo riguardasse. Il suo modo di osservare gli altri poteva sembrare simile al bicchiere mezzo pieno in cui li avrebbe voluti affogare, considerando il proprio perennemente mezzo vuoto, e aveva ragione, dato che avrebbe disegnato il suo con la capienza della diga del Vajont, mentre proprio non si spiegava come mai tutti intorno a lei si lamentavano del proprio bicchiere oltretutto mezzo pieno.
C'era solo un modo in cui si poteva approfittare di lei, ed era quello di farla innamorare, quindi prettamente consentito ad uomini etero. In un solo caso si fece fregare da un gay di bell'aspetto ma lo fece per dimostrare all'amica che gli presentò quel “caso umano” che lei poteva permetterselo, quindi per autentica vanità.
Infatti tra tutte lei era la più agiata e nonostante il mio rammarico e continuo disappunto, usava il denaro come se stessa: in modo contraddittorio e con sentimenti opposti, quindi ne usava troppo e male o non lo usava proprio quando farlo sarebbe stato opportuno. Clamorosi e per me tenerissimi, i suoi attacchi di tirchieria come quello di spendere una cifra esorbitante in gelsomini senza voler affatto comprare gli opportuni sottovasi.
Ma io di lei avevo conosciuto la generosità più autentica, quella che nessuno cercava davvero in lei, quella che non era fatta di regali o viaggi o cose materiali. Quella che in modo unico sapeva dimostrare con una timidezza che solo io potevo percepire: i suoi abbracci, le foto di quando era solo una bambina, il soprannome che le avevano dato perché non voleva il brodo.
Le cose più belle che ricevetti da lei erano quelle che le appartenevano già come quella volta che confezionò a mano delle meravigliose tovagliette in feltro bordate di nastro che mi regalò come se farne a meno fosse per lei un sollievo, ma in realtà, perché io custodissi un momento in cui era stata davvero felice.
Impegnata com'era nel nascondere difetti che solo lei vedeva di sé, e nel “trivellare” le persone in cerca di una fonte inesauribile di soddisfazione personale, non c'era da sorprendersi se non riuscisse a correggere quegli aspetti, che agli occhi degli altri la rendevano “unica” in chiave spesso più negativa di quanto meritasse!
Di gran lunga più flessibile, Assolutamente era bilanciata dall'essere madre di un adolescente di rara bellezza e statura fisica. Anche lei aveva due sorelle che vivevano lontano e anche queste erano molto carine. In quanto a pudori sapeva metterli da parte per godere di una “ragazzitudine” sempreverde. Così potevi vedere indimenticabili scatti estivi di lei in short di jeans e canotte o altrettanto indimenticabili look invernali con pantaloni cargo e sneakers di colori accesi dai toni più urban di quanto nemmeno suo figlio potesse immaginare come gradevoli.
Festaiola e ospitale l'estate era la stagione in cui il giardino di casa sua diventava il fulcro sociale di numerose compagnie. Anfitrione d'eccezione possedeva una cucina attrezzata “assolutamente” di tutto ciò che serviva per una tavola da trenta persone, il tutto riposto con la perfezione Virginiana più classica. Amava talmente dare ospitalità che mi offrì diversi compleanni indimenticabili nel suo giardino e nel farlo si mostrò generosa come nessuno. Anche quando le feci fuori un frullatore nel tentativo di preparare una salsa verde. In quel frangente dove sporcai ampiamente la sua cucina, intravidi l'orrore, da brava Vergine, farsi largo nei suoi occhi e dissolversi in una fragorosa risata leggermente forzata mentre diceva : che vuoi che sia!
Il pudore che le mancava nel concepire il suo metro e ottanta di donna, lo mostrava nel parlare degli aspetti più intimi di sé. Non ci sono note infatti, nessuna patologia fisica di particolare rilievo in quanto il suo super io non poteva ammettere nessuna defezione all'efficienza di cui gli si poteva attribuire un vero primato tra noi. Andava in macchina, in motorino, in caicco, in mongolfiera e presumo anche in deltaplano ignorando ogni legge fisica che si frapponesse tra lei e il divertimento o il risultato che aveva in mente. Le sue origini esotiche e le esperienze forti che aveva fatto in suolo natìo unitamente alla educazione ricevuta da un padre che venerava e di cui inconsapevolmente incarnava l'ego smisurato, la rendevano davvero particolare! A differenza delle altre, lei appariva davvero solidale con le donne, o almeno con quelle che la facevano sentire parte di una elite che credo si portasse dentro.
Non a caso il suo aspetto delle volte un po' tanto giovanile sembrava dire: sono una come voi, ma se poi si andava ad una festa, lei era decisamente più di noi...in quasi tutto: più vestita, più felice, più appariscente, più orientale di quanto riuscisse a contenere. Sembrava del tutto inconsapevole di quanto non le servisse agitarsi tanto per essere notata, perché la sua imponenza fisica data dalla statura e dal riccio incontenibile facevano già tutto il lavoro di un occhio di bue sul palcoscenico. Amata da tantissimi amici Assolutamente aveva una autentica abilità sociale ma credo pochissimi potevano averla vista in lacrime.
Di fronte al dolore aveva invece, un pudore che ammiravo. Il dolore in lei era composto, misurato e incapace di commiserazione, ecco quindi perché nelle occasioni di gioia non sembrava sapersi contenere. Solo di fronte agli insuccessi scolastici del figlio la vedevo davvero provata, e mentre con lui cercava di trovare la severità che una madre single non può avere del tutto, sapeva come una leonessa ruggire di fronte a chiunque trattasse male il suo cucciolo!
Talvolta per questa sua forza che voleva essere incoraggiante appariva superba e troppo sicura delle sue opinioni, a tal punto da rendersi “assoluta”, ma in realtà la difficoltà linguistica nell'uso del prudente condizionale, unita al bisogno di non perdere il controllo e di offrire sicurezza , sfalsava la sua tenerezza materna. In un certo senso credo fosse con noi più materna di quanto potessimo sopportare essendo adulti. Con lei, pur sentendoti accolto avevi sempre la sensazione che ci sarebbe stato prima o poi quel “te l'avevo detto” tipico di tutte le madri. Assolutamente insopportabile.
Non c'era da stupirsi se tanto trafelata, tra un viaggio di lavoro, una cena irrinunciabile e un colloquio con l'insegnante di latino, non si accorgesse di esagerare.
Essere loro amico, aveva più a che fare con l'equilibrismo tra la giusta combinazione di questi umori, e un singolare tempismo o “meccanismo” che poteva rompersi e ricongiungersi solo tra loro che tessevano il filo su cui camminavo sentendomi assai poco libero di sbagliare passo.
Potrebbero interessarti anche :