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Tanzania /Occorrono ancora molti medici e medicine nonostante l'ufficialità esibita dal sistema sanitario nazionale.

Creato il 21 febbraio 2015 da Marianna06

 

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La repubblica del Tanzania ha assunto l’approccio della Primary Health Care dopo la dichiarazione di Alma Ata del 1978 (la Conferenza Internazionale sull’assistenza sanitaria primaria), che prevede un sistema socio-sanitario che tende a soddisfare le esigenze di salute della popolazione in modo integrale, in particolar modo partendo dall’assistenza materno-infantile.

In accordo a questo approccio sono previste ad esempio la pianificazione familiare, le vaccinazioni contro le più diffuse malattie infettive, la diagnosi ed il  trattamento delle malattie più comuni e servizi d’urgenza per chirurgia o traumatologia, insieme a piani di rifornimento di acqua pulita ed educazione sanitaria.

Il Tanzania è inoltre uno dei pochi Paesi dell’Africa sub sahariana che ha varato un documento ufficiale che prende in esame il problema della disabilità legata anche all’assistenza sanitaria, il “National policy on disability” del 2004.

Ma tutto questo, purtroppo, si scontra con la realtà di un paese in cui c’è carenza di personale medico, di attrezzature sanitarie e di medicinali specifici, in cui le trasfusioni di sangue non sono sicure e c’è una grandissima difficoltà di comunicazione e di spostamenti con le zone interne.

Le risorse umane sono infatti il vero problema di una rete ospedaliera che è anche estesa e capillare, ma non ha abbastanza personale, che fra l’altro, una volta formato, preferisce restare in città dove i salari sono più alti.

La corruzione è un altro grave problema che persiste, nonostante le campagne governative. Fuori gli ospedali si può leggere spesso la frase in swahili “Rushua ni adiu” (la corruzione è il nemico), ma troppo frequente è l’”obbligo” a dover pagare anche solo per avere un letto, e poi visite, o persino medicine. Un sistema quasi diventato consuetudine a tutti gli effetti.

Quanto esposto sopra è motivato da una conversazione avuta con un amico che, da molti anni ,vive la realtà del Tanzania. Inclusi purtroppo i disservizi dell'intero sistema sanitario.

E questo, volendo di proposito sorvolare sulla corruzione che, comunque, ai meno abbienti garantisce nel giro di poco tempo quasi con certezza il peggioramento della malattia se non addirittura la morte.

E i non abbienti sono in Tanzania, paese prevalentemente agricolo e, oggi, anche a vocazione turistica, la maggioranza della popolazione.

Nella conversazione, casualmente, si parlava di un mio ricorso, per motivi di salute miei personali, ad un medico "posturologo".

La posturologia, legata all'odontoiatria, ormai è una disciplina che viene insegnata ai medici, in Italia,  in parecchie nostre università.

Il  giovane medico, da me consultato, ha conseguito, infatti, un master alla Sapienza di Roma.

L'amico dal Tanzania,contento della mia soluzione di salute, mi diceva giustamente che dalle sue parti, senza troppi complimenti, negli ospedali, quando qualcosa non va, si amputa l'arto anziché trovare una soluzione correttiva.E di questo si rammaricava fortemente.

E a me allora, che l'ho letta tanti anni fa, è venuta in mente una lettera di un medico, che aveva prestato servizio volontario molti  anni prima in Indocina e che invitava i giovani medici francesi delle successive generazioni a fare altrettanto.

Non per tutta la vita certamente.Ma fare dono di un periodo di essa per aiutare chi ha bisogno, egli sosteneva, è quasi un dovere.

Specie poi per del personale sanitario.Medici per primi.

Non occorre che io vada avanti nel discorso.Il senso è chiaro.

In Tanzania, ad esempio, la piaga dell'aids c'è ancora e i malati ( sovente giovani) continuano numericamente a moltiplicarsi e i farmaci per le cure  sono sempre più rari  (mercato nero spesso) e costosi.

In Italia noi abbiamo tanti giovani medici in attesa di sistemazione professionale.

Perché, mi chiedo, da parte loro non informarsi e pensare di poter vivere per un certo periodo di tempo un'esperienza del genere che, in termini di umanità, potrebbe essere soltanto arricchente?

 

              

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                         a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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