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Tassati e contenti

Creato il 29 agosto 2013 da Albertocapece

200318031-001Anna Lombroso per il Simplicissimus

Io me li immagino mentre sghignazzano alle nostre spalle, soddisfatti e compiaciuti: ci siamo salvati e li abbiamo fregati, come al solito.

È contento Letta: resta in sella al suo ronzino. Ed è  contento Brunetta: è ufficialmente  l’ideologo del populismo fiscale. E’  contento Delrio:  il suo bidone – una tassa che comprenderà imposta sulla casa e sui servizi, con la quale il carico fiscale peserà sugli inquilini – ha preso tutti per i fondelli. Ed è contento Berlusconi: il test Imu è riuscito confermando che la strada dei suoi ricatti è in discesa.

Pare  strana questa indole nazionale ad essere cornuti, mazziati ed anche contenti. Sarà un istinto penitenziale, per via delle comuni radici cristiane, o magari gli italiani mostrano di credere alla favoletta di dover scontare una esistenza spericolata  vissuta al di sopra delle proprie possibilità. O  sarà per redimersi dall’immagine di  popolo festosamente pataccaro, con una legge del contrappasso che condanna a essere vittime di uno più “sòla” ancora, un presidente imbroglione più lestofante e cialtrone. O magari  sembra il ragionevole prezzo da pagare per esimersi dalle responsabilità imposte dalla democrazia,  tramite delega. O viene attribuita eccessiva e maldestra importanza al “poco e subito” incuranti delle prossime conseguenze, abitudine che vale anche per il voto da Lauro in poi. O invece – probabilmente – c’è una moratoria comune sull’intelligenza.

Non  si spiega altrimenti il sollievo oscuramente riconoscente di chi si sente sollevato dall’Imu, tassa “profondamente iniqua”, secondo un racconto pubblico bipartisan, come se trattare alla pari ricchi e poveri non fosse quanto di più iniquo si possa immaginare, origine delle più spregevoli disuguaglianze.

Per carità, perfino la perfida Europa  aveva criticato l’Imu del suo fedele  valvassore, tanto da   bocciarla,  in prima battuta, considerandola  ingiusta, perché non era progressiva e addirittura “passibile di aumentare il rischio di cadere nella trappola della povertà per i cittadini italiani”. Ma poi la missione affamatrice persuase la Commissione, soddisfatta dalle promesse concordate   di una riduzione del trattamento fiscale, della revisione (al rialzo) dei valori catastali, della pelosa distinzione tra casa principale e abitazione secondaria,  e soprattutto per non immischiarsi, lasciando i killer a cavarsela da soli. Le era bastata un’altra tassa sulla casa che aveva fatto cadere il governo della Thatcher nel ’90, quella poll tax che aveva lo stesso difetto dell’Imu: non era progressiva, colpendo così proporzionalmente molto di più i poveri che i ricchi, oltre a  variare enormemente a seconda del luogo.

Ma è bene dire con buona pace del partito diversamente Pdl che l’iniquità non consiste nell’imposizione di una tassa sulla casa, ma che non sia progressiva, che colpisca anche chi sta pagando un mutuo, che si tratti sì di una patrimoniale, ma che colpisce  chi possiede e chi ha solo un tetto sudato e non ancora suo sulla testa, che il suo  “egualitarismo” favorisce uno spread, sì, ma quello sociale, che penalizza le famiglie mentre risparmia la rendita immobiliare.

Era evidente che su questo fronte si muovesse l’offensiva dei soliti padroni, di tv ma soprattutto di fondi immobiliari, imprese di costruzione, cementifici, banche. Era largamente prevedibile perfino pe ri poco occhiuti italiani.  Se all’inizio degli anni ’70 proprio  Agnelli proponeva di contrastare  la rendita urbana perché provocava l’aumento degli affitti, la diminuzione dei redditi disponibili per i lavoratori e di conseguenza una maggiore conflittualità in fabbrica, una ventina di anni dopo la Fiat e tutti gli altri grandi gruppi industriali davano vita  alla creazione dei fondi immobiliari per utilizzare le rendite come margini per le rispettive ristrutturazioni aziendali e come via di fuga dalla competizione internazionale, sull’onda delle bolle statunitensi quelle che hanno gonfiato smisuratamente, con il debito pubblico e privato, la crisi mondiale.

Ma  da quando la rendita è diventata la forza indisturbata dello sviluppo territoriale e parte integrante della finanziarizzazione dell’economia, o da quando l’unico fantasma che si aggira per l’Europa vivo, vegeto e indisturbato  è quello dell’offensiva dei ricchi contro i poveri, è calato il silenzio  su un fisco accanito contro i molti controllabili in favore di pochi sfuggenti, sul profitto derivante dall’abuso del territorio, sulla speculazione condotta col cemento e con i fondi, sul ruolo ricoperto dagli istituti di credito che non sono più intermediatori finanziari ma vere imprese della rendita. E che soffiano i nostri soldi e le nostre illusioni   per gonfiare la bolla immobiliare e ora che i valori sono scesi tengono in corpo gli asset senza certificarne la perdita, ma facendo pagare questa sofferenza al sistema economico in termini di stretta creditizia, ai danni di imprese e privati.

Avrebbero potuto capirlo perfino gli italiani che respirano una boccata d’ossigeno prima di essere affogati, che il gioco condotto sulla loro pelle è sempre lo stesso, definito felicemente  da Engels, un bel po’ di anni fa, come “blocco edilizio”, quello  nel quale  i giocatori, padroni, investitori, imprenditori di pochi scrupoli, rappresentanti  oculati  o disinvolti delle classi dominanti “indirizzano i loro sforzi ad accrescere il numero dei piccoli proprietari, allo scopo di allevarsi un esercito contro il proletariato” , mosso dal bisogno di riscatto   e invece incatenato al riscatto di una casa che sta già deperendo,  illusione di una sicurezza che non possiedono più, nelle garanzie,   nella giustizia, nella democrazia e nemmeno nella pensione. Così che è meglio mettersi sotto il tetto della carità pelosa, delle elargizioni al posto dei diritti, delle licenza  al posto delle leggi, degli abusi al posto della legalità.

I corrotti ci hanno corrotto e si fregano le mani per averci fregato.


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