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Tassi d’interesse e inflazione: cosa succede se….

Da Mondozio

 

Tassi d’interesse e inflazione: cosa succede se….
Il TUS è il Tasso al quale la Banca Centrale Europea concede i prestiti alle Banche nazionali ed è il tasso base a cui le Banche fanno riferimento per determinare il tasso d’interesse per remunerare i depositi dei clienti e per calcolare il tasso interbancario che si applica ai prestiti fra Banche.

Dall’anno 1999, il TUS è stato rinominato TUR (Tasso Ufficiale di Riferimento), a partire dall’anno 2004 viene determinato dalle BCE e non più dalla Banca d’Italia, per effetto della crescente europeizzazione del sistema.

L’EURIBOR  (EuroInter Bank Offered Rate), tasso interbancario di offerta si calcola ogni giorno sulla media dei tassi delle transazioni finanziarie in €uro delle primarie Banche Europee. E’ diventato un indicatore del costo del denaro a breve termine ed è il tasso base su cui calcolare gli interessi variabili dei mutui ipotecari.

Il mercato finanziario tratta giornalmente le emissioni obbligazionarie ed i Titoli di Stato attraverso prevalentemente listini ufficiali ai quali viene data ampia diffusione.

Le Società ed i Governi emettono continuamente prestiti (raccolgono denaro/€uro che sostituiscono con titoli/carta) e le continue emissioni vengono emesse al tasso di riferimento del momento; ora, con il TUS all’1%, il Governo Italiano tende ad emettere prestiti a tasso fisso dal 2% al 5%,  aventi durata più o meno lunga.

Esaminiamo ora il ciclo temporale di 10 anni dal 2001 al 2011; il TUS è variato andando a ritroso, del 4,5% dal maggio 2001 al 2% del giugno 2003 (discesa di 2,5 basic point) per poi risalire  sino al 4,25% nel luglio 2008 (rialzo di 2,25 basic point) e ridiscendere sino all’1% nel maggio 2009 (discesa di 3,25 basic point). I tagli e l’aumento del tasso di riferimento vengono decisi dalla Banca Centrale Europea per sostenere la crescita economica e renderla  più duratura (rialzi del tasso) e sostenere l’economia nella fase di rallentamento del ciclo (tagli del tasso). Dal 2010 ad oggi abbiamo avuto due cicli economici e due “grandi crisi” 2001/2002 e 2008/2009 ed ora siamo nella fase della ripresa del ciclo che causerà anche un rialzo dei tassi che raggiungeranno il prossimo massimo negli anni a venire.

I mercati finanziari hanno visto due recessioni importanti negli ultimi 10 anni e, dall’avvento dell’€uro, i tassi ufficiali non hanno mai superato il 4,5% di valore massimo.

Tassi d’interesse e inflazione: cosa succede se….
A ben altri rendimenti eravamo abituati con la Lira, nel marzo del 1981 il TUS arrivò al 19%, e dal marzo del 1976 al maggio del 1993 il TUS ha sempre segnato la doppia cifra, quasi 20 anni di forti remunerazioni del risparmio, gli italiani hanno investito traendone elevati proventi, mentre di converso lo Stato Italiano ha accresciuto smisuratamente il proprio debito pubblico.

In quegli anni l’inflazione  - drammaticamente – arrivò sino al 24,15% nel marzo 1974 per poi disegnare un ulteriore parabole ed un successivo picco nel settembre 1980 (21,40%).

Gioie e dolori per i risparmiatori che, se da un lato accumulavano capitali crescenti, con un livello di soddisfazione che li motivava ad investire ulteriori risparmi, che accrescessero il “tesoretto” delle singole famiglie, dando alla coscienza dell’”uomo della strada” una sensazione di ricchezza e tranquillità, dall’altra parte l’escalation del costo di ogni bene “drenava” rapidamente i capitali accumulati ogni volta che il denaro veniva utilizzato per acquistare beni e servizi.

La differenza ora è che i “tassi €uro” negli ultimi 10 anni sono saliti “poco” e non hanno consentito nemmeno quell’“accumulo di capitali” a fronte dell’avvento dell’€uro che ha avuto, almeno in Italia l’effetto di fungere da “moltiplicatore” dei costi dei beni e dei servizi, riducendo pesantemente il tasso di risparmio.

I prezzi degli immobili hanno raggiunto valutazioni “da collezionista”, ma non ho mai capito, da profano del settore immobiliare ma da studioso del fenomeno dal punto di vista sociologico, come una casa costruita 50/100 anni fa possa incrementare in maniera smisurata il proprio valore nel tempo, malgrado la vetustà del bene, arrivando in casi non più da considerarsi estremi e rari ad essere trattata come un bene da “antiquario”. I prezzi di beni e merci sono cresciuti smisuratamente ben oltre il loro reale valore – infatti le stesse auto, telefonini, computer che sono offerti in vendita in Italia nella più parte del mondo vengono venduti a prezzi ben più bassi, idem per i costi energetici, farmaceutici e quant’altro.

E tuttavia, accantonata la digressione, e volendo tornare alle prospettive del costo del denaro, ci aspettavamo aumenti a partire dal prossimo autunno, mentre la BCE ha annunciato a sorpresa che il tasso dell’1% potrebbe iniziare a salire nel prossimo aprile all’1,25% e poi ancora la 1,50% entro luglio prossimo.

Così sono iniziati anche i movimenti sui corsi di tutte le Obbligazioni e Titoli di Stato in circolazione che vedranno le loro quotazioni via via scendere di prezzo ogni qual volta la BCE alzerà il tasso di riferimento.

Si è aperta anche la corsa all’accaparramento delle emissioni di Bond circolanti a tasso variabile ed a tasso fisso con scadenze a breve 2012/13/14.

Poiché gran parte del risparmio degli italiani è impegnato sul reddito fisso, si preannunciano almeno due anni di rialzi dei tassi e conseguente riduzione del valore del capitale investito e ciò sarà fonte di nuova insoddisfazione e perdita di fiducia nei confronti del “sistema mercato finanziario”.

Se poi dovesse “esplodere l’inflazione” come è sempre avvenuto a seguito di “shock petroliferi” – nel dicembre 1974 il tasso di riferimento era il 9% e l’inflazione al 24,5% con una perdita sul potere di acquisto pari al 16,5% – allora il valore del risparmio si assottiglierà ulteriormente.

Le previsioni che si raccolgono dai primari operatori internazionali prevedono un tasso del 3% entro la fine del 2012 – quindi un 2% in più rispetto all’1% attuale – ma io penso che – da come si sta evolvendo l’inflazione – potremmo arrivare a livelli ben più alti. Dal 2009, le Banche Centrali ed i Governi proseguono nella politica volta a remunerare i titoli a breve di almeno un punto percentuale sotto il tasso d’inflazione; che, se si aggiunge la tassazione fiscale si arriverà nei prossimi 10 anni ad una perdita del potere di acquisto calcolabile in circa un 15% sul capitale risparmiato.

Per i possessori di risparmi investiti a breve e/o a basso rischio si preannunciano anni difficili, i bassi rendimenti non saranno sufficienti a coprire la perdita di prezzo che i bonds in circolazione sconteranno quando i tassi saliranno e se i governi non riusciranno a contenere la crescita dell’inflazione, probabilmente, con quello che si può fare oggi con 1000 Euro sarà molto difficile fare le stesse cose nei prossimi anni, anzi, via via, ne serviranno sempre di più e quindi saremo costretti ad un ridimensionamento del nostro tenore di vita.

 

Milano, 28 marzo 2011

 

(Giorgio Rota, laureato in economia e sociologia, master Bocconi; lavora dal 1977 al 1998 presso primarie banche italiane, dal 1998 è libero professionista, consulente specialista in finanza, economia e mercati. Attualmente lavora come “advisor client” presso una primaria banca internazionale.)

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