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L'ULTIMA RECITA DI SALOMÈ da Oscar Wilde
uno spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia con Ferdinando Bruni [Oscar Wilde, Iokanaan, Erode], Enzo Curcurù [Mavor Parker, Giovane siriano, Erodiade] e Alejandro Bruni Ocaña [Salomé]
Produzione Teatridithalia
Anarchica, estremistica, insolente la Salomé di Wilde è poco conosciuta in Italia, forse messa in ombra dalla popolarità della versione operistica di Richard Strauss. L’autore inglese l’aveva composta nel 1891 a Parigi, pensando – pare – a Sarah Bernhardt, al suo orientaleggiante esotismo, alla sua voce recitante.
Ferdinando Bruni e Francesco Frongia ne portano in scena una versione molto personale, intrecciando al tessuto di questo suggestivo atto unico altri brani tratti sia dalle ultime opere dello scrittore (in particolare dalla Ballata del carcere di Reading e De Profundis) che da testimonianze, interviste e dichiarazioni.
Tra gioco e rito questa inquietante "ultima recita di Salomé", interpretata unicamente da uomini, va in scena nel baraccone di un circo o di un luna park di periferia.
Mavor Parker (personaggio di fantasia che richiama due amanti di Wilde che divennero suoi accusatori quando fu processato per sodomia) invita il pubblico ad entrare "nel serraglio" dove potrà ammirare un prodigio (o forse un monstrum): il Poeta, "il Gran Sacerdote della Corrente Estetica Moderna che raccolse tutti i sistemi in una sola frase, tutta la vita in un epigramma".
In uno spettacolo in cui le identità dei personaggi sono destinate a moltiplicarsi, Ferdinando Bruni si cala inizialmente nei panni dello scrittore, raffigurandocelo incatenato in carcere (dove effettivamente fu recluso dal 1895 al 1897); ma al dialogo tra Wilde e Mavor si sovrappongono le battute che nella Salomé si scambiano il profeta Iokanaan, anch'egli prigioniero, e il Giovane siriano incaricato di custodirlo.
E infine prendono corpo e voce Erode, sua moglie Erodiade, la giovane Salomé che tra gli eccessi di lustrini, paillettes e gioielli tornano a essere eroi tragici: uomini dallo sguardo di fanciulla, satrapi decadenti, vecchie vogliose, prigionieri da esibire senza pudore ma capaci di riaffermare la dignità di "un amore che può finalmente dire il suo nome".
E le parole di dolore che segnano le ultime opere dello scrittore si intrecciano con le loro battute per ricordarci che "ognuno uccide ciò che ama".
Fonte: http://www.elfo.org/stagioni/20102011/lultimarecitadisalome.html
Vi abbraccio
Marco Michele Caserta
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