Ho la consapevolezza del tempo che passa quando vengono a mancare persone e cose cui ero abituata e che facevano parte della mia vita. I punti di riferimento scompaiono, spesso accompagnati da un senso di smarrimento. Tanto per fare un esempio, abito nella stessa zona dove sono nata, ( tranne per un breve periodo appena sposata), e di cose ne sono cambiate, ma quello che più stupisce è che quasi nessun mutamento sia avvenuto nei primi 40 anni, ma nei successivi 10 tutto è stato stravolto.
Da bambina, la mia zona era periferica, attraversavo la strada ed era tutta una distesa di vigneti e da ul lato la via era fiancheggiata da botteghe, spesso a gestione familiare: ora solo condomìni, con tanto verde, certo, ma dalla finestra non vedo più il Penegal ed il passo della Mendola…
Il panettiere ed il verduraio dove ho fatto acquisti per anni non ci sono più, sostituiti da ben 2 compravendite d’oro, il macellaio ha dato spazio ad un negozio che vende articoli per il ballo (tutù e scarpette) nemmeno qui ci fosse chissà quale teatro, la parrucchiera dove si serviva la mia mamma è stata rilevata da cinesi, il piccolo emporio dove si trovava un po’ di tutto si è tramutato in una focacceria e l’osteria ( la prima a cambiare) è diventata un bar con qualche pretesa di eleganza.
E le persone scomparse…
Non parlo delle amicizie, qualcuna si vede ancora, (recentemente tra noi “ragazze” ci siamo trovate per una serata), ma di quelle che hanno accompagnato l’infanzia e l’adolescenza in vari modi.
Parlo delle recenti scomparse di Enzo Jannacci e Franco Califano: un pezzo di esistenza che se ne va, una vita accompagnata dalle loro canzoni che hanno marcato in vari modi alcuni momenti…
due personaggi diversissimi, e grandi a modo loro in uguale misura, l’uno vero rappresentante di Milano, l’altro di Roma. Le canzoni del primo, dedicate spesso ad emarginati, diseredati, semplici lavoratoricome il barbone di “El purtava i scarp del tennis”con le scarpe da tennis o illadruncolo di “Faceva il palo” della banda dell’ortica, o “Vincenzina e la fabbrica” e “Giovanni telegrafista” o la trasgressiva “Ho visto un re”, a suo tempo censurata dalla RAI, sempre con un filo di ironia, con quella voce che certamente non era bella, anzi, piuttosto sgraziata.
Califano invece autore ed interprete spesso di testi romantici, tra i quali ne amo particolarmente due, cantati anche da Mia Martini, “Minuetto” e “La nevicata del ’56”, oltre a “E la chiamano estate”…
E il tempo se ne va, accompagnato dalle note di due grandi interpreti…