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Teresa a Cortina

Da Bibolotty
Teresa a Cortina
Terry sta per tornare.
È arrivata tra le alpi da due settimane con un paio di valigie ciccione piene zeppe di abiti per ogni occasione, un mucchio di sogni tirati via dal cassettone i maglioni di cachemire di suo padre e una ventina di foulard come sempre retrò. Solo gli anfibi londinesi sono rimasti a Roma sostituiti con dolore da un paio di vecchi scarponi eredità di sua madre sedicenne e dei suoi interminabili soggiorni montani.
Chi avrebbe potuto incontrare lassù?
E perché rinunciare al mare dove le passioni si arrovellano al sole, e leccare un gelato sulla sdraio fa più sexy che mangiare polenta e aciduli crauti?
Le ipotesi fatte sono state migliaia. Annoiata mi chiamava dal centro del paese, un Corso Italia che diventa Via Roma pieno zeppo di borse firmate, di ragazzette magre da far paura che sembrano uscite da una rivista di moda, di madri liftate e tirate che sembrano Patty Pravo e la Vanoni, infilate in calzoncini corti che rivelano ciò che il viso tenta di nascondere: la pelle sessantenne che senza rimedio cade, attratta dalla gravità terrestre, naturale e impietosa.
Mi chiamava in equilibrio su tacchi inadatti, guardando uomini anche loro ritoccati con quel non so che di “sgarbiano” -ma cafone- che Terry immaginava alla guida di panfili pacchiani, il sigaro spento tra le labbra, il sorriso rifatto e il portafogli gonfio di carte di credito in attivo.
Non ne ha mancato uno degli incontri culturali, la paffuta Teresa, in abitino ampezzano tra i più colorati, il rosso dei ricci occultato sotto larghi cappelli di paglia che impedivano la visuale del palco a chiunque si fosse seduto nei pressi.
Felice, pascolava invece tra le rocce montane, tra paesaggi lunari e mozzafiato, come una capretta in cerca di erba croccante e di aria pura, le guance perennemente arrossate dal sole e dalla salita e una solitudine ampia nel cuore.
Povera Terry, amica mia, ti ostini a cercare l’amore dove risiede apparenza, dove si va per vedere gente e fare cose da raccontare al ritorno nella cittadina provinciale, dove ancora la gente ti invidia il romanzo con dedica di quello e di quell’altro e la foto con il divo della televisione, che sullo sfondo, ignaro di essere inquadrato distrattamente s’infila un dito nel naso.
Al lago di Misurina ha rischiato anche di essere picchiata, rincorsa da un paio di nostalgici fascisti cui aveva intonato "l'Internazionale" con il pugno sinistro alzato.
Lì, solo uno scoiattolo le si era avvicinato, l'unico a non avere paura della sua passione ardente, il solo a non scappare a gambe levate dal suo sarcasmo dirompente.
Son solo uomini Teresa, le ha sussurrato sul lago d’Ajala una leggera farfalla arancione, sono solo temporali passeggeri, le ha detto una nuvola paffuta come panna andando incontro alla sua amica. Guardati intorno e godi di questa bellezza, le ha detto una marmotta per niente impaurita, piciu… piciu… sii felice, le hanno cantato un quartetto di uccellini tra i boschi mentre il sole le infuocava i ricci.
Sul pullman, in gita tra paesaggi che non potrà dimenticare, le chiacchiere di due zitelle venete che circolando in quel dialetto così musicale, hanno sentenziato di quanto tutto si sia ritirato, persino “il batista” un tempo, quello andato, così attivo e più animale, meno corrotto dal lavoro cerebrale. E chissà dove sono andati a nascondersi gli Arlecchini allegri dai lunghi bastoni, in quale grotta i pastorelli vestiti di pelli, i montanari di poche parole che rischiano la vita per cogliere in vetta il più bel fiore.
Teresa torna in città con dentro gli occhi montagne di natura, e fra le mani un bel sasso a forma di cuore.
Che ti porti fortuna piccola amica, conservalo con cura e non pensare alla salita, per te vorrei una vita solo in discesa e forse arriverà quando capirai che la tua passione non è che una difesa, un muro alto e invalicabile che elimina dal tuo sguardo tutto ciò che non è puro amore.

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