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Teresa e la massa

Da Bibolotty
Stamattina è così presa dal mettere in ordine la spesa, dolci, farine e cereali, frutta secca e frutta disidratata, che nemmeno si accorge che sono entrata.
Canta sempre quando sta da sola e oggi ha deciso di distruggerne una cantata dalla grande Mina.
-Ma quanta roba ha comprato?
Ma dimmi Terry c’è stato un terremoto?
Perché hai saccheggiato il supermercato?-
-Scusami ma tu dove vivi nel mondo delle fate?
Non le hai viste le masse affamate?
Ma non li hai visti ieri i barbari presi per la gola, le masse che parevano Zombie di romeriana memoria?
Molti hanno dormito in strada altri si sono fatti fuori l’intera mattinata.
Tutta Roma a far la fila in auto per la grande promozione, per delle ore alla ricerca di un biglietto, gli occhi sgranati per non far passare avanti il solito furbetto, dalla sera prima uno sull’altro in piedi a far la fila.
Teresa e la massa
Allora mi son detta: se questo della massa è il modo di fare, è meglio che faccia una scorta alimentare, non si sa mai quello che può accadere in caso ci sia un disastro naturale.
E certo che se questa è la voracità consumistica della popolazione, credo proprio che stiamo correndo verso la distruzione, le nostre discariche sono già piene e nessuno si rende conto di quanto sia la tecnologia a insozzare.
Il direttore marketing di quel supermercato è un genio patentato: aspetta il giorno di stipendio, il ventisette del mese, per diffondere la voce di svendite clamorose.
Immagino che in tanti avessero bisogno di un nuovo cellulare, in tanti di un terzo televisore, magari da mettere nel bagno perché può essere vitale guardare un tiggì nel momento del bisogno.
Più osservo questa nazione meno capisco chi è che muore di fame.
E se in tanti stavano lì a far la fila, vorrei anche sapere chi è che in questo paese lavora, chi è che langue dicendo che non ha soldi ma non esita un attimo a tirar fuori il portafogli.
Teresa e la massa
Mi ha fatto impressione tutta quella confusione, hanno trovato anche una vetrina da sfondare pur di trovare qualcosa da accaparrare: non era nemmeno più importante capire cosa, fondamentale era portare via qualcosa, non tornare a casa a mani vuote, non rendere vano l’assurdo sacrificio di aver preso una giornata di ferie dall’ufficio.
Penso che certa roba serva sempre e solo a placare la frustrazione di essere un numero di previdenza sociale, la vocale e la consonante di un codice fiscale.
Ormai non siamo più pensiero, etica e ideale ma ci sentiamo vivi solo ad avere qualcosa da toccare, qualcosa da avere tra le mani e che sia reale.
Il pensiero ormai è fuori moda, l’anima una parola lisa, per non parlare dello spirito che non s’immagina nemmeno più cosa sia, così presi come siamo nel desiderio di ritrovarci tra la folla tutta uguale, così lontani da un pensiero originale, omologati da un unico ideale e un solo fine: quello di non pensare.

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