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Due paroline su Renzi e, di conseguenza, sulla Fiat.
Renzi mi sta simpatico come le schegge sotto le unghie, per usare un simpatico modo di dire mantovano.
Renzi, quando vedo il suo facciotto pasciuto in tv, mi fa venire voglia di prenderlo a sberle. Oh, Renzi, se leggerai, mi scuso. Non so cosa farci... sarà l'arroganza, sarà quella sicurezza così paradossamente dalemiana di avere sempre ragione, sarà quell'aria alla Bel-Ami di chi non sta mica a perder tempo in un partito per fare della gavetta, di chi solo per caso si trova nel centrosinistra ma a parità di risorse avrebbe benissimo potuto trovarsi per le sliding doors della vita nel centrodestra...
No, Renzi, non mi scandalizzi più di tanto quando dici che stai dalla parte di Marchionne. Come te la pensano tanti altri, e almeno hai il pregio di aver espresso la tua preferenza in modo chiaro e limpido, il che non si può dire di molti tuoi compagni di partito.
Anche perché io non sto con la Fiom, in questo caso. E' semplicemente pietoso che un sindacato importante prima accetti di partecipare a un referendum e poi, quando lo perde, chieda di riaprire le trattative dopo che lui stesso (il sindacato) ha tirato la corda fino alla rottura completa non solo con la controparte ma anche con gli altri sindacati.
Lasciamo perdere che non sia giusto che gli impiegati decidano su condizioni peggiorative non per loro ma per gli operai: è vero, ma se si pensava questo, bisognava denunciare l'illegittimità del referendum prima, non a posteriori.
Oramai la frittata è fatta, e possiamo trarre ciascuno le sue conclusioni.
Di seguito le mie, che valgono poco o niente non essendo io né operaia né sindacalista né imprenditrice, ma è quello che penso.
Secondo me la sciagura inaccettabile, non per i dipendenti Fiat ma per il Paese intero, inizia con il contratto separato per Pomigliano.
Prosegue con l'altrettanto sciagurata accettazione da parte di Confindustria dell'uscita di Fiat dalla stessa confederazione industriali.
Termina, coerentemente, con il contratto separato per Mirafiori.
Sciagura perché d'ora in poi qualunque imprenditore si sentirà legittimato (e come dargli torto) ad agire come Fiat. Il precedente si è creato, e anche la giurisprudenza dovrà tenerne conto.
Sciagura perché questi errori ricadranno, a cascata, su tutti i lavoratori italiani attuali (che già sentono un peggioramento rispetto alla generazione dei baby boomers) e ancor più su quelli futuri, che avranno il gratta-e-vinci come unica speranza nel futuro.
Il governo, di tutti questi passaggi, se n'è talmente lavato le mani che in confronto Ponzio Pilato era uno zozzone.
Ma vorrei fare un passo avanti nel mio ragionamento, pur rendendomi benissimo conto che ci faccio la figura dell'irresponsabile e della menefreghista. Non sto dicendo chi se ne importa delle famiglie operaie, mi rendo conto benissimo che per gli errori altrui pagheranno loro, come al solito.
Ma secondo me non è serio non tenere conto del contesto internazionale e delle previsioni dei sociologi del lavoro. Ormai è noto che in Occidente viviamo in una società post-industriale.
Una società cioè, e ce lo ripetono fin dagli anni '80, che deve cominciare a creare posti di lavoro nei servizi, perché quelli in agricoltura ormai occupano si e nò il 3%, e quelli di tipo tradizionale nell'industria sono destinati a scendere, a favore di crescenti quote di mercato nei Paesi emergenti dove il costo del lavoro, pur non essendo fisso, è incomparabilmente inferiore al nostro.
Fiat negli ultimi anni ha aperto stabilimenti ovunque, dal Brasile alla Turchia alla Polonia: vogliamo forse fargliene una colpa? Io le ho lette le interviste agli operai polacchi, la cui produttività è molto più alta di quella degli italiani; e ho letto dello stabilimento serbo chiuso per lasciare aperto Pomigliano.
E penso che Marchionne debba fare gli interessi della sua azienda, se vuole che l'azienda sopravviva. Per cui se un giorno non lontano decidesse che tutti gli stabilimenti italiani costano più di quello che fanno guadagnare, non mi scandalizzerei.
Ripeterei quello che già dico qui: che bisogna creare posti di lavoro nei settori in cui l'Italia può ancora essere competitiva, cioè i servizi, tra cui la moda, il turismo, la cultura.
No, non ridete. Lo so che la nostra moda è in crisi, ma da questo a buttarla via!
Per non parlare di turismo e cultura. Negli enti pubblici, soprattutto con la finanziaria 2011, la tendenza in tempo di crisi è sempre la stessa: i primi a essere tagliati sono proprio questi due settori.
Il che denuncia l'incredibile ignoranza dei nostri amministratori. Pompei, la Domus Aurea, i canali di Venezia, il Palazzo dei Diamanti, non sono una zavorra. Sono oggetti culturali che, se ben preservati, promossi e valorizzati, diventano prodotto turistico.
Sono un moltiplicatore keynesiano del Pil. Lasciarli andare in sfacelo significa commettere un crimine non contro la cultura, ma contro il bilancio dello Stato. Valorizzarli, significa aumentare il posizionamento dell'Italia nella competizione internazionale tra località turistiche (ricordo che la Spagna e la Francia sono ai primi posti della classifica, non perché abbiano più risorse turistiche di noi, ma perché le sanno gestire meglio) e aumentare il Pil.
Altro che Mirafiori.
PS: la citazione nel titolo è ovviamente dei Gorillaz.