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C'era una volta una regista di belle speranze che rispondeva al nome di Mary Harron. Si fece conoscere con Ho sparato ad Andy Warhol ( un film semi indipendente di cui ricordo Lily Taylor e poco altro nel delirio suo e di chi il film lo ha visto), illuse qualcuno di aver trovato una new sensation registica con American Psycho ( controverso il romanzo e ancor di più il film che banalizzava come pochi la pagina scritta ) e poi fece tanta televisione.
Ora c'è una regista che tenta disperatamente di riemergere dall'oblio e ci prova con qualcosa che vorrebbe far presa sull'universo teen : un film di vampiri senza troppi spargimenti di sangue, senza canini appuntiti a vista, senza pipistrelli ( sostituiti dalle falene del titolo), senza paletti di frassino , aglio o croci.
Insomma vampiri che non sono accompagnati da tutta la classica iconografia del genere, un po' come quelli sdentati di Twilight.
C'è solo un gruppo di ragazze alle prese con una fase difficile della loro crescita con un background doloroso ( vedi il suicidio del padre di Rebecca) e con un futuro nebuloso il giusto.
Più che un film di vampiri ( o meglio di vampiresse) è un racconto che cerca di richiamarsi alla tradizione del romanzo gotico con i suoi continui richiami a Carmilla di Sheridan Le Fanu.
Dei richiami talmente allo scoperto ( perchè probabilmente la Harron e la sua cosceneggiatrice Rachel Klein, anche autrice del romanzo da cui è tratto il film, sanno benissimo che Carmilla non è così conosciuto dal presunto target del film,quello tardo adolescenziale) da essere pretestuosi e ingenui allo stesso tempo:
pretestuosi come l'accenno di infatuazione di Rebecca che appoggia i suoi occhietti da cerbiatta sul bel professore di storia ( un improbabile Scott Speedman , uno che riesce a spiegare in tre parole scritte sulla lavagna tutta la letteratura vampiresca) e ingenui come lo svolgersi di un copione che non riserva alcuna sorpresa dimostrandosi indeciso tra l'horror puro e crudo e le suggestioni di atmosfera della più classica delle ghost stories.
Quello che salva The Moth diaries dal naufragio totale è un certo gusto nella regia della Harron che si muove bene in una location suggestiva in cui è ambientato il film e riesce a regalare alcune sequenze di forte impatto ( come la doccia di sangue di Ernessa, derivativa quanto si vuole ma decisamente d'effetto).
Il problema di The Moth diaries è la sua mancanza di spessore, la sua irrimediabile banalità nell'impantanarsi in tematiche da teen movie ( il classico coming of age tanto caro al cinema d'oltreoceano) attorno alle quali c'è una cornice da romanzo gotico.
A conti fatti una cornice che vale più del quadro in essa contenuta.
Però lo sguardo di Sarah Bolger nella parte di Rebecca è di quelli che buca lo schermo....
( VOTO : 5 / 10 )
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