I britannici The Prophecy, artefici di sonorità doom-death metal melodico e progressive ispirate a band come My Dying Bride, Anathema e Opeth, tornano dopo quattro anni con un nuovo album, il quarto, in uscita il 4 febbraio 2013 per la label code666. Salvation comprende cinque lunghe tracce in cui la band devia dallo stile opprimente del predecessore Into The Light, segnato dall’impiego massiccio di riff cupi e dal ruolo importante del cantato in growl.
Salvation è un album lirico, nel quale i Prophecy riprendono e amplificano gli spunti introspettivi già declinati in passato e li rendono protagonisti. Il disco, infatti, è caratterizzato da una delicatezza sorprendente e da atmosfere intime e sottilmente malinconiche, ma non deprimenti. Complici sono la performance sempre notevole del cantante camaleontico Matt Lawson, l’abilità tecnica dei musicisti che lo accompagnano e la qualità della produzione e del mastering, rispettivamente ad opera di Greg Chandler (Esoteric) e James Plotkin (Khanate e altro). Una combinazione di fattori capace di rendere preziose delle melodie apparentemente semplici grazie alla qualità vibrante dei suoni cristallini, eterei – al pari del rumore dell’acqua (o è vento?) che apre l’album insieme al lamento del violino – o cupi come nelle limitate occasioni in cui l’imprinting death metal torna come un fantasma con riff sordi e soprattutto con il growl cavernoso, impressionante, di Matt. Il growl a volte, per le magie del mixing, si sovrappone al cantato pulito in cori brevi ma di grande impatto. I due elementi che dominano le tracce di Salvation, però, sono la costruzione melodica che tende a svilupparsi in piano, attraverso sonorità relativamente poco “metalliche”, e il canto pulito e malinconico di Matt. Più Anathema che Damnation degli Opeth, soprattutto per la lentezza. Quando ho ascoltato l’album la prima volta questa lentezza iniziale mi aveva inquietato perché non mi ero ancora rilassata. Poi ho “spento la luce”. Le melodie portanti nei brani sono semplici, ma, quando è il momento, vengono impreziosite dai ricami prog, ravvivate da accelerazioni contenute oppure colorate dalle tinte fosche dei riff doom-death pesanti e distorti a opera del chitarrista Greg O’Shea, sostenuto dal bassista Gavin Parkinson. Nelle parti più pesanti ma anche e soprattutto nella quiete relativa dei brani non possono non spiccare le partiture molto interessanti del batterista John Bennett, che talora hanno un’apparente discrepanza di tempo rispetto all’incedere solenne della melodia di fondo e così fungono da uncino che cattura l’attenzione della mente vagante dell’ascoltatore.
Prendentevi un’ora e lasciatevi invadere la mente dalle luci soffuse e dalle ombre di Salvation.
Tracklist
01. Salvation
02. Released
03. Reflections
04. In Silence
05. Redemption
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