Seconda recensione ripescata dal vecchio blog, e secondo volume di questa saga in cui zombie, sangue, decomposizione e drammi familiari si mescolano, dando vita a qualcosa di unico. A proposito, come al solito vi avverto che nella recensione sono presenti parecchi spoiler. Se avete intenzione di leggere questo fumetto e ancora non conoscete i punti salienti della storia, vi consiglio di non proseguire oltre.
Continua il mio viaggio in compagnia di Rick e soci, lungo la loro corsa sfrenata per la sopravvivenza.
Il secondo volume di quest’opera, dal titolo Il lungo cammino, riprende esattamente da dove avevamo lasciato i nostri amici. Shane è morto, ucciso da Carl, il figlio di Rick, e ora i sopravvissuti piangono sulla sua tomba. Il volume, però, si apre con un flashback, mostrandoci la scena in cui Shane arriva ad Atlanta insieme a Carl e Lori. Il dolore di aver lasciato Rick, in coma, all’ospedale è ancora vivido, pulsante, e Lori, affranta, si lascia cadere nelle braccia di uno Shane che scopriamo covare da tempo sentimenti per la donna.
Come al solito voglio precisare che la serie non l’ho vista, e forse non la vedrò nemmeno.
Perché, vi chiederete. Presto detto: il fumetto mi sta appassionando, molto più di quanto farebbero gli episodi, molto criticati per giunta, della serie. Che ci volete fare, preferisco partecipare alle storie, leggerle e immergermi fino a somatizzare i loro stessi sentimenti, cosa che un serial, scusatemi tanto, non credo sia in grado di fare.
Comunque, dopo l’intermezzo funebre, il gruppo decide di seguire il consiglio di Rick e si mette in marcia. Atlanta è troppo pericolosa, quindi fra continue soste per sgombrare le strade, e alcuni episodi in cui i morti viventi si fanno vedere, finalmente sembrano arrivare in un luogo all’apparenza sicuro. Durante il tragitto, una notte, incontrano Tyreese, afroamericano enorme e capace di portare al gruppo una protezione aggiuntiva. Con lui viaggiano la figlia Julie e Chriss, fidanzato della giovane malvisto dal padre di lei.
Il porto salvo si chiama Wiltshire Estates, una sorta di villaggio abitativo all’apparenza sgombro e libero dagli zombie.
Ma si sa, le belle cose durano poco.
Attaccati da un orda di famelici cadaveri ambulanti, fuggono, ritrovandosi presto senza cibo e costretti ad una battuta di caccia improvvisata. Proprio durante una di queste escursioni, Carl viene colpito da un proiettile, sparato da un ragazzo che lo aveva scambiato per un animale.
Otis, questo il nome dello sfortunato, dopo aver rischiato la pelle per mano di un Rick infuriato, aiuta il gruppo portandoli ad una fattoria dove vive Hershel, medico veterinario che è riuscito a creare una sorta di zona sicura attorno alla sua proprietà.
Carl si rimette, in tempo però per scappare di nuovo.
Sì’, perché Hershel ha un segreto. Non accetta di uccidere gli zombie, considerandoli solo persone malate che necessitano di una cura, e li rinchiude nel granaio. Come al solito, questi riescono a liberarsi e dopo aver portato scompiglio nella fattoria, vengono resi inoffensivi nella maniera consona alla situazione: un colpo in testa e via.
Qui il gruppo capisce che quello non è un luogo dove poter ricominciare e si rimette in viaggio.
Solo nelle ultime pagine li vediamo scoprire quella che sembra una base militare, con Rick che fissando quella struttura esclama: “è perfetto, siamo a casa!”
Le cose sembrano farsi interessanti in questo secondo volume. Kirkman mantiene le promesse fatte e aumenta la posta rendendo la vita dei sopravvissuti una vera guerra.
I sentimenti, colonna portante dell’intera opera, qui vengono rimarcati, anche grazie alla rivelazione della gravidanza di Lori. Dubbi, domande, perdite e sofferenza la fanno da padrone, il tutto condito con gli onnipresenti zombie che, a dispetto di tanti film, non sono un di più utile solo a creare quella vena splatter, ma esistono per permettere alla storia di evolversi.
Come aveva dichiarato nel primo numero, questa non è una storia di zombie, è la storia di un gruppo di persone che vivono in un mondo di zombie.
Una bella differenza.
Stavolta ai disegni abbiamo Charlie Adlard e Cliff Rathburn, che si destreggiano egregiamente in tavole dai toni cupi e volti molto più espressivi di quelli visti nel primo numero.
Insomma, i numeri ci sono, e con questo volume sono stati confermati. Quello che mi preoccupa di più è che con il tempo la storia possa stereotiparsi, diventare monotona o monotematica. Ma questi sono problemi che mi porrò quando succederà.
Per il momento, per quanto mi riguarda, il lavoro di Kirkman e soci è promosso, a pieni voti.
Consigliarvi di leggerlo è scontato, dovreste averlo già capito, come è scontato dichiarare che questa è la zombie-opera meglio riuscita degli ultimi anni.
Fidatevi!