Magazine Cultura
CAPITOLO 15
Me ne stavo in piedi davanti al tavolo a studiare gli oggetti sul vassoio, incapace di decidermi a toccarli. C’era un calice d’argento provvisto di coperchio e decorato con bassorilievi, che raffiguravano piante rampicanti, ormai anneriti dal tempo. Il processo di ossidazione li aveva resi così scuri che nemmeno un’attenta pulizia avrebbe potuto riportarli alla luce. La decorazione ricordava molto quella di pizzo nero del mio abito e la cosa mi rese ancora più sicura di aver scelto il motivo più adatto per l’occasione. Quando avevo disegnato il mio abito, ero entrata in comunicazione con mia madre, e con la madre di mia madre, e con tutte le Dragomir che avevano scelto questo simbolo prima di me nell’arco di centinaia di anni. Le mie antenate avevano sicuramente utilizzato anche il coltello che c’era accanto al calice. E la tazza che conteneva le erbee le strisce di cotone bianco riposte ordinatamente sotto la lama…
La mamma mi posò le mani sulle spalle ancora una volta. Non mi ero nemmeno accorta che lei e Mindy mi avessero raggiunto.
Mi voltai piano verso di lei. «Mamma…?» sussurrai senza sapere cosa volessi chiederle. Allora la mamma mi rassicurò con un sorriso e dalla sua serenità trassi un po’ di coraggio. «Andrà tutto bene» mi promise, poi mi fece girare e mi strinse forte a sé. «Vado a raggiungere gli ospiti ora» disse poi scostandosi un po’ ma tenendo sempre le mie mani fra le sue, come a voler mantenere fino all’ultimo istante un contatto con me.
«Mamma!» protestai aggrappandomi alle sue dita. «Non puoi andartene ora!»
Volevo che rimanesse ad aiutarmi…
Ma lei scuotendo la testa disse. «No, Antanasia. Ora devo andarmene».
Conoscevo mia madre abbastanza bene da capire che aveva deliberatamente scelto quel preciso frangente per andarsene e che altrettanto di proposito mi aveva chiamato col mio nuovo nome. In questo modo voleva ricordarmi che ero una persona adulta ormai. Stavo per sposarmi e avrei dovuto superare tante difficoltà in futuro, e senza il suo aiuto. Era giunto per me il momento di affrontare tutto questo da sola…
«So che è difficile, ma cerca di stare tranquilla» aggiunse la mamma. «Assapora ogni singolo istante di questa serata. Non avere paura – qui si tratta solo di te, di Lucius e della vostra reciproca promessa. Nient’altro conta».
Feci un respiro profondo e risposi: «Lo so».
«Ti voglio bene» disse lei abbracciandomi ancora una volta.
«Anch’io ti voglio bene» sussurrai.
Poi se ne andò lasciando me e Mindy senza dire altro, perché tutte le cose importanti ce le eravamo già dette la notte precedente.
Mindy andò a chiudere la porta poi si voltò verso di me con gli occhi spalancati, visibilmente scossa, come se rimpiangesse già la serenità che Dara Packwood era stata capace di infonderci fino a qualche istante prima. «Mmm… cosa devo fare, Jessica?» mi chiese, lanciando un’occhiata al vassoio. «Devo… aiutarti?»
«No. Rimani qui e basta, in caso qualcosa dovesse andare storto» le dissi. A quelle parole la mia testimone impallidì, ma annuendo disse: «Ok».
Dopo di che sembrò intuire che avevo bisogno di un po’ d’intimità, e indietreggiò di qualche passo. Io mi sedetti al tavolo e, senza concedermi ulteriori esitazioni, allungai il braccio sinistro sul vassoio e con la mano destra presi il coltello.
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