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This is england, di Shane Meadows

Creato il 07 ottobre 2011 da Dallenebbiemantovane

Chissà quali arcani della distribuzione fanno sì che questo gioiellino, britannico in ogni senso, arrivi da noi con ben sei anni di ritardo.
This is England (UK 2006), come un'efficace piccola macchina del tempo e dello spazio, ci riporta agli anni della Thatcher, delle Falkland, dei primi rudimentali videogames, delle ragazze col ciuffo e il fiocco in testa. E degli skinheads, perché tra le varie subculture giovanili inglesi, mentre noi avevamo i paninari, là una serie di concause sociali, non esclusa la tifoseria calcistica, produssero gli skin.
La storia, che evidentemente attinge all'autobiografia del regista, è quella di un dodicenne privo di punti di riferimento, cui la guerra delle Falkland ha portato via il padre. Ed è proprio questa guerra insensata, che non si può non vedere come un'arma di distrazione di massa da parte della Lady di Ferro, che cementerà la sua amicizia con adulti violenti, razzisti, pericolosamente vicini al National Front.
Quando vedi la scena dell'indottrinamento da parte del politico nei confronti degli skin, ti sembra che ci siano dei disturbi audio; ti aspetti da un momento all'altro che si mette a parlare bergamasco, a tirare fuori ampolline di fiume e a mostrare il medio a eventuali giornalisti, tanto ti sembra di averle già sentite, quelle frasi, quei riferimenti, quell'accozzaglia di concetti tanto illogici e tanto facili da sposare.
Ma più avanti; quella che poi diventerà una sporca faccenda di sangue e di violenza, inizia come una pochade adolescenziale, con il gruppuscolo di ragazzotti e ragazzotte uniti solo dall'abbigliamento alternativo, dalle canne, dal reggae, dalla birra e dall'essere più o meno tutti degli sfigati. In questa grande famiglia che accoglie Shaun a braccia aperte, che lo protegge dai soprusi dei compagni di classe, che gli dà un'identità e un senso di appartenenza, inizialmente non vediamo nulla di pericoloso, ci chiediamo anzi: tutto qui?
Ma ben presto arriva il "cattivo" della situazione, forse un po' stereotipato e prevedibile nell'iter delle sue azioni: e assistiamo al crearsi di un legame padre-figlio del quale non si sa se sia più bisognoso l'adulto solo e appena uscito di galera, o il bambino assetato di un senso per il suo lutto. Il percorso sarà quello che si può facilmente prevedere: bisogno di appartenenza-idealizzazione-presa di coscienza-disincanto-maturità, ma viene gestito con equilibrio e una certa grazia.
Il piccolo Thomas Turgoose (Shaun), dalla facciotta disorientata e dalle rotondità ancora infantili anche quando si rapa e comincia a vestirsi con la divisa dello skin - la camicia giusta, i jeans giusti, gli anfibi, il cappotto... - tiene testa benissimo agli adulti, primo fra tutti il vilain Stephen Graham (Combo), trovando il tempo di fidanzarsi con una diciottenne alta il doppio di lui e truccata come una via di mezzo tra la Madonna di Like a virgin e una geisha, che lo inizierà al mistero dei primi baci.
Direi infine che il film possiede ritmo, una buona colonna sonora (inclusa una cover degli Smiths che il Pampu non ha particolarmente apprezzato); forse è eccessiva la preponderanza del dialogo sull'azione nella seconda parte, più drammatica e scontata, mentre la più apprezzabile è in fondo la prima, con scene di gruppo alla Trainspotting e pettinature così brutte, ma così brutte, da farci capire che noialtri, l'Inghilterra, non arriveremo mai a capirla completamente.


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