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Tipi da Videoteca (N°6): Il Bestione Pelato, la paura di morire e un film finito banalmente

Creato il 21 marzo 2015 da Giuseppe Armellini
Tipi da Videoteca (N°6): Il Bestione Pelato, la paura di morire e un film finito banalmenteChi cercasse le 17 precedenti puntate le trova qui, da leggere ASSOLUTAMENTE dal basso all'alto

Probabilmente se n'era appena uscito L'Ameba col Cane.
Oppure Step Up Boy.
In realtà queste supposizioni non sono frutto di ricordi o reminiscenze, ma semplicemente statistica.
Per un anno buono infatti quelle due strane entità (detto con umano affetto, veramente) venivano praticamente tutti i giorni, o entrambe, o l'una, o l'altra. In realtà quello era anche il periodo del Bodyguard Madeche, anzi, probabilmente era soprattutto il suo di periodo, lui, l'unico cliente che riusciva a stare letteralmente tutto il pomeriggio con me, dalle 16 alle 20 (oh, questo ogni tanto ha pagato pure, incredibile).
Fatto sta che uno de sti 3 personaggi se n'era appena uscito, erano quasi le 8 di sera, ero solo e stavo per chiudere.
Entra il Bestione Pelato.
E la sua sarebbe una storia da raccontare.
Alto almeno 1 metro e 85, grosso, molto grosso, vicino ai 100 kg, pelato, un viso segnato da una vita non proprio facilissima.
Una vita vissuta quasi per strada, contrassegnata da tanti tanti tanti errori, sia personali, potete immaginare quali, sia "nella società" con furti, mezze rapine e qualche scazzottata di troppo. Ma quando nasci quasi solo, scansato da tutti, anche fisicamente un pò "diverso", non è facile uscire dalla melma. E lui non c'era uscito.
C'era gente che mi diceva "ma tu fai entrare QUELLO? ma lo sai che ha fatto?" e altra gente che se c'era lui non entrava.
Lo conoscevo bene, ma non bene come lo conoscerò poi quel giorno e i successivi.
Entra ed è completamente stravolto, una bottiglia di birra in mano, gli occhi rossi, l'andatura barcollante (per poco non cade all'ingresso).
Ammetto, non son tranquillo.
Anzi, rimpiango pure che chiunque fosse appena uscito (Ameba, Step Up o Bodyguard) non fosse ancora lì. E vi assicuro che rimpiangere la presenza di questi 3 non è tanto scontato.
Si siede a fatica.
Cominciamo a parlare, lui blatera, dice frasi sconnesse, e poi, come sempre, finisce a parlare di vagina.
Quello che è successo in quei 3 minuti è confuso anche per me. Non ricordo esattamente quello che ho detto, se ho sbagliato qualcosa, se l'ho innervosito. Probabilmente gli ho detto d'amico che se lui aveva quell'approccio un pò troppo animale con le donne una donna non la trovava mai.
Poi ricordo solo gli occhi rossi, un'attesa in cui non disse niente e poi la mano che va subito alle forbici, e poi lui che viene dall'altra parte della scrivania e poi le forbici vicino al mio collo, e poi lui che mi dice "alzati e chiudi" e poi io che mi alzo e chiudo, e poi io fuori, e penso che se comincio a correre gli dò 1 km in 20 secondi ma invece ho paura e sto fermo e lui che mi dice andiamo alla macchina, e io che entro dal mio lato e lui dal suo e ancora una volta ho l'opportunità di scappare ma ho paura e poi che io che parto, "dove andiamo?", "vai giù là", "o.k, tu dimmi dove devo andare e ci andiamo, sta tranquillo", e lui che sta quasi inerme sulla macchina ma con ancora la forbici in mano, forbici che si alzano e si abbassano al tempo delle sue palpebre, e io che guido con la paura che ogni tanto si tramuta addirittura in certezza di morire, e non lo so se sarà perchè sbaglierò qualcosa e lui mi infilzerà, oppure perchè mi infilzerà solo perchè non sta capendo niente ed è ubriaco e drogato, oppure perchè io per evitare un suo attacco perderò il controllo della macchina, "vai lì, sempre dritto" e io vado lì, sempre dritto, non sono passati nemmeno 5 minuti e forse è in quel momento che mi viene in mente che già una volta ho avuto paura di morire, al mare, ero piccolo, forse 10 anni, il mare si fa grosso, io sono lontano dalla riva, solo, vedo la gente tranquilla sulla spiaggia che ride e non sa che un bambino sta per morire, vedo mio fratello 10 metri più in là che sta tornando precipitosamente sulla spiaggia, e inizio a urlare "Ie..." ma la seconda parte del nome, "...io", non c'è mai, che le onde sono ravvicinatissime e non c'è nemmeno tempo per completare due sillabe (Ieio è il diminutivo, derivante dalla difficoltà di pronunciarlo da piccolo, di Marco Aurelio, il mio fratello più grande), e mi ricordo come fosse ora che decido di morire, che nemmeno urlo più tanto non mi sente nessuno e queste onde che mi annegano ogni 3 secondi mi hanno stufato, e poi sono a riva, mio fratello di solo 1 anno più grande di me mi ci ha riportato, e quasi quasi decido che da quel giorno lo chiamerò solo "Ie", e lui mi dice "gira a sinistra" e io ci giro, prendiamo un piccolo sottopassaggio che conosco bene, arriviamo davanti a un bar che conosco bene e lui butta le forbici a terra, e scende.
E scende.
Io lo guardo e riparto.
Se fosse stato un film probabilmente l'avrei criticato per questo.
Ne Il Buio in Sala questo sarebbe stato il finale della recensione.
Recensione: "The Kidnapped Videoseller" (Il videotecaro rapito)
Risultati immagini per minaccia forbici(...)
Insomma, un buonissimo film che ha il suo punto debole in questo incredibile crescendo di tensione che poi sfocia nel nulla. Probabilmente, se proprio si voleva optare per questa opzione, a quel punto sarebbe stato meglio un, molto in voga nel cinema moderno, finale aperto, un finale da interpretare, un finale che lasciasse domande a cui dare risposte, un finale psicologicamente ambiguo. Invece (spoiler) l'assalitore scende ed entra nel bar. Il giorno dopo si viene a sapere che anche là dentro ha fatto casino tanto da dover richiedere l'intervento dei carabinieri. Si poteva fare qualcosa di meglio. Da vedere comunque.
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Un retroscena che ho saputo poi, e che probabilmente era il "QUELLO" a cui si riferiva la gente era che 2 anni prima aveva preso in ostaggio la cassiera di un supermercato e l'aveva fatta guidare con un collo di bottiglia come minaccia. Non voleva niente, era solo ubriaco.
A volte quando ripenso a questo episodio mi viene in mente che probabilmente non ho mai rischiato nulla. Non lo posso sapere con certezza ma potrebbe essere così. Nessuno lo sa. La vita è piena di rischi grandissimi che noi evitiamo senza nemmeno accorgercene come, al contrario, di situazioni tranquillissime che noi nella testa vediamo come terribilmente rischiose, difficili, vitali. Ci struggiamo per banalità ed evitiamo con nonchalance pericoli immensi.
Da quel giorno quel ragazzo diventerà uno dei miei più grandi amici in quella strana ed assurda avventura della videoteca.
Potrei raccontare 1000 cose ma non è un "personaggio" di cui volevo parlare, ci tenevo solo a raccontare l'episodio.
Nella vita capita a tutti di volere bene o amare una persona.
E molto spesso sono gli occhi a trasmetter(te)lo.
Però nella vita, in letteratura o nel cinema quasi sempre, se non sempre, diciamo, leggiamo o vediamo questo:
"Ti amo"
"Anch'io"
o questo
"Ti voglio bene"
"Anch'io"
ma capitano degli occhi che tu li vedi e vai oltre questo, non capisci solo quanto bene o amore provi te ma anche quanto ne prova l'altro.
E allora, se dovessimo rappresentare questa cosa, questa cosa che accade ma nessuno trascrive mai, forse per pudore, forse perchè c'è quasi paura o troppo rispetto nel rubare un'emozione altrui, la scriveremmo così:
Due amici si guardano negli occhi.
Non si dicono:
"Ti voglio bene"
"Anch'io"
ma
"Tu mi vuoi bene"
"Come te a me"
E io ti voglio bene V.
Come te a me.

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