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Titano: il mistero delle dune

Creato il 11 dicembre 2014 da Aliveuniverseimages @aliveuniverseim

Pubblicato Giovedì, 11 Dicembre 2014 06:03
Scritto da Elisabetta Bonora

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Titano, la grande luna di Saturno, è uno dei posti più affascinanti del nostro Sistema Solare.
Ricorda molto la Terra primordiale. Ha una densa e fredda atmosfera principalmente di azoto e sistemi nuvolosi formati dal metano che si comporta come il vapore acqueo sulla Terra, cadendo sotto forma di pioggia e scorrendo in fiumi e laghi; è l'unico altro mondo del nostro Sistema Solare con liquido stabile in superficie.
Prodotti chimici organici derivati ​​dal metano, sono presenti nell'atmosfera, nei laghi e nei fiumi e possono offrire indizi sulle origini della vita.

Non presenta grandi rilievi e i principali si concentrano nella zona dell'equatore.
La sonda della NASA Cassini ha anche fotografato aree estese centinaia di metri coperte da enormi dune.
Queste sono la seconda caratteristica topografica dominante su Titano (coprono circa il 13% della superficie), dopo le pianure apparentemente uniformi.
Anche se sono simili nella forma alle dune lineari trovate sulla Terra in Namibia o nella penisola araba, le dune di Titano sono gigantesche per i nostri standard, larghe in media tra 1 e 2 chilometri, lunghe un centinaio di chilometri ed alte 100 metri.

Titano: dune a confronto

Confronto tra le dune di Belet e Fensal su Titano, a sinistra, con le dune di Oman in Yemen ed Arabia Saudita e Kalahari in Sud Africa e Namibia, sulla destra.
Credit: NASA/JPL-Caltech, and NASA/GSFC/METI/ERSDAC/JAROS and U.S./Japan ASTER Science Team

Per creare campi di dune di queste dimensioni sarebbero necessari venti molto forti. peccato che, in base ai dati della sonda della Cassini, su Titano soffierebbe appena una leggera brezza.

Naturalmente, forma e dimensioni potrebbe dipendere anche dal materiale.
Di cosa siano fatte nessuno può dirlo con certezza ma l'ipotesi è che non si tratti di silicati come sulla Terra, bensì di idrocarburi solidi più simili a mucchi di fuliggine che a sabbia.

Si concentrano nella fascia equatoriale, dai 30 gradi di latitudine sud ai 30 gradi di latitudine nord ma tendono ad essere meno voluminose verso il nord.
Titano, infatti, è in orbita intorno a Saturno, per cui le sue stagioni sono influenzate dal percorso del pianeta intorno al Sole che dura circa 30 anni terrestri. Ogni stagione su Titano, perciò, impiega circa sette anni ma l'orbita leggermente ellittica di Saturno fa sì che, nell'emisfero meridionale, le estati siano più brevi ma più intense. Quindi, il suolo a sud potrebbe essere più secco, in accordo anche con la distribuzione dei bacini sulla luna concentrati nell'emisfero settentrionale. Così, i granelli di sabbia più aridi della zona meridionale potrebbero essere trasportati più facilmente dal vento, mentre a nord, dove il contenuto di umidità è maggiore, le particelle sarebbero meno mobili e di conseguenza le dune meno pronunciate.

Tuttavia, queste considerazioni non risolvono il mistero perché le dune rimangono comunque troppo grandi per poter spiegarne le origini.

A questo, si aggiunge un altro elemento che complica ulteriormente la situazione: in base ai dati della Cassini, i venti predominanti soffiano da est ad ovest mentre le dune appaiono disposte nella direzione opposta.

Titano - orientamento dune

Credit: NASA/JPL-Caltech/ASI/Space Science Institute

Ora, però, due nuovi studi cercano di far chiarezza ed aggiungono nuovi elementi alla storia.

Ryan Ewing, geologo presso il Texas A&M University in College Station, ha presentato nuovi risultati, pubblicati l'8 dicembre sulla rivista Nature Geoscience.

Il suo team ha analizzato circa 10.000 linee di cresta delle dune mappate dal radar della Cassini da quando la sonda è arrivata nel sistema di Saturno nel 2004. Usando un algoritmo in grado di estrarre un dettaglio maggiore dalle immagini, sono venuti alla luce nuovi particolari come le dune a forma di stella dove tre o più linee di cresta intersecano.

Titano: dune

Credit: NASA/JPL

Questa caratteristica indica che i venti devono aver soffiato in direzioni diverse, in tempi diversi.
Fondamentalmente, le piccole dune a stella sono orientate in direzioni discordanti rispetto a quelle delle grandi dune lineari, suggerendo che le prime sono una rielaborazione delle seconde.
In base ai calcoli, i venti avrebbero impiegato migliaia di anni per questo processo.

Sapendo che le dune sono modellate su periodi così lunghi, studiarle significa guardare indietro nel tempo.
"Questo lavoro rende la morfologia delle dune, una finestra per gli studi paleoclimatici su Titano", ha detto Ralph Lorenz, scienziato planetario presso la Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory a Laurel, Maryland.

Ewing e i colleghi stanno usando modelli climatici globali, come quelli utilizzati per la Terra, per relazionare i venti ai cambiamenti climatici, a loro volta legati ai dati orbitali. Probabilmente, infatti, i venti riorganizzano la sabbia mentre Titano si muove intorno al Sole, con processi che possono durare 90.000 anni terrestri per cambiare la direzione di una singola duna. D'altra parte, anche sulla Terra ci sono dune, come quelle del nel deserto del Sahara occidentale, che conservano una memoria di cambiamenti climatici passati. I venti, ad esempio, erano più forti durante l'ultima era glaciale e le dune più grandi che si sono formate in quel periodo non hanno cambiato orientamento per i successivi 11 mila anni.

Ulteriori sviluppi sull'argomento arrivano da un altro documento, pubblicato su Nature sempre l'8 dicembre, in cui un team guidato dallo scienziato planetario Devon Burr della University of Tennessee di Knoxville, descrive gli esperimenti in una galleria del vento che simula le condizioni di Titano di bassa gravità e spessa atmosfera.

Burr ha dedicato sei anni per ristrutturare una galleria del vento progettata negli anni ottanta per studiare i modelli climatici di Venere ed adattarla a Titano.
Alzando la pressione per simulare la densa atmosfera della luna di Saturno ed accendendo il ventilatore, la squadra ha studiato il comportamento della sabbia. Non conoscendo l'esatta composizione di quella presente su Titano, sono stati sottoposti ai test 23 diversi tipi di sabbia.

Galleria del vento - Arizona State University

Credit: Devon Burr

Dopo due anni di modelli e calibrazioni, i dati hanno mostrato che il vento su Titano deve soffiare almeno il 50% più veloce di quanto si pensasse per spostare la sabbia. E, in effetti, un vento più veloce offrirebbe anche una spiegazione per dune così grandi.

"Il nostro studio dimostra come il vento rilevato sulla superficie di Titano nel 95% dei casi non ha alcuna influenza sulla disposizione delle dune fotografate dalla Cassini", spiega Burr.
"Se i venti predominanti sono leggeri e soffiano da est a ovest, allora non sono abbastanza forti per spostare la sabbia".
"Ma un evento raro può invertire e rafforzare momentaneamente i venti", aggiunge.

Secondo i modelli, questi eventi si verificherebbero due volte durante un anno saturniano (pari a circa 30 anni terrestri) quando il Sole attraversa l'equatore, causando uno shift atmosferico. Burr teorizza che solo durante questi brevi periodi si formino venti veloci da ovest in grado di formare e modificare le enormi dune di Titano. D'altra parte un evento così raro potrebbe essere passato inosservato alla sonda Cassini.

Riferimenti:
http://phys.org/news/2014-12-explanation-titan-dune-puzzle.html
http://www.nature.com/news/titan-s-giant-dunes-track-ancient-climate-1.16501
- http://saturn.jpl.nasa.gov/news/cassinifeatures/feature20120123
http://www.jpl.nasa.gov/news/news.php?release=2009-032


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