Le tecnologie sono ormai parte fondamentale e irrinunciabile della quotidianità di ognuno di noi; e, come molti studiosi di comunicazione hanno ripetuto nel corso degli anni, non è un medium in sé ad avere qualità negative o ad essere potenzialmente dannoso, ma è l’uso che se ne fa a renderlo tale. E siccome “business is business”, è sempre più necessario essere rapidi, efficienti e battere la concorrenza nel proprio “ambiente di lavoro”.
Sembra quasi l’unione di questi concetti la vicenda che ha interessato i Carabinieri di Torino: il marketing e la tecnologia fanno da padroni nella scoperta di un nuovo metodo di “comunicazione” tra spacciatori e potenziali clienti.
Da un anno, un gruppo di spacciatori aveva ormai acquisito il monopolio dello spaccio a Torino e provincia, soprattutto Lanzo torinese e, attraverso smartphone e l’applicazione What’sapp, le consegne della merce erano sempre più rapide ed “efficienti”. Fornivano marijuana e hashish soprattutto agli adolescenti. Le ordinazioni avvenivano tramite mail e applicazioni di messaggistica istantanea e chat: ciò permetteva agli spacciatori non solo una celerità maggiore nelle consegne ma anche, e soprattutto, una netta prevalenza sulla concorrenza.
Gli spacciatori erano inoltre certi, utilizzando la tecnologia e la messaggistica, di essere immuni a controlli e possibili smascheramenti; è stata invece proprio la loro arma a tradirli, permettendo la tracciabilità degli spostamenti e la cronistoria delle ordinazioni.
Gli accertamenti hanno innalzato il numero di potenziali clienti a più di un centinaio, mentre sono stati arrestati 15 italiani.
L’operazione è stata denominata dai Carabinieri “Cannabis 2.0”, coordinati nell’azione dal pool di sicurezza urbana della Procura.
Articolo di Giulia Porzionato.