Alessandro Perissinotto LE COLPE DEI PADRI, Da Cap. 6 : La sindrome di Stoccolma, ed. PIEMME
"Perché adesso mi rendo conto che noi ci tenevamo all'azienda più di quanto ci tenessero i padroni; nessuno di quelli della mia età, ma anche di quelli più giovani, riuscirebbe a immaginare Mirafiori senza la Fiat Mirafiori; i padroni, invece, ci riescono. Tenevamo alla fabbrica, alle fabbriche, come alla nostra casa. Lo so che è difficile da credere, ma, appena finita la guerra sono stati gli operai di loro spontanea volontà ad andare a togliere le mine che i tedeschi avevano messo negli stabilimenti. Io nel '45 avevo ventire anni e, malgrado avessi fatto il partigiano, quando si è trattato di sminare la Grandi Motori mi tremavano le mani, però l'ho fatto. L'ho fatto per Torino è vero, ma in fondo tutto il beneficio e andato ai padroni. E ai padroni di adesso non gli chiedo di andare a rischiare la vita, però un pensiero per la loro città dovrebbero anche averlo... Diofà."[...] "E la disciplina, ti dicevo, la disciplina era ferrea. Guai ad allontanarsi dalla linea di qualche passo! I capi reparto erano sempre pronti a darti la multa. E poi c'era la dittatura dei capi linea. Quando ero alle Grandi Presse il capolinea era quello che infilava il foglio di lamiera nella prima macchina: era lui che dava il ritmo. Se dalla prima macchina uscivano, metti caso, venti pezzi al minuto, la seconda macchina, a catena, doveva farne anche lei venti. [...] Solo che il capolinea a fine anno percepiva la "busta nera", un premio di produzione che dipendeva dal rendimento della sua linea. E c'erano a volte dei farabutti che per intascare qualche soldo in più facevano lavorare gli altri in modo massacrante, perché non tutte le macchine sono uguali. [...] Eravamo cronometrati anche quando andavamo al gabinetto ed era già tanto se il capo reparto ti mandava la sostituzione per permetterti di andarci. Alla fine, a meno che non ciscappasse la grossa, non chiedevamo neanche più di andare al cesso: pisciavamo nelle scocche. Poi le scocche arruginivano, ma mica potevamo farcela addosso. Dovevi vedere come eravamo vestiti: mica ci davano la tuta. A casa rimediavamo tutti gli stracci che potevamo metterci addosso. Lo sai come la chiamavamo la fabbrica all'epoca?" Guido lo sapeva, come lo so io, come lo sanno tutti qui: la chiamavano La Feroce. Perché divorava vite. "E' per questo" proseguì il vecchio "che mi viene il nervoso a pensare che un giorno, neanche troppo lontano, non ci sarà più, Che sarà in America. Dopo tutti i sacrifici che abbiamo fatto"
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