Canna da zucchero, riso, gelsomino, anice, sesamo, cannella, zafferano, miele, mandorle e pistacchi: solo alcuni dei regali che la dominazione araba in sicilia lasciò in eredità ormai perenne e consolidata nelle nostre tradizioni culinarie.
Come ho avuto modo di dire anche altrove, il periodo dei Saraceni in Sicilia fu l'alba di una cività molto fiorente, rispettosa verso le tradizioni locali, ed innovativa rispetto alle novità apportate.
E' incredibile il numero dei piatti e delle tecniche di preparazione per cui dobbiamo essere loro grati: la cassata (qas'at, bacinella), la cubàita (qubaita/qupaita), i geli (di melone, mosto, cannella e gelsomino), le panelle, i cannoli, la kàlia (ceci e semi di zucca essiccati e salati), le arancine, il pane con la milza, i dolci alle essenze di frutta e di fiori.
C'è una storia dietro ad ognuno di questi piatti, ma mi dilungherei nel raccontarla adesso (magari in altri post!).
Quel che voglio raccontarvi è che io sento irresistibile il richiamo di queste radici, forse perchè in realtà così rappresentative della città in cui vivo.
Il dolce di cui vi parlo oggi è il dolce della mia pasquetta: ha il colore dell'ambra ed il profumo dell'oriente. O forse dovrei dire della Sicilia!
E' nato pensando a qualcosa che ricordasse la colomba pasquale (gli agrumi canditi, il profumo d'arancia, le mandorle) ma che fosse più rapida da fare, meno burrosa, e un pò più umida (non avevo il tempo per una farcitura, e ho pensato al miele caldo).
Le foto non sono bellissime, perché è il dolce che ho portato ad una scampagnata, volevo fotografare anche una fetta, ma sono riuscita a rubare solo due scatti prima che finisse.
Sono sicura però che vi piacerà: trovo irresistibile la colatura di miele, dorata, calda, umida. Si insinuerà per qualche centimetro sotto la superficie del dolce e lo renderà molto morbido, dolce, ma non stucchevole per il retrogusto un pò amaro del miele scelto. Provate, magari aggiungendo un pò di granella di zucchero, che io non avevo, e fatemi sapere!
Nota sul miele utilizzato:il miele di eucalipto (il nostro è di produzione propria) è tipico delle regioni meridionali, dove quest'albero è abbastanza diffuso.Anche per questo noi lo abbiamo in quantità, e lo utilizziamo spesso.Ha un colore ambra scuro, è molto denso (per questo l'ho scaldato per restituirgli un pò di fluidità) e ha una grana molto compatta.Il profumo che lo caratterizza è quello di liquirizia (ma anche di legna o di funghi, in alcuni casi, cosa che lo rende molto pregevole coi formaggi stagionati), con un retrogusto appena salato.Ha le stesse proprietà benefiche dell'eucalipto (anti raffreddore).Di solito lo uso per dolcificare tè e tisane, coi dolci non lo avevo ancora provato, ma devo dire che non ne sono rimasta delusa: come accennavo, è meno zuccherino del millefiori, o di altri tipi di miele, ed è perfetto per questa "glassatura".
- farina, 300g.
- burro, 100 g.
- zucchero, 70 g.
- latte, 100 ml.
- uova, 3 medie
- lievito, 1 bustina
- scorza d'arancia, 2 cucchiai
- liquore amaretto, 1/2 bicchierino
- cedro e arancia canditi, 60g
- amaretti, 10
- mandorle a lamelle, 70g
- miele di eucalipto, 4 cucchiai colmi
Setacciare la farina con il lievito.
Montare il burro con lo zucchero e i tuorli.
Unire la farina, e versare il latte a filo per ottenere un impasto sodo.
Unire la scorza d'arancia (l'equivalente della scorza di due arance) ed il liquore.
Montare gli albumi a neve ed unirli delicatamente al composto.
Imbrurrare una teglia da 26 cm di diametro, versarvi metà dell'impasto.
Unire i canditi spargendoli sulla superficie uniformemente, stessa cosa con gli amaretti briciolati grossolanamente.
Versare sopra il rimanente impasto e cuocere a 180° per 40 minuti circa.
Sformare il dolce, e cospargerlo, ancora caldo di due cucchiai di miele bollente versato a filo su tutta la superficie.
Spargere le mandorle a lamelle, unire quindi altri due cucchiai di miele bollente per "incollarle" alla superficie del dolce.
Lasciare raffreddare completamente prima di servire.