Mi domando come mai, quando la Kinder e Ferrero (dei cui prodotti sono gran consumatrice) mette in commercio dei prodotti a edizione limitata, li faccia solo al cocco. Il Pinguì al cocco, il Tronky al cocco e così via. Al limite, al cioccolato bianco.
A me piace, il cocco, quindi non è un grosso problema. A pensarci bene però, ci sarebbero anche la nocciola, il pistacchio, la fragola... Il Kinder Pinguì alla fragola, ad esempio, sarebbe buono.
Per vostra informazione, ho appena mangiato
Ma veniamo al dunque. Con questo post partecipo al bellissimo Gioco del ricordo de LaNinin.
Facciamo le cose a modino e mettiamo il banner.
Il cocco, ora che ci penso, è legato a uno dei ricordi buffi di quando ero bambina. Avrò avuto sette anni, eravamo al mare a Lignano Pineta e il Babbo mi mandò a comprare il cocco. Da sola! Ora che ci penso, ogni piccola commissione fatta da sola mi riempiva di gioia e di orgoglio.
Mi diede diecimila lire. Io le diedi al cocchivendolo. Tornai con le mani stracolme di cocco, perchè il cocchivendolo non ci aveva pensato due volte a prendersi la banconota e riempirmi di cocco.
I bimbi vicini di ombrellone ringraziarono, e io imparai il concetto del "chiedere il resto".
Le lire, quanti ricordi.
Avevo un salvadanaio poco ortodosso: era un porta cancelleria cilindrico, a scomparti, nel quale raccoglievo le monete dividendole per tipo. Le cinquecento, le duecento, le cento e le cinquanta, tutte divise. Così facevo anche prima a contare i miei averi. Zio Paperone docet.
Ho sempre letto tanto: alle elementari leggevo romanzi quando ero malata. Capitava spesso, avevo almeno un'influenza ogni due mesi. Poi in seconda media ebbi una broncopolmonite che mi tenne a casa due mesi, e dopo di quella più niente.
Così, dicevo, quando succedeva, stavo a letto, che era un letto di ferro battuto azzurro con decori dorati, e che a me piaceva tanto, e mi ricordo quando andammo a comprarlo, e la Mamma me lo fece scegliere, e avevo cinque anni, e non so perchè in quell'occasione chiesi a lei e al Babbo quanti anni avessero, e la Mamma ne aveva 39 e il Babbo 43, e mi sembravano tantissimi.
Dicevo, stavo a letto con la febbre e leggevo, leggevo, leggevo. Romanzi. Libri lunghi, che mi occupassero le giornate. Uno dei miei preferiti era Piccole donne. E poi c'era Nemecek. E Bastian, e Atreiu. E Pollyanna (quella vera, non quella edulcorata dei cartoni).
Normalmente leggevo Topolino, ma Topolino mi stava antipatico, troppo perfettini, preferivo Paperino, che adesso definiremmo sfigato, ma allora questa parola non si usava.
Stavo ore al telefono con B. Avevamo sette anni, non so cosa avessimo da raccontarci, anche perchè la mattina ci si vedeva a scuola e stavamo sempre insieme. Eppure trovavamo da chiacchierare anche tre ore per volta. Giocavamo al telefono, quando non ci si poteva vedere di persona. Era il telefono in corridoio, un telefono bianco, stretto stretto e fatto un po' a bananina che si appendeva al muro con un gancio, e a me sembrava tanto moderno.
La Mamma decorava i maglioni con le perline, disegnava su di essi e poi aggiungeva le perline. Ho ancora dei maglioncini, uno con un cocker, un altro con un tucano, un altro ancora con delle stelle stilizzate. E poi un giorno vennero a prendermi fuori da scuola, la Mamma aveva fatto spese da Benetton, aveva comprato una serie di vestitini con delle marmotte, e io ne fui felicissima.
Il Babbo nel tempo libero disegnava, e disegnava benissimo. Faceva il direttore dei Motel Agip, e abitavamo in un appartamento all'interno dell'albergo. Questo comportava dei vantaggi (nonostante lavorasse anche 12 ore al giorno potevo andarlo a trovare in ufficio, pranzavamo sempre tutti e tre insieme) e degli svantaggi (la costante reperibilità, domenica compresa).
Dicevo, disegnava, e mi disegnava i quadri con i cartoni animati Disney.
Ne ho tantissimi. Uno l'ho portato a casa per appenderlo in camera della Purulla, anzi ora ne posto la foto:
Ogni paio di mesi andavamo a Montecatini a trovare i nonni. Abitavamo lontani, ma volevo loro molto bene, e andarli a trovare era sempre una festa. Tra di loro non si frequentavano, per cui facevamo la spola tra le due case, che distavano trecento metri. Ma da piccola non badavo a queste cose, mi divertivo e basta.
La Nonna Nerina faceva il brodo più buono del mondo e il Nonno Mimì mi faceva trovare il prosciutto crudo di cui andavo matta. Non ho più trovato un prosciutto crudo che avesse quel sapore. Mi divertivo a coccolare i gatti, a fare il giro della casa, a cercare i pinoli. Giocavo a carte col Nonno Mimì. Dormivo con la Nonna Nerina (i nonni dormivano in camere separate penso dall'età di cinquant'anni, e per me era una cosa stranissima), e mi divertivo a nasconderle la pancera in fondo al letto. Lei prima di dormire mi raccontava della sua infanzia a Isola d'Istria, e di quando prendeva la nave per andare a scuola a Trieste.
La Nonna Pina mi abbracciava forte. Giocava con me, anche a calcio! Mi dava la cioccolata di nascosto da mia mamma, che si preoccupava per le ricorrenti coliche d'acetone. Il Nonno Nando iniziò a stare male quando vivevamo ancora a Trieste, io avevo quattro anni. Con lui giocavo a bowling nel loro corridoio. Parlava poco, ma c'era. E quando parlava, sentenziava. Era spiritoso.
Ho avuto un'infanzia molto bella. Grazie a LaNinin che mi ci ha fatto ripensare intensamente!