Umberto Chiodi, Bentivoglio, 1981
L’artista opera fondendo l’espressione dei colori con l’azione che mortifica l’origine del corpo stante, caricandolo così di una linfa arcana e tradotta, dalla gestazione pensata dell’altrove.
Dopo i figurini, simili per certi versi al compagno Ontani, Chiodi modifica il percorso artistico seguendo la sua personalissima cifratura per mappe e percorsi, di ombre che indicano l’esistenza sottaciuta di una luce, baccanale del belletto. La danza degli oli fa scivolare gli occhi dello spettatore in un immaginario assorto e tremendamente a lui vicino, velo di maya squarciato con l’ironia del sogno.