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TRASPORTO PUBBLICO IN CAMPANIA: DILETTANTI ALLO SBARAGLIO - La reintroduzione del biglietto aziendale non basterà per difendersi dai tagli nazionali e regionali

Creato il 09 aprile 2014 da Ciro_pastore
TRASPORTO PUBBLICO IN CAMPANIA DILETTANTI ALLO SBARAGLIO La reintroduzione del biglietto aziendale non basterà per difendersi dai tagli nazionali e regionali Nell’ultima settimana i media locali sono stati letteralmente sommersi dai comunicati stampa dell’Assessore ai Trasporti che annunciava “garulo e soddisfatto” la nascita(?) del nuovo sistema tariffario del trasporto pubblico locale che, tra le mirabolanti diavolerie elettroniche, comprende anche l’ennesimo annuncio di partenza dei biglietti aziendali “a corse unica” da affiancare alla rimodellata tariffa consortile UNICOCAMPANIA. Come gli addetti ai lavori sanno, però, il varo del BIGLIETTO AZIENDALE doveva partire da gennaio 2013, ma in questo anno e mezzo, le singole aziende non sono state in grado (o non hanno voluto) emettere ancora i biglietti validi soltanto sulla propria rete ed incassarne, così, tutti i proventi, con l’intento presunto di allievare loro le difficoltà di cash flow. Tutti sanno, peraltro,che il biglietto aziendale nasce anche con l’intento di “depotenziare” il Direttore Generale del Consorzio che, a colpi di comunicati stampa e di velenose interviste, aveva per tre anni alimentato una tremenda tenzone mediatica, sfociata nella sua inevitabile defenestrazione. La "tostissima ingegnera", in sella dal 1994, aveva visto passare, e finire, tutti i potenti di questa regione. Gli attacchi negli anni sono stati molteplici, ma i risultati ottenuti sono sempre stati miseramente fallimentari. E' stata perfino fatta oggetto del cosiddetto "fuoco amico" della sua stessa parte politica, ma nessuno era mai riuscito a perforare la impenetrabile barriera che lei aveva saputo costruire a difesa di quella fortezza, che pareva inespugnabile. Invece, la Delibera Regionale del 19 ottobre 2012 è riuscita a trovare un punto debole nell'invincibile macchina da guerra. Con quell'apparente innocua deliberazione si è stabilito, infatti, che le 14 aziende aderenti al Consorzio potranno emettere titoli di viaggio "interni". Certo, la Iron Lady del TPL campano ha resistito ancora, ma alla fine ha dovuto cedere e lo stratagemma per farla fuori (non solo metaforicamente) ha dispiegato il proprio effetto in stile “Cavallo di Troia”: Timeo Danaos et dona ferentes. Ma il biglietto aziendale non è assolutamente la panacea attesa per risolvere i complessi (e complicati) problemi che attanagliano il TPL campano. Innanzitutto, si dimentica che la situazione economico-finanziaria del trasporto pubblico locale italiano va verso un rapido collasso, visto che i recenti provvedimenti inclusi nel Decreto sulla Speding Review tagliano ulteriormente i fondi. Inoltre, a peggiorare il quadro complessivo, c’è l'incertezza del sistema normativo, con le continue oscillazioni tra orientamenti normativi pro-liberalizzazione e comportamenti pratici degli enti locali tendenti a sostenere i monopoli pubblici esistenti. In Campania, invece, il timido ed incerto percorso con cui è proceduta finora la riorganizzazione industriale, non ha condotto, ad un sostanziale miglioramento della produttività da parte delle aziende erogatrici del servizio. Di conseguenza, non abbiamo assistito ad alcun tipo di riorganizzazione dell’offerta finalizzato ad eliminare le consistenti duplicazioni, ancora esistenti. Nessuna razionalizzazione dell’offerta ha visto la luce ed i bacini di traffico sono ancora disegnati sulle vecchie e costose logiche territoriali basate su vetusti monte-chilometri, unico reale parametro organizzativo delle aziende. Contemporaneamente, stiamo assistendo ad una brusca frenata degli investimenti per l’ammodernamento delle flotte; anzi, queste sono sempre più obsolete e senescenti a causa della carenza di liquidità da destinare alle manutenzioni. Lo stesso Assessore sulle sue pagine internet pubblica quotidianamente i dati dei treni circolanti da cui si ricava che da mesi siamo bloccati su una percentuale sempre sotto al 40% della flotta complessiva di EAV (Circumvesuviana, Sepsa, Metrocampania NordEst). Stefano Caldoro, chiama in causa il passato quando “si costruivano prevalentemente linee ma non si mettevano in esercizio, non si facevano camminare i treni e quindi non si mettevano a sistema”. Lo stesso Presidente della Regione, Stefano Caldoro, ammette che il sistema del trasporto pubblico in Campania “non va bene, inutile negare che c’è una crisi”, e dichiara pure che “Abbiamo un buco di un miliardo, quasi 850 milioni che abbiamo sulle spalle, ereditato per un disastro”. Dopo 4 anni di governo, il Governatore chiamo ancora in causa le responsabilità delle passate amministrazioni. Ma in quattro anni cosa hanno fatto la sua Giunta e i manager del settore da egli stesso nominati? A livello amministrativo, l’Assessore Vetrella si muove in maniera schizofrenica. Egli ondeggia tra un “iperattivismo decisionista”, intervenendo fin troppo nella stretta operatività delle singole aziende e, parallelamente, mostra una incerta volontà di programmazione di lungo periodo che, nel suo disegno, dovrebbe condurre ad una consistente privatizzazione del TPL. In questo quadro così disastrato e complicato, in Campania, aziende e politica si inventano la soluzione furbesca di reintrodurre il biglietto aziendale.Era meglio, forse, pensare a ridiscutere la clearing (ripartizione fra le aziende degli incassi) in vigore, da sempre contestata soprattutto dalle aziende ferroviarie che, giustamente, lamentano come la genesi storico-politica del Consorzio UNICOCAMPANIA sia stata fortemente influenzata dal predominio napoletanocentrico, dettato dal dominus Bassolino e dalla Iron Lady Sannino. Redistribuire le percentuali di attribuzione sarebbe stato possibile, a meno che dietro questa manovra non ci sia stato un unico vero obiettivo: a scalzare la sempre più ingombrante padrona del Consorzio. Ottenuto questo obiettivo, tutto dovrebbe restare esattamente come prima. Ben più utile, peraltro, sarebbe stato intervenire sui costi del Consorzio derivanti, soprattutto, da stampa e distribuzione dei ticket e dalle percentuali destinate ai rivenditori. Sostanzialmente non riducibili i costi per la stampa (almeno fino alla definitiva introduzione di tecnologie elettroniche), per la distribuzione si potrebbe giungere ad un abbattimento totale dei costi semplicemente imponendo ai rivenditori di recarsi periodicamente presso vari punti vendita “all’ingrosso” (da creare presso le singole aziende sul territorio), magari a fronte di un piccolo incremento incentivante delle loro percentuali sulla rivendita. Se, poi, l’obiettivo della reintroduzione è incrementare l’interesse da parte delle singole aziende per la controlleria, mi pare che si persegua un obiettivo velleitario, in quanto il problema di come e quanto combattere l’evasione (e l’elusione) è di tipo concettuale più che motivazionale. Finora, infatti, le singole aziende hanno dedicato all’attività di controlleria scarse (e poco incentivate) risorse umane, organizzate con criteri assimilabili alla semplice copertura dei turni. In sostanza, la controlleria è stata vista come una sorta di “cimitero degli elefanti”, in cui lasciar “morire” personale demotivato o demansionato. Invece, essa deve essere vista come un’attività centrale di tutta l’organizzazione aziendale, al pari della condotta macchina. In una nuova ottica organizzativa, infatti, macchinisti e personale addetto alla controlleria sono le uniche funzioni ineliminabili e, anzi, da rendere sempre più decisive. Una moderna controlleria deve essere basate su tecniche sofisticate di intelligence e data mining. Non può essere usata la forza bruta basata sulla quantità degli addetti: sarebbe come sparare a poche mosche utilizzando un bazooka . Occorre, invece, saper costruire un sistema articolato in cui modalità e tempi di effettuazione siano determinati da studi accurati sui flussi dei viaggiatori, a cui applicare sofisticate metodologie derivate dagli studi sulla psicologia delle masse. Inoltre, è necessario pensare ad un sistema di forti incentivi economici di tipo incrementale. Infatti, se inizialmente i premi saranno ingenti a causa della grande evasione/elusione attuale, un lavoro ben fatto determinerà una contrazione del fenomeno che dovrà essere ricompensata con un incremento delle percentuali di esazione da destinare al controllore; a cui far seguire, parallelamente, una riduzione numerica degli addetti alla controlleria, in quanto sempre meno necessari. L’attività di controlleria, infatti, è paragonabile a quella dei forestali, la cui presenza è richiesta dagli incendi, ma se gli incendi cessano, essi stessi saranno inutili con la conseguenza che la diminuzione potrebbe provocare una risposta difensiva da parte dei forestali che, temendo la propria inutilità, potrebbero paradossalmente “operarsi” per una benefica (per loro) persistenza degli incendi. Insomma, alla controlleria dovrebbero essere assegnate risorse altamente formate e motivate, ma non in maniera definitiva (per evitare il perverso effetto forestali). Soprattutto, il fenomeno va combattuto seguendo due strategie cumulativamente. Da una parte deve perseguirsi l’intento pedagogico per dare forza al senso civico, oggi evanescente, attraverso un’educazione alla sana cultura del pagamento dei servizi pubblici. Dall’altra, deve essere meglio perseguito l’obiettivo repressivo nei confronti dei viaggiotori allergici da ogni forma educativa, con cui essere inflessibili e severi.

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