Il 29 giugno scorso è morta Margheita Hack, astrofisica e celebre polemista antireligiosa. L’abbiamo salutata con un articolo in cui, senza rinnegare le dure critiche a lei riservate nei nostri articoli in passato, abbiamo voluto ricordarla apprezzando quel che di buono abbiamo comunque visto e imparato da lei (lo spieghiamo per rispondere ad alcune e-mail ricevute, critiche verso questa nostra scelta).
Ci è parso interessante osservare come diversi scienziati hanno reagito alla sua scomparsa, sopratutto coloro con cui ha da sempre intrapreso -direttamente o indirettamente- una sfida tra scienza e Dio. Scienziati credenti, cattolici, che hanno spesso replicato alle sue esternazioni ateologiche, probabilmente influenzate dalla sua matrice teosofica, come ha sottolineato “Avvenire”.
Non poteva mancare il suo “nemico” preferito, Antonino Zichichi, celebre fisico italiano, professore emerito dell’Università di Bologna, già presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e della Società Europea di Fisica. «Il più bel ricordo che ho di Margherita Hack è quando a Siena mi disse che preferiva il Nulla», ha scritto. Eppure, ha spiegato, «se l’universo subnucleare non fosse retto da una logica rigorosa io sarei disoccupato. Non saprei cosa fare domani. Né avrei mai potuto far niente nella mia carriera di fisico impegnato a decifrare la logica scritta nel libro della natura. Se c’è una logica deve esserci un Autore. Ecco perché io credo in Colui che ha fatto il Mondo. L’ateismo nega l’esistenza dell’Autore. Negare l’esistenza di questa logica corrisponde a negare l’esistenza della Scienza. L’ateismo non sa dimostrare com’è possibile l’esistenza di una logica senza che ci sia Colui che di questa logica è l’Autore. Ecco perché io dico che l’ateismo non è atto di ragione ma di fede nel Nulla». La Hack ha risposto così al fisico siciliano, durante un dibattito pubblico: ««Sono d’accordo con ciò che ha detto il professore Zichichi. Io, Margherita Hack, preferisco l’atto di fede nel Nulla all’atto di ragione che mi porterebbe a credere in Dio». «In molte occasioni», ha spiegato Zichichi, «ho citato come esempio di onestà intellettuale questa affermazione di Margherita Hack. Iddio solo sa quanto ci sia oggi bisogno di onestà intellettuale».
Interessante anche l’intervista a Piero Benvenuti, ordinario presso il Dipartimento di Astronomia dell’Università di Padova, dove è anche direttore del CISAS (Centro Interdipartimentale di Studi e Attività Spaziali), e consigliere d’amministrazione dell’ASI (Agenzia Spaziale Italiana). Benvenuti ha anche corretto talvolta gli errori scientifici della Hack nella sua carriera di divulgatrice. Oltre ad una visione davvero bella del rapporto tra scienza e fede, ha anche spiegato rispetto alla Hack: «abbiamo discusso animatamente, mai litigato però», perché la sua professione di ateismo «è basata su concetti separati. La stessa scienza ha capito che può dare soltanto una visione parziale della realtà e allo stesso tempo tutti sappiamo che la Genesi utilizza un linguaggio mitico, non vuole esprimere una realtà scientifica». «Margherita era di una umanità incredibile», ha concluso, «e credo che in fondo avesse una aspirazione alla trascendenza. Il suo limite era che per lei tutto era meccanismo, materia. Nel suo “infinito” non c’era spazio per l’amore, per una prospettiva di amore extratemporale, per la speranza. E quando è così, anche se lei non lo ha mai ammesso, c’è solo la disperazione, lo insegna anche la storia. L’amore non è un fatto chimico, né un algoritmo: è qualcosa di più».
Citiamo infine anche l’articolo di Marco Bersanelli, ordinario di Astronomia e Astrofisica all’Università di Milano, nonché tra i responsabili scientifici della missione spaziale PLANCK dell’Agenzia Spaziale Europea. Ha scritto: «Mi ha sempre colpito questa sua ostinazione sulla questione religiosa, quasi si agitasse in lei un tormento, o forse come lei avrebbe detto una fede sui generis». Dopo aver elogiato la sua apertura al dialogo, dimostrata in diversi casi, l’astrofisico ha commentato: «Nella sua visione le domande di significato si trovano abbandonate nel binario morto dell’opinione, del sentimento, della scelta arbitraria, dell’irrazionalità. Raramente la moderna divisione tra sapere e credere è stata espressa tanto sinteticamente: da questo punto di vista la Hack ha dato voce alla posizione culturale più diffusa nella nostra mentalità».
«A me pare», ha quindi concluso, «che la religione che Margherita disdegnava era legata a un’idea ridotta di Dio e a un’idea moralistica della fede. Non poteva sopportare che Dio fosse una svendita del bisogno umano di comprendere, la “scappatoia per spiegare quello che la scienza non sa ancora spiegare”. Mentre l’uomo è fatto per conoscere, la fede come lei la intendeva e la conosceva era piuttosto una passività, un rifugio, un’auto-consolazione. Ma la Fede è ben altro! Così oggi che Margherita è scomparsa dispiace che non ci siano state più occasioni di dialogo, di confronto, per provare a intendersi meglio. E mi domando quanto noi scienziati credenti abbiamo saputo e desiderato veramente esprimere e testimoniare una Fede viva, capace di dimostrarsi incidente nel nostro lavoro, di rendere più desiderabile la conoscenza e più viva la ricerca. Il ricordo di Margherita, e la sua inedita assistenza dal cielo, possa aiutare tutti noi a essere più autentici nel vivere e condividere ciò in cui crediamo».
La redazione