di Edgar Allan Poe (da Fralerighe n. 2)
Hop-Frog
Un re crudele e la sua sadica corte, avvezzi agli scherzi e all’umorismo come pochi altri ai loro tempi; un fenomeno da baraccone, una creatura nata deforme a causa di una Natura insensibile e maligna, un uomo stanco d’essere vittima di sevizie e affronti come l’ultima delle bestie; una dolce ed ingenua ragazzetta, una sensibile danzatrice aggraziata che presto diviene bersaglio delle moleste attenzioni degli uomini del re. Cosa accade quando tutti questi elementi si uniscono in un’unica serata all’insegna dell’inganno e dell’orrore? Cosa accade quando Hop-Frog, uno scherzo della natura, decide di ricorrere al proprio ingegno per preservare l’onore di Trippetta, la giovane ballerina che aveva risvegliato in lui sentimenti umani assopiti? È così che uno scherzo innocuo si trasforma in una orribile trappola e al re viene servita la stessa moneta che aveva rifilato alle sue due principali attrazioni. Tra le urla e lo sconcerto, però, c’è ancora un piccolo spiraglio che permette ad Hop-Frog e alla sua amica di sperare per il meglio.
La mascherata della Morte Rossa
La Morte Rossa ha brutalmente colpito il Paese, mietendo vittime e disperazione tra il popolo. La speranza è poca, ogni giorno sempre nuove vite vengono stroncate da questa nuova pestilenza i cui sintomi sono abbondante sanguinamento dai pori e la finale dissoluzione. Macchie scarlatte e brividi sono l’inizio della tragedia, chiunque viene sorpreso a manifestarli è immediatamente vittima di esclusioni e costretti alla quarantena. Il principe Prospero, spaventato dal contagio, decide di portare con sé un manipolo di amici e sudditi e rinchiudersi in un castello dove la Morte Rossa non avrebbe potuto entrare, superare gli immensi bastioni e le porte sbarrate. Nulla, a suo dire, avrebbe potuto compromettere il loro festoso isolamento. Il principe decide di organizzare una festa in maschera alla fine del quinto o sesto mese, una festa che avrebbe coinvolto ogni abitante del castello per festeggiare la loro apparente vittoria sulla pestilenza. Le stanze gremite di costumi stravaganti e grotteschi, risate e festosi schiamazzi ovunque, finché qualcuno non decide di mostrarsi a guisa di Morte Rossa. Un orribile epilogo per il De Cameron ideato da Poe, si potrebbe quasi dire che si sia trattata di una punizione inferta a coloro i quali avevano avuto la presunzione di sconfiggere la piaga della Morte Rossa.
Il Pozzo e il Pendolo
Una spietata sentenza di morte e tutto perde consistenza. Dopo un’accusa di tradimento nulla ha più senso, ed il protagonista si ritrova a dover affrontare un incubo ad occhi aperti senza avere idea di come ha fatto a ritrovarsi in quella situazione: immobilizzato, supino, con lo squittio famelico di topi affamati nelle orecchie e una sibilante lama che, inesorabile, compie la sua discesa lungo il pozzo per raggiungere la vittima designata. Il tempo scorre e si viene trascinati in un climax d’orrore e sgomento, il tutto incorniciato dallo spaventoso avvicinarsi del pendolo pronto a far scoccare l’ora della morte. Una storia che riesce a terrorizzare senza avvalersi di particolari elementi splatter ma che, piuttosto, riesce a far risaltare l’elemento della paura che viene dalla consapevolezza di non avere una via di fuga.
Questi racconti – così come gli altri, da me non elencati ma appartenenti allo stesso genere – sono consigliati agli amanti dell’horror che si colora di tratti thriller e, talvolta, psicologici (validi esempi sono il cuore rivelatore, il gatto nero, William Wilson, il genio della perversione…). Assolutamente sconsigliati a chi non apprezza uno stile letterario poco incalzante e pieno di metafore o digressioni.
Christine Amberpit