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"Tropico del Cancro" di H.Miller

Creato il 20 gennaio 2011 da Bens
Innanzitutto sono riuscita a vedere il mio Barney Panofsky in versione cinematografica. A parte un addomesticamento attitudinale del protagonista, un'inspiegabile estradizione parigina verso terre romane e un patetico finale strappa-lacrime e viscere del tutto fuori luogo, non è affatto male. Per i cultori dei glottismi, consiglio la visione in lingua inglese.
Fatta eccezione per questa botta di vita, essendo minacciata dalla sessione d'esami che penzola sulla mia testa come la ghigliottina rivoluzionaria, mi sono ingozzata di schifezze televisive, specialmente nei week end, e ho lasciato a se stesso da una settimana "Le Correzioni" di Franzen. Mi sono ancorata a metà, ma non ho il coraggio di abbandonarlo: è uno smacco che ho rifilato solo a Cohelo.
Credo che la colpa sia di Miller. Spesso mi capita di leggere più libri contemporaneamente, ma di regola Miller lo leggo da solo. Il fatto è che ero impaziente. Franzen sono 600 pagine, l'esame di Economia mi aspetta al varco con 4 libri, mentre quello di Storia dell'Africa mi diletta con altri 3 volumi. Non potevo aspettare. 
"Tropico del Cancro" è un'opera inqualificabile. E' vita vera di un relitto umano tutto angoscia e fica, "passivo, negativo, amorale, un Gionata nel ventre trasparente della balena". In 300 pagine Miller racconta di una Parigi che negli anni Trenta fa da sfondo alle nefandezze di uno stuolo di pseudo-artisti sfaticati e alle loro esistenze indecenti alla ricerca del Sé. 
Miller o lo si ama o lo si odia. Mentre per me è Dio e personalmente rientra nelle 10 ragioni valide per arrivare a 30 anni. Vengo puntualmente scossa dalla potenza della prosa, dalla lucidità glaciale di alcune delle sue pagine e della colorita follia con cui dipinge i suoi rapporti sessuali, le defecazioni nel bidet, la tacita accettazione del corso delle cose, la consapevolezza che si può vivere senza amore, la brutalità con cui stupra i suoi lettori mettendoli faccia a faccia con loro stessi.
Miller è brutto, i suoi libri sono brutti, noi siamo brutti perchè è questo quello esiste dietro gli agghindamenti, il trucco, le copertine e l'amore. Ci rimane la bruttezza e non è detto che sia la cosa peggiore a cui ci si possa votare. Per certi versi "Primavera Nera" è superiore a "Tropico del Cancro" per ambientazione e personaggi. Questi artisti un po' cazzaroli, un po' aristocratici e un po' bohemien non valgono mai nulla. Sono solo degli scemi modaioli in una città scema e modaiola. Non hanno l'acume per sacrificarsi sulla via dell'inutilità. Ma in "Tropico", quello che in "Primavera Nera" è stato digerito, è ancora una variabile impazzita, è tutto un grosso e fragoroso rutto, una bomba messa nel culo del creato, e si finisce con l'avere la scomoda sensazione che il miracolo che l'uomo attende da sempre siano due grossi pezzi di merda galleggianti in un bidet. E' il disordine primordiale che trova pace solo nella placida accettazione del corso prestabilito della Senna. B.

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