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In questi giorni ho letto una serie continua di commenti sui siti specializzati (eh già, si dice proprio così, siti specializzati) tutti dello stesso tenore: "meglio l'originale", "all'epoca un Wayne in forma spaventosa e musiche decisamente migliori" o anche "questo è buono anche se un film originale non lo puoi mai fare meglio". Questo può essere vero per Psycho o Il delitto perfetto, o per tante altre pellicole forse, ma non vale per Il Grinta, un western tutto sommato abbastanza convenzionale nel costrutto, che si basa su sceneggiatura non originale e che quindi può essere reinterpretato in diversi modi. Quello dei fratelli Coen è, lasciatamelo dire, decisamente superiore a quello di Henry Hathaway del 1969. Non c'è solo una maggiore disponibilità tecnologica in un film che, comunque, non necessita di effetti speciali per emergere, ma la capacità dei due fratelli americani di mettere il proprio punto di vista anche in una storia vecchia e già raccontata da altri. Fotografia eccellente, personaggi ben caratterizzati, macchiette di una serietà eroica che certi cliché imponevano tanti anni fa. E qualche scena forte, giusto un paio, per non farsi mancare quel pizzico di modernità che ha caratterizzato i pochi western contemporanei davvero convincenti (Young Guns e Gli spietati per citare probabilmente i due migliori negli ultimi venticinque anni).
Quando vidi l'originale ero ragazzino, così mi sono riletto trama e recensioni giusto per vedere se la memoria mi ingannava o se, davvero, qualcosa di diverso, qualche aspetto non di pochissimo conto (ATTENZIONE SPOILER: Le Beuf, nel primo muore, nel secondo no) era stato davvero modificato, riscritto dai Coen in chiave meno happy-ending e con una più lucida realtà che ha un che di amarognolo ma funziona sempre meglio di quanto già visto. Servirebbe leggere il libro per capire chi sia stato più fedele all'originale, anche per quel che riguarda l'occhio ciecato del buon Grinta, ma ciò che davvero importa, se parliamo di cinema, è che il True Grit di Ethan e Joel Coen sia un prodotto davvero buono. Staccatisi totalmente dal precedente A serious man, tornano sul loro lato della commedia più immediata, pur mischiandola ad un momento storico epico e di grande spinta nella cultura e nell'arte tutta (cinema, musica, letteratura) americana e andando a riprendere quell'unico film che vide John Wayne premiato con un Oscar per la miglior interpretazione.
Inutile dire che anche qua vince la pellicola del 2010. Jeff Bridges è attore ironico e capace di cavalcare perfettamente ogni parte tragicomica gli finisca tra le mani, il vecchio Wayne era invece il tipico attore di ruolo, un Bruce Willis d'altri tempi con una faccia poco espressiva e spacciata inutilmente per quella di un duro. Attore da mettere più vicino ai Charles Bronson e gli Arnold Schwarzenegger più che allo stesso Willis o a Clint Eastwood, anch'essi relegati per anni in ruoli fotocopia ma con capacità di convincimento della parte decisamente superiori.Vado a memoria, senza aver googlato (come cazzo si fa a usare termini così???) o verificato su internet, ma se stanotte Jeff Bridges vincesse la statuetta come miglior attore, come già fece Wayne nel '69, non sarebbe la prima volta in cui due diversi attori vincono il premio per la stessa interpretazione? Credo di sì e, anche se non conta assolutamente nulla, avremo tanto bel materiale per le inutili scorribande inchiostranti di Ciak e simili.
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