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Tsurugidake: ten no ki (劔岳 点の記, The Summit: A Chronicle Of Stones to Serenity)
Creato il 20 aprile 2012 da Makoto @makotosterTsurugidake: ten no ki (劔岳 点の記,The Summit: A Chronicle Of Stones to Serenity). Regia: Kimura Daisaku.Soggetto: dal romanzo di Nitta Jirō. Sceneggiatura: Kikuchi Atsuo, KimuraDaisaku, Miyamura Toshimasa. Fotografia: Kimura Daisaku. Interpreti: Asano Tadanobu (Shibasaki Yoshitarō), Kagawa Teruyuki (Uji Chojirō), Matsuda Ryūhei (Ikuta Shin), Miyazaki Aoi (Shibasaki Hatsuyo), Yakusho Kōji (Furuta Morisaku), Nakamura Toru (Kojima Usui), Suzuki Sawa (Uji Sawa), . Produttori: Inaba Naoto,Matsuzaki Kaoru, Tsunoda Asao per Tōei. Durata: 139'. Uscita nelle salegiapponesi: 20 giugno 2009.Link: Sito ufficiale - Eric Evans (Toronto JFilm PowWow)Punteggio ★★★1/2
"Monte Tsurugi: cronaca dei punti di triangolazione" (o cronaca dellepietre nel titolo internazionale). Il sottotitolo "Cronaca dei punti"si riferisce all'abitudine di registrare la cronaca degli avvenimenti legatialla collocazione dei punti di triangolazione, strumenti topografici necessariper ottenere mappe. E' il 1907 e in un Giappone uscito dal feudalesimo eunificato già da 40 anni, la mappa del territorio è ancora in fase dicompilazione. Per completarla, occorre collocare dei punti di triangolazionenella zona del Tateyama; ma soprattutto occorre affrontare la montagna piùterribile, l'ultimo picco ancora inviolato: il Monte Tsurugi. Ad inseguire lagloria di questa conquista non è solo il Dipartimento di Geodesia dell'EsercitoImperiale, da cui dipende la squadra di topografi guidata da Shibasaki Yoshitarō, ilprotagonista; ma anche il neonato Club Alpinistico Nazionale, un gruppo didilettanti guidati da Kojima Usui. Shibasaki ama, rispetta e teme la montagna,ma ha un lavoro da svolgere. Il film narra il destino della sua spedizione.Il dovere di riportare dà al protagonistal'occasione per riflettere sulla fatica quotidiana, sulla bellezza e al tempostesso la crudezza della natura, su quale senso dare al proprio lavoro.L'eroismo di Shibasaki non è dovuto a sete di gloria, ma piuttostoall'impegno, fino al punto di mettere in gioco la vita, per il bene dellacomunità. La posta in gioco è nientemeno che la formazione nel popologiapponese del proprio sé attraverso la conoscenza del territorio. Unsentimento che animava anche Shiga Shigetaka con il suo trattato "Teoriadel paesaggio giapponese", di cui Shibasaki è avido lettore.L'impresa è difficile ma "se nessuno prova, lastrada non verrà mai aperta", concetto chiave del film affidato alpersonaggio di Uji Chojirō, la guida locale. Anche lui ha una missione, e perportarla a termine è disposto anche ad infrangere un tabù: secondo la credenzareligiosa popolare quella montagna è inviolabile.Una serie di contrapposizioni: la religione intesacome dogmatismo e superstizione contro quella che è via di saggezza; il sensodi responsabilità del professionista contro l'arroganza del dilettante; latradizione, radicata nel territorio, contro l'innovazione importatadall'estero; l'impazienza del giovane che vorrebbe vincere subito e nonapprezza la pazienza del lavoro, contro la consapevolezza che è questa invecela vera vittoria. Non è importante quello che fai, ma la serietà che ci metti eil nobile scopo che ti sospinge. Di fronte alla forza di questa motivazioneanche il rivale non può che riconoscere la futilità della competizione e dellaricerca della mera affermazione personale. Così, invece di risolversi con un confronto direttoe dialettico, sorprendentemente quasi tutti i conflitti confluiscononaturalmente in un equilibrio armonico, una peculiarità, questa, tipica delmodo di sentire giapponese. La natura con la sua bellezza e il suo rigore dominae accoglie tutto al suo interno; la strada che porta alla vetta non è la sfida ma entrare in comunicazionecon questo equilibrio. Anche la vittoria non èmai assoluta, lascia sempre un retrogusto amaro; non è mai definitiva:l'indomani c'è ancora lavoro da fare.Solo l'esercito imperiale rimane estraneo, esclusoda questa armonia, chiuso com'è nel palazzo del potere e nella rigidità delleuniformi e della burocrazia gerarchica; ma anche lì c'è il seme delcambiamento: davanti al piccolo generale si erge idealmente il giovanecapitano, che accetta di dividere la branda e schierarsi con Shibasaki.
Il regista Kimura Daisaku afferma che quest'opera non è un film sulla montagna;piuttosto è un racconto di emozioni e sentimenti umani e un film sulla vita, dovela montagna costituisce lo sfondo. Ma la grandiosità del soggetto e la sua lungaesperienza come direttore della fotografia impedisconoall'ambientazione di restare sullo sfondo e la montagna diventa uno deipersonaggi principali del film. Kimura esordisce alla regia dopo una lungacarriera: ha iniziato come assistente operatore dal 1958 e ha lavorato in cinquefilm di Kurosawa Akira. Neglianni è diventato direttore della fotografia lavorando con attori e registiimportanti, ed è stato anche il direttore della fotografia della troupegiapponese nel film di Zhang Yimou "Mille miglia... lontano".Tsurugidake era il film che avevasempre sognato di fare. Girato in sequenza e in loco, senza l'uso di setalternativi e senza ricorso alla computer grafica, ha richiesto due anni diriprese. Ne è valsa la pena: si può ammirare tutta la bellezza delle montagnedella zona in ogni stagione. Semmai il film risente di un'impianto troppotradizionale, dove la tecnica di ripresa è un po' troppo datata. Kimura,magistrale nell'effetto documentaristico delle inquadrature descrittive, rivelaqualche impacciatura alle prese con la fiction; a volte la reazione degliattori risulta ritardata rispetto alla fluidità dell'azione. Ottimi invecetutti gli interpreti, a partire dai camei delle protagoniste femminili,discrete e silenziose presenze al fianco dei personaggi maschili (Suzuki Sawa esoprattutto una incantevole Miyazaki Aoi, che con la sua grazia riesce a nonfarsi dimenticare per tutto il film nonostante il numero limitatissimo dellesue scene). Asano Tadanobu impersona perfettamente iltaciturno, riservato, imperturbabile Shibasaki, rivelandosi ormai un attore atutto tondo, non più relegato ai ruoli eccentrici dei film indipendenti chehanno segnato la prima parte della sua carriera. Ma l'interpretazione più convincente e più toccanteè quella di Kagawa Teruyuki nella parte dell'umile guida alpina, che gli ha guadagnato un premiocome miglior attore non protagonista ai Japan Academy Awards. Si muove agilmente con la sua esperta compostezza edesalta la drammaticità dei pochi confronti diretti presenti nel film, che sono anche i momenti forti: sia conla forza della natura sia con il figlio.La musica è un altro elemento fondamentale, benchéun po' scontata per un film che parla di natura: leQuattro Stagioni di Vivaldi, l'Adagio di Albinoni; ma la scelta della musicaclassica si rivela di sicuro effetto ed esalta perfettamente l'epicità dellesituazioni. [Nadia Faienza]
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