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Tu quoque, Brute, fili mi!

Creato il 11 gennaio 2012 da Presidenziali @Presidenziali
Tu quoque, Brute, fili mi!George Clooney regista, fa nuovamente centro e questa volta ci sorprende con un film di chiaro-scuri, d’ombra e penombra, più di silenzi che di parole, cinico e crudele, di quella crudeltà sottile che ci hanno mostrato e insegnato i grandi weimeriani-hollywoodiani: i Wilder, i Siodmak, i Preminger, per intenderciIl governatore Mike Morris (interpretato da Clooney) è il candidato democratico alle primarie in Ohio e si sta preparando con il supporto del suo staff alla grande battaglia elettorale, perché “chi vince in Ohio ha la nomination in tasca per Washington”. Morris è un ultra-liberal, con un programma molto obamiano: niente più interventi militari all’estero; diritti per tutti; redistribuzione della ricchezza a favore dei più svantaggiati; attenzione all’ambiente. Come può non piacere uno così? Però i sondaggi non sono brillanti, urge trovare una strategia vincente, urge soprattutto tessere alleanze, anche a costo di scendere a compromessi. Iniziano così, trame e complotti, in campo amico e nemico. L’addetto alla comunicazione di Morris, un trentenne che lo adora (un prezioso Ryan Gosling), scoprirà a poco a poco che anche il suo idolo non è immacolato. Mentre il voto dell’Ohio si fa sempre più incombente, dietro le quinte succede di tutto: rivalità, imboscate, ricatti, fughe di notizie sensibili sui giornali. Non manca la stagista, (la meravigliosa e ipnotica Evan Rachel Wood) e si sa che le stagiste in politica portano guai – come la Storia ci insegna, da Clinton in poi. La regola è confermata anche stavolta. E’ intorno alla sua figura, infatti, che si gioca la più sanguinosa delle battaglie, con diserzioni di campo e rovesciamenti di alleanze. Alla fine, ci saranno vincitori e vinti, e il bravo ragazzo, si ritroverà anche lui meno innocente, molto meno.Arrivato al suo quarto film da regista, Clooney torna in gran forma, a rivestire i panni del Deus ex machina, con un film complesso e piuttosto robusto, ambientato dietro le quinte di un momento decisivo per la politica americana, raccontato con disilluso cinismo – ancora più duro se si considera il ruolo decisamente ambiguo che Clooney ha scelto per se stesso.
La densa sceneggiatura de Le idi di marzo scritta insieme a Grant Heslov e Beau Willimon non lascia troppi spiragli di luce: se l’ideologia è morta da tempo, l’idealismo rimane una tattica di facciata dietro cui si nasconde l’ipocrisia più spregiudicata. La lealtà, privata di traguardi etici, è quindi, un valore fine a se stesso, e l’unico modo per non farsi divorare è rispondere con le medesime armi (homo homini lupus), sporcare quel che resta del proprio candore, e prepararsi al cesaricidioIl talento di Clooney, come già in Good Night and Good Luck, si palesa soprattutto nella direzione degli attori: i momenti migliori sono infatti i tesissimi confronti psicologici tra i personaggi, gli abitualmente impeccabili Philip Seymour Hoffman e Paul Giamatti, e Evan Rachel Wood (mai così brava?), anche se Clooney affida tutto il cuore del suo film, all’interpretazione trattenuta e dolente di Ryan Gosling.
Voto: 7
Voto redazione--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Apeless: 7  

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