A sentir parlare di i mpianti solari a concentrazione da realizzare in Italia un po' di orticaria viene. Soprattutto se si tratta di impianti a torre, che prevedono chilometri quadrati di territorio occupati da miriadi di grandi specchi (con al centro una gigantesca torre: alta 150 metri nel caso degli impianti spagnoli da 20 MW, cioè di potenza medio-bassa) e occupano una superficie di circa 200 ettari, cioè un rettangolo di 1 x 2 km. Nel caso degli impianti più grandi la torre può arrivare a 250 metri di altezza e la superficie occupata dall'impianto a circa 3,5 km 2.
Rappresentanti industriali del settore continuano ad assicurare che le imprese fremono per poter costruire una dozzina di impianti. Ma davvero non si capisce per quale altro motivo dovrebbero farlo, se non per specularci sopra. Sicché vogliamo essere ottimisti e ci auguriamo che qualcuno faccia un po' di conti, sia dal punto di vista economico, sia da quello del rendimento energetico di questi impianti in Italia, e chiuda il discorso facendo almeno finta di salvaguardare paesaggio e bollette degli italiani.
Ma il solare termodinamico ha sicuramente carte da giocare in altri Paesi, con situazioni climatiche, ambientali e sociali diverse dalle nostre. Come è il caso di tutte le vastissime aree desertiche e aride del nord Africa e del Medio oriente.
Il solare termodinamico Tulipano: l'innovazione alla periferia del mondo
Un caso da segnalare è la vendita in Etiopia del primo impianto commerciale Tulipano, prodotto dalla israeliana Aora.
Si tratta di un piccolo impianto di cogenerazione costituito da una torre alta 30 metri (a forma, appunto, di tulipano) e da soli 30 eliostati (specchi a inseguimento solare) disposti su un'area di circa 2.000 m 2, che concentrano costantemente la radiazione solare su uno speciale ricevitore posto nel "fiore" della torre. L'intero impianto occupa uno spazio di circa 3.500 metri quadrati.
Con questa tecnologia il solare termodinamico fa un piccolo salto di innovazione per almeno due aspetti:
1. contrariamente alle altre tipologie di centrali a concentrazione, il calore del sole non viene usato per produrre vapore che va ad azionare una turbina a gas, ma riscalda direttamente aria (fino a temperature di quasi 1000 °C) che, in pressione, aziona una mini-turbina a ciclo combinato con potenza di 100 kW elettrici e 170 kW termici;
2. È la prima tipologia di centrale solare realmente ibrida: in assenza di sole il funzionamento della mini-turbina può essere garantito da comuni combustibili (gasolio, biodiesel, gas naturale, biogas, GPL) risolvendo così il problema della aleatorietà della generazione elettrica solare.
Inoltre, la mancanza del ciclo a vapore riduce drasticamente i consumi di acqua: considerazione importante in zone aride, dove questo problema è spesso uno dei maggiori da risolvere per il solare termodinamico. Anche la gestione e manutenzione è interamente a carico delle popolazioni locali.
La costruzione del nuovo impianto inizierà nelle prossime settimane per essere completata entro l'anno. Dopodiché l'acquirente (il Ministero etiope dell'Acqua e dell'energia) completerà un periodo di prova, in modo da decidere su "l'acquisto di una serie di altri impianti".
Peraltro va detto che questo etiope è il primo Tulipano commerciale, ma due impianti prototipi sono in esercizio già da anni senza particolari problemi: il primo dall'estate 2009 nel deserto di Arava (Israele) e l'altro dal 2012 nel Solar Science Park di Almeria, in Spagna.
Il Tulipano è stato appositamente progettato per la fornitura di calore ed elettricità a piccole comunità o aziende agricole isolate. Tecnicamente in Italia sarebbe in grado di soddisfare la domanda elettrica e di climatizzazione di circa 30 famiglie, cioè di circa 110 persone. Ma chi conosce la realtà agricola di Paesi come l'Etiopia sa che una centralina come il Tulipano può cambiare radicalmente la vita di 500 e passa persone in zone dove l'elettricità è una delle cose che si sognano la notte. Per questo motivo il solare termodinamico proposta da Aora sta suscitando interesse non solo in Etiopia e in diversi altri Paesi del Sahel e dell'Africa meridionale, ma anche in Asia, e in particolare in India.