Tutti contro James

Creato il 25 luglio 2010 da Basketcaffe @basketcaffe

Le assurde reazioni dei media e dell’opinione pubblica in conseguenza della scelta di LeBron James di raggiungere Dwyane Wade insieme a Chris Bosh a Miami meritano forse una riflessione più approfondita.

Perché si può essere d’accordo sul giudizio negativo della pagliacciata in diretta tv su ESPN, nota anche come “The Decision”, in cui James ha annunciato per quale squadra avrebbe giocato la prossima stagione, però sembra eccessivo il clamore che si è creato intorno alla vicenda. È altrettanto vero che se ti esponi in quel modo, devi poi essere in grado di accettare l’attenzione che ne deriva; questo in effetti non sembra essere un problema per LeBron.

Entrando nello specifico dei giudizi dati dai giornali ed ex giocatori, si può notare un’unanime condanna: sembra che lo “incolpino” di non aver saputo sopportare l’idea di trascorrere un altro anno a Cleveland senza la sicurezza di vincere il titolo e di aver fatta propria l’idea, secondo loro disprezzabile, “se non puoi batterli, unisciti a loro!”, cercando Bosh e Wade (che sono comunque amici con i quali ha sempre parlato della possibilità di giocare insieme).
Questa critica gli è stata mossa tra gli altri da Michael Jordan, Magic Johnson e Charles Barkley.
Tutti però sembrano dimenticare l’ultimo esempio vincente di ottimi giocatori e superstar che si sono uniti per vincere il titolo: i Big Three dei Celtics, ossia Kevin Garnett, Ray Allen e Paul Pierce.

Quello che i detrattori non riconoscono a LeBron è che ci vuole coraggio e umiltà per riconoscere i propri limiti e accettare di rinunciare ad un pezzo della propria immagine e leadership per raggiungere l’obiettivo comune del titolo. I Celtics ci hanno preso gusto e ci sono quasi riusciti anche quest’anno contro i Lakers!
A proposito, che dire dei Lakers? Abbiamo visto tutti l’importanza e il ruolo di Gasol, per non parlare di Odom, quando è al suo meglio, nella vittoria dei Los Angeles Lakers di quest’anno e dell’anno scorso; proprio coloro che erano mancati a Kobe nel 2008. Ok, non saranno superstar della grandezza di Wade, ma a livello di talento, non siamo lontani, eppure nessuno ha gridato allo scandalo quando ci fu la trade nel febbraio del 2008…cioè un po’ sì, ma molto meno.
Uno dei pochi che penso abbia in qualche modo incoraggiato questa scelta è stato Kevin Garnett: al termine dell’ultima partita dei playoff nella serie contro i Cavaliers, durante l’intervista televisiva ha sintetizzato molto bene quello che aveva detto a LeBron nel salutarlo; ossia di pensare attentamente alla scelta che avrebbe fatto, di non preoccuparsi eccessivamente della “lealtà” ad una squadra ma di concentrarsi sul suo futuro e sulla scelta di un luogo dove avrebbe avuto maggiori chance di vittoria. Si poteva leggere nelle parole di KG un rimpianto per non aver lasciato Minnesota prima.

Penso che sia stato questo il ragionamento fatto da LeBron nella scelta della Florida e degli Heat, rinunciando tra le altre cose a possibilità di guadagni inimmaginabili a New York come in altre franchigie. Eppure questo non è stato minimamente messo in luce.
È più comprensibile l’accanimento dei giornali soprattutto newyorchesi per la mancata venuta di LeGone (uno dei tanti soprannomi affibiatigli di recente) dopo tutto il corteggiamento di questi mesi, lo sembra meno quello di ex giocatori che sanno esattamente quanto sia difficile vincere un titolo o saper rinunciare a più soldi o gloria per vincerne uno (vedi tutti quei grandi giocatori che non ci sono mai riusciti, per varie ragioni tra cui anche quelle economiche).

Avrà fatto la scelta migliore?
La risposta a fine stagione.


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