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Tutti i santi Lunedì: Moda. Usi e costumi

Creato il 19 agosto 2013 da Mrs Garrick

Un bel post diDonnadiStrada della settimana scorsa su mode e costumi diversi mi ha fatto pensare molto. Soprattutto visto che un paio di giorni fa mi è capitato di lavorare museo nella sala dedicata all'arte islamica e mediorientale. Tra gli squisiti oggetti in esposizione, testimonianza di una raffinata civiltà, c'è anche una bacheca con tre manichini con costumi femminili. Uno di questi è un burqa. E' esposto come documento storico visto che è del 1850, ma non si direbbe, che tanto poco è cambiato da quelli indossati dalle donne afgane di oggi. Ogni volta che lo vedo non riesco a reprimere un moto di disgusto, non per la sua fattura (per'altro anch'essa bella e raffinata), ma per quello che rappresenta. Non riesco ad immaginare una vita passata là sotto, coperta da quella montagna di tessuto, impossibilitata a muovermi liberamente, a respirare liberamente; costretta a vedere il mondo attraverso una grata di stoffa. Mi sento soffocare al solo pensiero. Da libri come Mille splendidi soli di Khaled Hosseini, in cui la protagosnista Mariam viene lapidata a morte in quello che una volta era (se non ricordo male) uno stadio da calcio, alla dura realtà di persone come Malala Yousafzai, la ragazzina afgana che il 9 ottobre scorso fu gravemente ferita alla testa e al collo da uomini armati saliti a bordo del pullman della scuola su cui le stava viaggiando in quanto solo per aver osato lottare per l'educazione femminile, il burqa è nella mia mente un simbolo di oppressione.

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Non conosco abbastanza la realigione islamica per giudicarne usi e costumi (a dire il vero non credo di conoscere più neppure quella cattolica, in cui fatico sempre più a riconoscermi), ma davanti a quel burqa incombente chiuso nella teca di vetro, penso che - seppure con tutti i problemi odierni- sono molto contenta di essere nata in Occidente e nel XX secolo (che essere donna chesso' nel periodo vittoriano, non era poi tanto diverso in fatto di oppressione...).

Il grande Tiziano Terzani aveva certamente ragione quando ha detto che "dobbiamo smettere di pensare, ma lo dobbiamo smettere nel fondo, che la nostra civiltà sia superiore o che noi abbiamo il monopolio di alcunché, della civiltà, della felicità, del benessere, della dignità delle donne, di tutto. Non abbiamo questo monopolio. Ci sono altre civiltà che la pensano diversamente e che vedono noi come “civiltà del male”, così come noi pensiamo di loro. Quanto ai problemi che ogni civiltà ha, devono essere visti all’interno di quella civiltà. Esempio: il burqa è un problema delle donne afghane. Le donne afghane sono meravigliose — non so se voi conoscete l’organizzazione RAWA (Revolutionary Association Women of Afghanistan) — si pongono i loro problemi e l’idea che noi, perché siamo i più forti, i più potenti, dobbiamo andare a liberare la gente altrui, è una cosa assurda, sacrilega. La libertà ognuno se la deve conquistare per conto suo. Si può aiutare, dare una mano, ma la libertà bisogna conquistarsela da soli. È come scalare le montagne: se si vuol godere di arrivare in cima alla montagna, non è che ci si può mandare un altro, non è che qualcuno ci può portare in cima con un elicottero… Quella montagna bisogna conquistarsela da soli. Se le donne afghane trovano che il burqa sia qualcosa che offende la loro dignità, scaleranno quella montagna, arriveranno in cima e butteranno via il burqa. Non ci devono essere i paracadutisti americani che glielo vanno a togliere."

Vero: non devono essere i paracadutisti americani (o chi per loro) a togliere il burqa alle donne afgane. Ma possono aiutare le donne come Malala a scalare quella montagna.

Tutti i santi Lunedì: Moda. Usi e costumi


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