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Tutti viviamo a scampia

Creato il 19 gennaio 2012 da Andreacusati
  
Grazie a Peppe Iovino, un ragazzo di Napoli con cui ci scambiamo informazioni su internet, vengo a conoscenza di questa sua intervista a Davide Cerullo ex camorrista. L'intervista è stata fatta dalla radio di Peppe: Wrong web radio.
Non avevo mai sentito parlare di Davide e quando comincio ad ascoltare le sue parole ne vengo subito rapito.
L'ora passa in fretta e mi trovo a rimpiangere che sia finita così in fretta.
Chi mi conosce o ha imparato a conoscermi tramite il blog sa che sono sensibile ma che i parolieri non mi piacciono perchè spesso nascondono ipocrisie e falsi scopi dietro a belle frasi. Ma questo video è davvero un'iniezione d'amore e speranza.
Mai banale, mai patetico, mai bigotta e mai finto. Davide ci accompagna in un viaggio attraverso il peggio e il meglio di uno dei quartieri più malfamati di Napoli: Scampia.
Chi pensa sia solo un problema del sud o dei napoletani sbaglia di grosso, primo perchè il problema di una comunità nel mondo domani in qualche modo lo subiranno tutti dato che siamo legati e secondo perchè anche al nord è almeno da 30 anni che le mafie hanno attecchito, anche se in modo più subdolo e strisciante che nel sud Italia.
La razza ariana nordica (di cui sempre più spesso mi vergogno di fare parte) parla spesso coi soliti stereotipi e le solite frasi fatte di chi sa come funziona al sud ma che in realtà non sa un beneamato cazzo.
Una visione ridotta del meridione e del meridionale porta al divide et impera a cui ci spingono sempre con razzismi inutili e controproducenti per noi ma utilissimi a chi tiene in mano il pallino del potere.
II silenzi di molte persone che vivono a Scampia, il loro lasciare che tutto vada avanti così perchè il sistema è troppo forte, la loro paura di parlare, la loro impotenza davanti a una camorra che sembra imbattibile, il loro insegnare ai figli a farsi i cazzi propri perchè la vita questo ti insegna... tutto questo è in fondo lo stesso che avviene nel civilizzato ed elegante nord Italia.
Siamo tutti come molti a Scampia e quindi dovremmo capire dei fratelli e delle sorelle che hanno a che fare con certe realtà difficili da gestire.
Davide oggi fa tanto e cerca di fare di più perchè ha scoperto la gioia di uscire dal guscio e vivere d'amore e d'accordo con gli altri. Questo è un punto a favore della teoria che noi non siamo quello che il sistema ci fa credere di essere ma possiamo essere meglio senza che una legge ce lo imponga. Davide avrebbe potuto uscire dal carcere e continuare ad essere camorrista invece qualcosa dentro di lui è scattato ed ha fatto una scelta diversa.
La povertà porta disagi famigliari. I soldi e il profitto sono sempre il problema, come ricordavo nell'ultimo video.
Chi più chi meno... tutti viviamo a Scampia ogni giorno!
   Andrea Cusati
"Caro Davide,scusami se ho furtivamente introdotto nel tuo libro queste poche righe, ma l'ho fatto per dirti che oggi, come mai prima, sento la necessità, l'urgenza di andare via da Milano.Mi chiamo Nando, ho 19 anni e vivo nel quartiere Niguarda, periferia milanese, con mio padre e mia madre.Vado via perché non voglio accettare un destino per me già segnato.Qui non si fa niente per estirpare la penosa quotidianità disquallide connivenze. La gente parla a bassa voce se deve pronunciare il nome di qualche boss, perché sa che dietro al boss c'è una forza intoccabile, protetta da un consenso sociale. Mio padre mi assicura che “farsi gli affari propri è la cosa migliore per tutti”, quindi o ti adatti o te ne vai. Ma adatarsi significa subire, sotostare, essere schiavi. Sappi chenon solo a Napoli, come molti pensano, ma anche qui da noi circola un detto popolare che impone: “fatti i fatti tuoi”. L'ho sentito un'infinità di volte e non mi piace per niente. Qui, chi esercita il controllo del territorio fa paura, una paura che obbliga alla sottomissione e all'omertà.Che la mafia qui al nord non sia fantascienza lo sanno tutti. Ne parlano i giornali, la televisione, il mondo, ma nessuno vuole affrontare seriamente il problema, anche sapendo che è in gioco il nostro futuro. Il motivo di questo silenzio l'ho capito: non è solo la paura, la violenza, ma è il denaro, il denaro che vale più della vita, della dignità, il denaro che viene prima di tutto.Qui non mi sento tutelato, non mi sento protetto dalle forze dell'ordine. La fame di denaro ostacola il cambiamento e la giustizia sociale. Con il denaro si comprano tutto e tutti, obbligando la gente onesta alla rassegnazione e all'indifferenza, atteggiamenti che favoriscono l'illegalità e l'abuso. Quindi, vado via perché mi sento ostaggio di una mentalità in espansione, che sponsorizza l' illegalità, la corruzione, l'ingiustizia.L'integrazione delle menti criminose è spaventosa, sono in tutto e da per tutto.Sono strozzini che mettono il cappio della disperazione al collo degli imprenditori onesti. Sono loro il nemico che soffoca, che attenta agli ideali, ai sogni, alle speranze di noi giovani. Ma devi sapere che a volte molte imprese sono loro a chiedere protezione alla mafia, ci fanno a pracetto,perche e sempre conveniente avere un mafioso per amico.Qui vivo in una comune rassegnazione, politica, istituzionale, sociale, e sono circondato da una forma di connivenza dilagante che lega indissolubilmente tessuto sociale e criminalità; tanti giovani e persino bambini sono completamente assorbiti dal fascino della delinquenza. Il mio non e pessimismo,ma una onesta visione di ciò che vedo.Qui si premia il boss,il potere e si boccia la vita. Quello che più mi fapaura e che tutto questo diventa ovvio, scontato, per questo vado via.Come vorrei poter credere che passando al contrattacco si possa vincere, che da tutto questo squallore si possa uscire vincitori!Vorrei che qualcuno si decidesse a fare qualcosa, e non parlo per me, ma per il bene di tanti giovani che anche qui, in un angolo del centro nord, sono ostaggio del sistema mafioso.Mi convinco sempre di più caro amico: che la mafia, come la 'ndrangheta e la camorra, riescono ad inserirsi in un contesto sociale e a rimanere nascoste e mimetizzate grazie alla nostra paura.Questo loro lo sanno ed è ciò che li fa sentire al sicuro, protetti.Noi non ci indigniamo e loro si fanno strada, noi abbassiamo la testa e loro la alzano, noi pieghiamo la schiena, e loro camminano dritti e sicuri. La nostra paura è la loro forza.Il nostro silenzio, la nostra rassegnazione garantiscono loro protezione, sicurezza, quella stessa che garantisce per anni ai più pericolosi boss la latitanza nei loro paesi di origine.La paura, l'omertà della gente permette loro di muoversi indisturbati.Qui sono numerosi e si confondono tra la brava gente, andandosene in giro con la cravatta e le tasche piene di soldi, piazzando chili di cocaina.Mentre lo stato dorme loro comandano, la paura prende il sopravvento, qui loro hanno già vinto. Ciao."
Questa storia toccante, drammatica, era scritta su di un foglio stropicciato che qualcuno di nascosto inserì tra le pagine del libro "Ali bruciate" di Davide Cerullo, durante la presentazione tenutasi a Milano il 14 aprile 2011, presso la Facoltà di Scienze Politiche dell''Università Statale di Milano.

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