Qualcuno è stato nelle alture di Pontremoli, quest’estate, in una specie di ritiro mistico e dopo non so quante ore di vapori inalati ha incontrato il suo spirito guida, che poi è un lupo – e non chiedetemi che tipo di vapori ha inalato costui – ed è finita che si è tatuato un lupo sul braccio. C’è chi invece ha trascorso otto dicasi otto giorni a Maiorca passando tutte le sere da una discoteca gay a un’altra con una spesa media di 100 euro a botta tra ingresso e consumazioni ma poi, sul più bello, i dettagli più piccanti li ha confessati nell’orecchio della sua migliore amica lasciandomi così, come un film interrotto prima della scena conclusiva. Mi spiace non saper dirvi di più, non potevo certo approfondire così sui due piedi, un po’ per non sembrare impertinente e ficcanaso e poi perché davvero, erano tante le cose da chiarire e sono rimasto spiazzato, non avrei saputo da dove cominciare. C’è invece chi riesce a pensare alle domande da porre durante la conversazione ascoltando la risposta in corso e sono i veri esperti del dialogo. Io, al contrario, sono tutto preso dalle persone che mi parlano e se mi sforzo di pensare alla domanda successiva perché ho paura, una volta terminata la risposta in corso, di esser costretto a lasciar cadere la conversazione per mancanza di argomenti, finisce che mi perdo la risposta in corso e quando poi me ne rendo conto, verso la fine, vado nel panico. Non sarò l’unico ad avere paura del silenzio, spero. Sopraggiunge infatti quel misto di rammarico nel non aver ascoltato a sufficienza la persona che si stava rivolgendo a me unito all’ansia da prestazione perché, nel frattempo, l’aver pensato a qualcosa da chiedere non ha dato i suoi frutti. I veri intervistatori, passatemi il termine, sono quelli che connettono subito gli spunti alla propria intelligenza e domandano subito altro senza lasciare buchi audio, nemmeno fosse una trasmissione radiofonica come quella volta in cui ero con la mia band a Radio Deejay e c’era lo speaker che stava promuovendo il nostro disco. Poi, prima di lanciare il pezzo, ci sono stati tre secondi di nulla e subito il diretùr, credo il cecchetto del caso ma forse proprio Cecchetto in persona era piombato telefonicamente in regia con un cazziatone da settanta. Il silenzio alla radio è un’offesa a chi investe in pubblicità perché denota scarsa professionalità. Certo, tornando a noi, così facendo far quattro chiacchiere diventa una sofferenza. Suggerisco così un escamotage frutto della mia deformazione professionale. Se avete un incontro galante o volete passare per persone curiose perché la curiosità è una parte dell’intelligenza, portatevi dietro una scaletta di argomenti da trattare in caso di emergenza. Io ho rinunciato. In fondo, davvero, non me ne importa nulla.
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