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"Harold e Maude" è una storia d'amore. Un amore da controcultura, privo di stereotipi, un amore che il nostro mondo definirebbe pazzo, malato, perverso. E' anche una storia di crescita. La crescita di un ragazzo problematico, che si apre al mondo, e trova la gioia in un'arzilla vecchietta. E' un film che riesce a rendere lo scabroso in normale, che definisce una contemplazione estatica (e poetica) della persona amata, che riassume nel suo insieme il trauma e la voglia di vivere. "Harold e Maude" è un saggio di psicologia, oltre ad essere una favola. O, più propriamente, è una favola dark che, in realtà, nasconde un'acuta analisi dell'uomo. Il film parte con una sequenza scioccante: un adolescente che mima (ma lo scopriremo solo in seguito) il suicidio, in qualsiasi modo possibile. Una madre assente-presente, un padre che non si vede. Niente di drammatico, ma solo una riflessione da black-comedy sulla stupidità del gesto. L'incontro, ad un funerale di chicchessia, con una donna anziana, fa partire la vicenda, che è una sorta di "on the road" verso un mondo troppo vicino per essere compreso davvero con lucidità. Il mondo che si chiude nel proprio involucro corporale. "Harold e Maude" fa dell'assenza di normalità il suo concetto chiave, crea un mondo (così come la roulotte della donna) che sfida ogni cognizione di causa e diventa il tramite dell'essenza dei personaggi, avvolti da una miriadi di cianfrusaglie che non trovano ordine, così come la mente di chi via abita, divisa in tanti segmenti difficili da ordinare. Ma "Harold e Maude" è anche un film sull'accettazione del dolore e sulla sua possibilità di tramutarsi in gioia. Una gioia che non ha fine, e che nasconde, sul braccio, un ricordo insostenibile. Hal Hasby dirige Ruth Gordon, splendida donna matura, e Bud Cort. E Cat Stevens crea una partitura musicale che rimarrà nella storia per capacità di adesione al testo.
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