Un agghiacciante articolo sulla prima pagina del New York Times di ieri iniziava così:
«At least 11 states have passed laws this year regulating or restricting abortion, giving opponents of abortion what partisans on both sides of the issue say is an unusually high number of victories».
Quest’anno almeno 11 stati hanno approvato leggi che regolano o restringono l’aborto, dando agli oppositori dell’aborto un numero di vittorie che i sostenitori di entrambi gli schieramenti definiscono come insolitamente alto.
In diversi stati americani l’aborto è stato escluso dalle assicurazioni sanitarie di tutti dipendenti pubblici. Si opta così per l’ipocrisia di stato approdando all’aborto d’oro, per cui abortiscono in condizioni sicure solo le donne che se le possono permettere (il costo di un aborto negli Stati Uniti varia dai 300 ai 500 dollari). Questo accade, per esempio, in Mississipi. In Oklahoma, invece, il medico dovrà rispondere a 38 domande dopo ogni singolo intervento. In Nebraska sono stati vietati tutti gli aborti dopo la 20 settimana. Nelle cliniche del Tennessee dovranno essere affissi cartelli che chiariscano che è illegale spingere una donna all’aborto. Pare che spostare la battaglia politica a livello dei singoli stati possa portare molti più risultati di Washington.
Mary Spaulding Balch, direttrice del National Right to Life Committee, dice di sentire attorno a sé un clima molto più amichevole. E ha ragione.
Ma tra queste nuove vittorie anti-abortiste, la più feroce è in Oklahoma: appena prima di sottoporsi all’intervento, le donne saranno obbligate ad ascoltare una dettagliata descrizione del feto e a vederne una ecografia. Per ora, possono ancora chiudere gli occhi.