Può un disco diventare una pietra miliare per ragioni diverse dalla qualità del suo contenuto musicale?
La domanda sorge spontanea quando ci si accosta a questo doppio album dei Pink Floyd del 1969, la cui parte live fu registrata tra Birmingham e Manchester, e quella in studio a Londra, ad Abbey Road.
Se a livello più generale pensiamo alla centralità storica del movimento punk, al suo preciso messaggio di rottura del modello musicale classico, progressive e sinfonico su cui si abbatté come una scure senza lasciar traccia di capolavori immortali, la risposta è sì.
Sì, perchè se è vero che un disco è musica, è altrettanto vero (e non meno importante) che esso è anche forma, linguaggio che prescinde dai suoni, metalinguaggio. In questo senso, Ummugumma è un'isola con peculiarità tutte sue nell'universo della grammatica del disco.
Mi verrebbe voglia, per esser coerente con le premesse, di tralasciare giudizi sui contenuti musicali dell'opera e limitarmi alla sua struttura formale. Questo però non renderebbe giustizia alla bontà intrinseca di alcuni brani, soprattutto quelli dal vivo. Spenderò dunque qualche parola anche su questo.
Il primo disco contiene due brani live per facciata: Astronomy Domine e Careful With That Axe, Eugene sul primo lato, Set the Controls for the Heart of the Sun e Saucerful of Secrets sul secondo.
Astronomy Domine fu composta quando Syd Barrett faceva ancora parte del gruppo. La versione live in Ummugumma è splendida per l'atmosfera catturata: sembra quasi di vedere gli sguardi assorti e l'ascolto silenzioso del pubblico mentre il volo lisergico dell'astronave floydiana prosegue oltre i confini del nostro sistema solare.
Careful with that axe, Eugene - che diventerà la colonna sonora di Zabriskie Point col nome di Come in number 51, Your time is up - ha un basso minimale ed un organo ipnotico, entrambi prodromici al famoso urlo folle e liberatorio di Roger Waters: una struttura musicale che assomiglia molto al paradigma della scena madre di un film giallo.
Set the Controls for the Heart of the Sun, letteralmente Regolate i Comandi per il cuore del Sole, ha nello stesso tempo il sapore della fantascienza e delle vigne assolate. I tamburi di Mason ed il cantato di Waters sul registro del sussurro, si innestano sull'arabesco del flauto per poi aumentare di velocità, mettendo l'ascoltatore sullo scomodo orlo di un cratere e lasciandolo lì da solo per alcuni secondi tra effetti elettronici che toccano tutte le gamme degli acuti, prima di tornare a riprenderselo, esausto e fuori di sè, per poi lentamente risvegliarlo una volta riportato al punto da cui era partito.
Saucerful of Secrets si muove su un territorio alieno, ostile, psichedelico fino al midollo, in un crescendo parossistico che conduce ad una figura di batteria ripetuta fino all'ossessione tra schiamazzi elettronici e piatti di batteria luccicanti sullo sfondo. Poi tutto si placa, un po' come fa la mente umana dopo un convulso avvitamento parossistico. Il pensiero si fa ordinato con un organo scolastico ed una voce elegiaca che sembrano disegnare il nuovo modello della Pietas per la società post-industriale.
Ma è alla struttura del disco che voglio tornare. Alla sua grammatica ed alla sua sintassi.
Ummugumma è un disco cubista. Anzi, è il primo ed unico disco cubista della storia del Rock.
La copertina, davvero leggendaria, in cui lo specchio riflette un' immagine diversa da quella che realisticamente dovrebbe, ha un significato di profonda rottura con gli elementi prospettici e naturalistici alla stessa maniera di Picasso e di Braque nella pittura di inizio secolo scorso, quando fu appunto rinnegato il modello classico di rappresentazione secondo cui ogni cosa veniva guardata solo dalla posizione frontale dello spettatore. Da quel momento l'oggetto fu definitivamente scomposto e lo spettatore si trovò ad essere mobile e libero di disegnare un cammino circolare intorno all'opera.
Da questo punto di vista la copertina di Ummagumma è una potentissima introduzione visiva alla struttura del disco in sé, alla sua grammatica cubista. Per la prima volta il Rock ci consegna un'opera in cui lo l'ascoltatore è presente al concerto di un gruppo e nello stesso tempo può ascoltare i quattro musicisti singolarmente, da quattro diverse angolazioni ed altrettante messe a fuoco. Il secondo disco infatti contiene quattro composizioni, ciascuna con la firma esclusiva di ogni singolo musicista. L'unica eccezione è Roger Waters che presenta due brani: Grantchester Meadows e Several Species of Small Furry Animals Gathered Together in a Cave and Grooving with a Pict. La prima è una ballata fredda ed evocativa, dalla struttura particolarmente semplice. La seconda, un esperimento in perfetto stile Waters in cui viene esasperato il tema delle sonorità disturbanti.
I brani di Gilmour, Wright e Mason non sono degni di nota. Il chitarrista ha sì buone dote armoniche e senso della musica innato, senz'altro superiori a quelle di Roger Waters. Di Waters però non ha la potenza espressiva e soprattutto la vena creativa. Wright non è un buon compositore bensì un eccellente arrangiatore di parti pianistiche ed organistiche. La sua Sysyphus pertanto, così ricercata al limite dell'orpellistico, non gli appartiene e non entusiasma. Anche Nick Mason, con la sua Grand Vizier's Garden Party, lascia il tempo che trova e rimpolpa l'assioma secondo cui la vera anima compositiva del gruppo dopo la dipartita di Syd Barrett, è solo e soltanto Waters.
Eppure, le due facciate del secondo disco ci permettono di guardare dentro l'anima di ciascuno di questi quattro individui e ci dotano di una straordinaria chiave di lettura del gruppo Pink Floyd che nessun album prospettico e naturalistico ci avrebbe mai potuto fornire.
Nessun'altra band si è mai messa così tanto a nudo come nell'esperimento cubista di Ummagumma. Lo hanno fatto paradossalmente proprio i Pink Floyd, intorno ai quali la caratteristica della riservatezza è diventata leggenda.