Il 3 ottobre prossimo uscirà Metals, il quinto album della cantautrice canadese Leslie Feist, abbastanza famosa per essere una del circuito indie e da me conosciuta quando ho ascoltao questa stupenda canzone, in origine scritta e cantata da Vashti Bunyan. Feist ha una voce soul ma in qualche modo soffice, capace di giocare su toni leggeri e scherzosi, con echi nemmeno troppo lontani di musica latino americana, come in questo caso, o di asciugare fino all'essenza l'emozione e la struttura dei suoi pezzi con vaghe reminscenze jazz. Con Metals, però, che ho ascoltato oggi in streaming a questo indirizzo, sembra aver aggiunto qualcosa alla sua musica (o magari tolto: lo si capirà meglio dopo qualche ascolto), raggiungendo una dimensione pop più accattivante e in grado di riempire maggiormente il suono delle sue canzoni. Sembra insomma che Feist non si sia accontata della propria voce e abbia cercato di puntellarla e appesantirla, magari sperando di liberarla dal minimalismo introspettivo dell'indie in favore di qualcosa di maggior respiro. L'album è bello e piacevole, ma sembra soffrire di ciò che di superfluo ha dentro. Tutto il contrario di quello che fa Bjork con Biophilia, che prosegue lungo la strada della scarnificazione per puntare dritto all'essenza della sua musica (o della musica in generale): un'operazione che viene dal precedente e inascoltabile Volta, per cui uno può legittimamente pensare cheduecoglionistaroba: ma dopo qualche ascolto il gioco comincia a funzionare lasciando tracce profonde e un senso di ipnosi che stordisce e cattura.
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Il 3 ottobre prossimo uscirà Metals, il quinto album della cantautrice canadese Leslie Feist, abbastanza famosa per essere una del circuito indie e da me conosciuta quando ho ascoltao questa stupenda canzone, in origine scritta e cantata da Vashti Bunyan. Feist ha una voce soul ma in qualche modo soffice, capace di giocare su toni leggeri e scherzosi, con echi nemmeno troppo lontani di musica latino americana, come in questo caso, o di asciugare fino all'essenza l'emozione e la struttura dei suoi pezzi con vaghe reminscenze jazz. Con Metals, però, che ho ascoltato oggi in streaming a questo indirizzo, sembra aver aggiunto qualcosa alla sua musica (o magari tolto: lo si capirà meglio dopo qualche ascolto), raggiungendo una dimensione pop più accattivante e in grado di riempire maggiormente il suono delle sue canzoni. Sembra insomma che Feist non si sia accontata della propria voce e abbia cercato di puntellarla e appesantirla, magari sperando di liberarla dal minimalismo introspettivo dell'indie in favore di qualcosa di maggior respiro. L'album è bello e piacevole, ma sembra soffrire di ciò che di superfluo ha dentro. Tutto il contrario di quello che fa Bjork con Biophilia, che prosegue lungo la strada della scarnificazione per puntare dritto all'essenza della sua musica (o della musica in generale): un'operazione che viene dal precedente e inascoltabile Volta, per cui uno può legittimamente pensare cheduecoglionistaroba: ma dopo qualche ascolto il gioco comincia a funzionare lasciando tracce profonde e un senso di ipnosi che stordisce e cattura.
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