Un’altra azienda gloriosa italiana sta per chiudere per sempre i battenti: Seat Pagine Gialle.
Il 5 febbraio è stata depositata al Tribunale di Milano la richiesta di concordato preventivo e non saranno pagate, nei prossimi giorni, le rate delle obbligazioni e dei finanziamenti in corso, in base al principio della parità dei creditori. Insomma, il CDA dell’azienda ha deciso di tirare i remi in barca e di chiudere bottega. Una decisione molto grave e che segnala, ancora una volta, la nostra debolezza strutturale e la nostra incapacità di innovare e stare al passo con i tempi.
Il fatto è che Seat Pagine Gialle era un’azienda perfetta, una gallina dalle uova d’oro. E questa è stata la sua prima rovina: dopo la vendita da parte della Telecom, è passata di mano in mano, e tutti gli acquirenti hanno fatto una cosa molto furba (per loro) e drammatica per la società: l’hanno acquistata a debito e una volta preso il controllo, hanno proceduto alla fusione tra il veicolo che si era indebitato per l’acquisto e SEAT stessa. In pratica tutti si sono divertiti a comprare SEAT con i soldi di SEAT. Ovviamente questo giochetto ha funzionato solo fino a quando c’è stato cash flow sufficiente al servizio del debito. Poi il giocattolo si è rotto.
La grande forza di SEAT era la sua immensa rete vendita, i suoi contatti con tutti gli esercizi commerciali italiani che, in un modo o nell’altro, contribuivano con gli acquisti di pubbicità sugli elenchi a sostenere l’azienda e a farle fare grandi profitti. Poi è arrivato internet: una opportunità di grandi profitti che poteva essere sfruttata meglio di come è stato fatto. Molto meglio.
Intendiamoci, Pagine Gialle ha avuto da subito la buona idea di vendere spazi su internet ai commercianti italiani. Ma è stato fatto in una maniera disastrosa. La presenza online, venduta alle aziende a carissimo prezzo, non garantiva assolutamente nessun tipo di visibilità.
Il ROI sugli investimenti in pubblicità online con SEAT era praticamente nullo: nessun attenzione agli aspetti SEO (posizionamento sui motori di ricerca), nessuna concreta possibilità di promozione sui social network, nessun vantaggio economico diretto o indiretto per le imprese che investivano, nemmeno in termini di branding.
Ecco perché quella che poteva essere una grandissima opportunità è diventato un macigno che ha pesato sui conti: perché le piccole aziende, già vessate dalla crisi e da un fisco rapace e iniquo, quando hanno dovuto tagliare hanno tagliato proprio gli investimenti che non avevano ritorno. E SEAT si è trovata a dover portare i libri in tribunale.