Certo, direte voi, però a 38 anni è logico non aspettarsi più le giocate di 10 anni fa. E invece sta emergendo con una rinnovata forza e convinzione in questa sua probabile ultima grande possibilità di guadagnarsi un anello NBA. A partire dalla Regular Season: la sua è stata la solita solida stagione, tra tiri decisivi, assist geniali e una visione di gioco di costante alto livello. Qualche numero in meno nelle statistiche rispetto agli anni precedenti, questo è vero, ma tanta qualità.
Dallas lo sta aiutando molto. Se chiedessimo di lui ad Arrigo Sacchi, risponderebbe: “Questo giocatore ha una grandissima umilté“. Negli ultimi tempi Kidd infatti ha fatto diverse sessioni intensive di allenamento con Dirk Nowitzki, che gli ha rivelato alcune utili tecniche di tiro. Un grande insegnamento a partire dal livello umano, un uomo che alla sua età (sportivamente parlando) ancora non vuole smettere di migliorarsi.
I risultati sono davanti agli occhi di tutti: Kidd è uno degli ispiratori dei Mavs, ai playoff sta giocando ad un livello elevatissimo, forse oltre le aspettative: nelle prime due partite contro Portland ha davvero scombinato i piani difensivi dei Blazers, dimostrandosi l’arma in più di coach Rick Carlisle. Inoltre l’esperienza è tutta dalla sua parte, il che gli consente di essere ancora più lucido e di dare maggiori garanzie nei momenti chiave rispetto a molti altri giocatori. Un esempio? Basti pensare al finale di Gara 3, in cui il suo tiro da 3 (poi dubbiosamente declassificato a due) aveva riacceso le possibilità di vittoria dei Mavs.
Kidd non ha nessuna intenzione di ritirarsi, nonostante le voci circolate in proposito in caso del temuto lockout. Ma il giocatore la settimana scorsa ha smentito: “Ho un altro anno di contratto. Perché non dovrei esserci l’anno prossimo? Mi sto divertendo!”
A margine, a chi gli chiede a chi darebbe il titolo di MVP ha risposto: “Il premio se lo merita Derrick Rose per tutto quello che ha fatto con i Chicago Bulls in questa annata piena di infortuni“.