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A molti di voi potrebbe stranire quello che sto per dire: io almeno una volta al mese mi leggo la costituzione, mi ricorda l'infanzia quando per farmi dormire mia madre mi raccontava una fiaba.
Quesito: la Costituzione è la legge fondamentale e fondativa dello Stato italiano o una favola per bambini? Qui sotto riporto i cinque articoli più significati che parlano esplicitamente di lavoro e diritti.
Art.1
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
Art.4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Art.35
La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori.
Art.36
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
Art.39
L'organizzazione sindacale è libera
Posso tradurlo così?
L'Italia è una repubblica democratica, fondata sulla precarietà che garantisce il diritto del ricatto. Riconosce il diritto ad essere sfruttati e promuove la guerra tra poveri. Tutela gli interessi economici e giuridici dell'impresa e viola le più elementari misure di sicurezza. Le imprese hanno il diritto di aumentare i profitti a scapito dei lavoratori, che più poveri sono, più sono obbligati a tenere la testa china. L'organizzazione sindacale è libera se dà ragione al padrone.
Ora penso che solo uno stupido può non accorgersi della gigantesca crisi sociale e politica in cui ci siamo abbattuti e solo un fesso può non avere la volontà di sovvertire l'attuale stato di cose presente. Io non voglio essere nè stupido, nè fesso, e tu?
I dati Istat, ossia un quadro più generoso della realtà, indicano una disoccupazione vicina al 10%. Ma i giovani, la generazione più colpita dalla precarietà, hanno una disoccupazione del 30%: vuol dire che un giovane su tre è disoccupato. Il dato non è omogeneo, ma colpisce maggiormente il meridione e le donne. Ma il dramma è ancora peggiore. Perchè se è vero che 1 giovane su 3 è disoccupato, è altrochè vero che il 90% di quelli che lavorano spesso hanno contratti par time, a giornata, stagionali e spesso e volentieri sottopagati e sottoricatto continuo, in poche parole non hanno la stabilità economica e hanno un incubo che si aggira per la testa, un incubo chiamato futuro.
Questa è la condizione giovanile sorretta, al limite dell'umano dai sacrifici decennali di genitori che hanno sapientemente fatto salti mortali per risparmiare. Dunque, cosa c'è da festeggiare?
Ma la situazione a Torino, la città operaia, qual è?
Pochi giorni dopo il referendum di Pomigliano scrissi l'articolo "Uniti siamo tutto, divisi siam canaglia". Non si è mossa una foglia, anzi. Il tutto è ulteriormente peggiorato. Come giovanile abbiamo speso tutto noi stessi nei presidi operai, soprattutto in Fiat, New Holland, Iveco e indotto. E' stato un lavoro duro, che però non ha portato grandi risultati politici. Al referendum di Mirafiori abbiamo sfiorato l'impresa del dire NO al ricatto di Marchionne.
Referendum vinto solo grazie ai colletti bianchi che in fabbrica non ci lavorano. Ma abbiamo il coraggio di guardare lo sviluppo nel post-referendum? L'unità c'è stata, ma contro i lavoratori. La destra si è espressamente schierata contro gli operai, ma la sinistra? Il Partito Democratico e il suo candidato sindaco Fassino, sono appoggiati dalla borghesia e da personaggi come De Benedetti, amministratore delegato della Fiat negli anni '70 e ora presidente del gruppo editoriale Espresso. Piero Fassino, ex comunista del PCI, negli anni '80 era, insieme a Berlinguer, a Mirafiori con gli operai; nel 2011 da buon capitalista sta con Marchionne e prima del referendum si schierò così: "Se fossi un operaio voterei sì al referendum (ricatto) sull'accordo Mirafiori". Non è un caso che il Partito Democratico per le comunali di Torino abbia deciso di non candidare neanche un operaio.
L'unità dunque c'è stata: contro i lavoratori. I comunisti, a Torino, sono gli unici che si sono opposti a Marchionne e a Fassino, lottando davanti ai cancelli di Mirafiori prima, e candidando Bossuto ora, ma è isolata. Perchè la sinistra, quella delle poltrone, non ha il coraggio di opporsi al sistema capitalistico. Tutt'altro. Ne è complice.
Ma veniamo a noi, ossia la resistenza a questo stato di cose. Se il sistema e i potenti conquistano tutte queste battaglie è perchè non siamo in grado di reggere lo scontro. Se è vero che il nostro nemico è forte, tenace e sa quello che vuole, ossia distruggere e limitare tutte le conquiste dei lavoratori per ottenere più guadagno, è d'altraparte vero che noi gli rendiamo la partita troppo facile. Le divisioni della sinistra anticapitalista e dei comunisti in Italia sono una barzelletta, non lo dice Fazio su Rai3, lo dicono i compagni. La storia stessa di Rifondazione Comunista parla di 13 scissioni in 20 anni.
Tutti parlano di unità. Unità delle sinistre, unità dei comunisti, unità delle lotte, unità della sinistra anticapitalista; in realtà tutte queste scissioni sono figlie di un problema pare irrisolto: l'incapacità di stare uniti in un solo partito. Diliberto, Vendola, Turigliatto, Rizzo, Ferrando sono tutti usciti da Rifondazione Comunista, il problema è però ancora più radicato. Nonostante viviamo in un partito svuotato (persi 2/3 degli iscritti in 15 anni), si sta tentando di riunificare alcune anime nella Federazione della Sinistra, ma l'unico comune denominatore con il passato è sempre lo stesso: inutili e dannose lotte interne. Quasi totalmente scomparsi dalle istituzioni, troppo poco efficaci nelle lotte, perdita costante del radicamento sul territorio, incapaci di lottare uniti. Da questo nostro incubo, che corrisponde ad un paradiso per i capitalisti, potremmo risvegliarci solo riscoprendoci compagni, non nelle chiacchiere ma nei fatti. Se è vero che il nostro simbolo è il pugno chiuso, ripartiamo dal suo significato, torniamo a fare i comunisti. Il Pugno è il simbolo di unità e di solidarietà, come risultato di dita ciascuna delle quali deboli che si uniscono per creare qualcosa di potente. Le dita sono state interpretate anche come rappresentazione delle divisioni nel movimento operaio che, una volta superate con lo studio e la lotta, creano tutte insieme uno strumento forte e potente come un pugno. Non abbiamo più questo strumento. L'abbiamo perduto politicamente, ma soprattutto umanamente. Ogni scusa, ogni lotta
è giustificata per la conquista dell'ultima poltrona, che passa dall'assessorato ad una seggiola in circoscrizione, da un posto in segreteria o al più ridicolo e poco significante ruolo dirigenziale o al più semplice attacco causato da antipatie personali. Nonostante siamo quasi estinti, molte delle nostre poche forze si sprecano in continui attacchi interni. Torino in questo ne è un ottimo esempio di cosa debbano fare i comunisti per sparire definitivamente dalla politica. Cercare ed attaccare i nemici immaginari nel partito, piuttosto che dedicarsi al nemico: il capitalismo e il sistema.
"Il Partito è un uragano denso di voci flebili e sottili e alle sue raffiche crollano i fortilizi del nemico. La sciagura è sull'uomo solitario, la sciagura è nell'uomo quando è solo. L'uomo solo non è un invincibile guerriero. Di lui ha ragione il più forte anche da solo, hanno ragione i deboli se si mettono in due. Ma quando dentro il Partito si uniscono i deboli di tutta la terra arrenditi, nemico, muori e giaci." (Majakovskij)
Probabilmente vedrete la scelta di non partecipare alla festa semplicemente come una provocazione e forse lo è realmente. Ma non ho veramente nulla da festeggiare. Sono un giovane operaio, spesso dell'indotto Fiat, che non ha futuro, ma una sola certezza: l'ingiustizia sociale del mio paese. I pensieri in testa sono sempre i soliti. La speranza di lavorare, la fatidica chiamata per una sostituzione o per un picco di lavoro sempre più raro. E quella preoccupazione latente, quel gesto rinunciatario e finale che molte persone oneste sono costrette a fare per cercare l'eterna libertà dalla vita. Figlio come tanti della solitudine sociale. Majakovskij nella sua bellissima poesia "Il partito" diceva che il partito ha milione di spalle vicine le une alle altre. In questi anni ho tristemente constatato che, tranne rari e ottimi compagni, non è così. Coesione, fratellanza, solidarietà, unità? No.
Mi spiace Majakovskij, il partito tradisce. Chissà, magari fra qualche anno molti concluderanno la propria vita proprio come hai fatto tu!
Ci sono molti modi di uccidere. Si può infilare un coltello nella pancia, togliergli il pane, non guarirlo da una malattia, ficcarlo in una casa inabitabile,massacrarlo di lavoro, spingerlo al suicidio, farlo andare in guerra, ecc. Solo pochi di questi modi sono proibiti nel nostro Stato. (Bertold Brecht)
Con l'estinzione del lavoro sicuro e stabile, svanisce la necessaria possibilità di crescita individuale. Una società basata sul precariato può solo essere immobile e instabile. Soltanto la disorganizzazione politica e rivoluzionaria e la cruente guerra tra poveri blocca una ribellione, anche violenta, che ha necessità di esistere ora per liberare il nostro futuro. I Giovani Comunisti Torino 2.0 sono, come ben sapete, duri a perdere.
Pronti a tutto, fino all'ultimo respiro.
Salutari Andrea
Coordinatore provinciale Giovani Comunisti Torino 2.0
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