Nel 2014 si celebra il centenario dalla nascita di Romain Gary e di Marguerite Duras : il primo ha posto un bel sassolino bianco nella mia personale classifica libraria con La vita davanti a sé; l’altra è la celeberrima scrittrice e regista, autrice de L’amante o di Moderato Cantabile. E in questa grande compagnia -nato nello stesso anno, intendo- uno scrittore che, mea culpa, non conoscevo: Julio Cortàzar.
Poche note biografiche per descrivere un uomo interessante, sigaretta all’angolo della bocca, affascinante come un attore di un film in bianco e nero, un uomo profondamente libero e in perenne guerra contro i luoghi comuni: nato a Bruxelles, insegnante nella provincia argentina, il suo antiperonismo lo porta a rifiutare una cattedra universitaria. Si trasferisce poi a Parigi (prendendo la nazionalità francese), dove resterà fino alla fine della sua breve vita interrotta da una leucemia.
Ammetto la mia ignoranza totale, ma la vera scoperta è stata leggere il suo Un certo Lucas. Si tratta di racconti e micro racconti, quindi, a rigore, letteratura del secolo scorso. Un po’ datata, insomma. E invece, invece… avete presente quei giocolieri che fanno delle enormi bolle con una corda e dell’acqua saponata? Ognuno di questi racconti, in bilico tra la farsa, la satira sociale e un umorismo visionario, attinge al fantastico, ma un fantastico quotidiano, banale, dove regna una realtà trasformata,quasi allucinata.
Una vertigine, una brusca irrealtà. È allora che l’altra, la realtà ignorata, nascosta, gli salta come un rospo in mezzo alla faccia, diciamo in mezzo alla strada (ma quale strada?) una mattina d’agosto a Marsiglia.
Da Lucas, i suoi ospedali (II)
Leggendolo, fin dall’inizio, sono stata catturata da una fascinazione strana, quasi magica. Lucas si aggira nel mondo come un novello Bertoldo, folle e saggio, e saggio perché folle: attorno a lui pare che la realtà, le convinzioni, i luoghi comuni mostrino le crepe nascoste e poi si sgretolino.
Le parole semplici, i fatti non eclatanti, ma il suo senso dell’humour sottile, mai sguaiato, e la sua capacità di osservazione della gente e delle attività quotidiane si fondono ad un senso drammatico dell’esistenza. I suoi racconti brevissimi, rompendo i vincoli di tempo e spazio come ostacoli ingombranti, narrano i problemi dell’uomo contemporaneo come se fossero pezzi di Lego smembrati e riassemblati poi con un leggero divertimento triste. Come a dire, provateci voi, ora, a rimettere tutto com’era.
Difficile dire tra i tanti racconti, divisi in tre parti più un’appendice in meno di duecento pagine, quale mi abbia più colpita, forse quello sui pesciolini d’oro, Un piccolo paradiso, per il sarcasmo e la sua attualità e che è richiamato nella bella copertina.
Ma è stata una riflessione malinconica ad impressionarmi:
Dopo i cinquant’anni cominciamo a morire a poco a poco in altre morti. I grandi maghi, gli sciamani della gioventù se ne vanno uno dopo l’altro. A volte non pensavamo più tanto a loro, erano rimasti indietro nella storia; […] arriva il giorno in cui il primo di loro invade orribilmente i giornali e la radio. Forse ci metteremo un po’ a renderci conto che quel giorno è cominciata anche la nostra morte.
Il titolo recita: Ridendo e scherzando sono già sei.
Un certo Lucas, Julio Cortàzar – Edizioni Sur, trad. Ilide Carmignani – pagg.196, 15 euro