Mirabile fu quell’appassionante dibattito, durato un batter di ciglia e datato ormai, prima dell’inizio di questa estate.
Al calar della quiete, dopo l’inatteso scontro quasi fisico – nun finiu a lignati, ma comunqui a schifiu – oltre il limite del regolamento, che condusse l’arbitro, in quel luogo chiamato Presidente, a sospendere i giochi. Stranamente, e dopo lunghi anni, il Consesso Civico, meglio conosciuto come “u cunsighiu cumunali“, fu teatro del più appassionato, interessante e profondo dibattito politico, almeno da quando le sedute si svolgono nella nuova “Sala Consiliare”.
Due posizioni politiche, argomentate, si contrapponevano in una vivace ma pacata contesa, estremamente pregnante di significati.
L’una, per conto della maggioranza, espressa dal consigliere Salvatore Miano, e l’altra in rappresentanza dell’opposizione, sciorinata dalle parole del capogruppo Pietro Savarino.
La seduta era quella sull’IMU, Savarino, colorito nel suo esprimersi, denso di artifici retorici, evidenziava la necessità, in considerazione della “dilagante crisi”, di abbattere le aliquote, fino al punto di dimezzarle, anche a costo di ridurre al lumicino le spese, avendo individuato “fior di sprechi”. Dall’altra, con una soave ed immensa tranquillità, capace comunque di attirare l’interesse dei pochi, ma buoni, presenti, con un andamento musicale tipico della sua storia, Miano, di tutt’altro avviso, proponeva l’esigenza di mantenere la tassazione al livello attuale, in modo da garantire quei servizi di rilevanza sociale, essenziali non solo per la comunità in quanto tale, ma soprattutto nella prospettiva che, grazie alla presenza di questi servizi, il nostro Comune potesse diventare un centro di attrazione per le comunità limitrofi.
Un raro esempio di poesia nella politica.
La tematica era, ed è, talmente importante, che avrebbe potuto e dovuto coinvolgere l’intera città, però, proprio perchè troppo “vitale”, la politica decise di non parlarne più, tutto ebbe fine in quello sparuto scambio di battute. Dell’altro pensò a superare il tema del dibattito e mettere tutti d’accordo: le costanti riduzioni dei trasferimenti di Stato e Regione, per cui, tassazione alta e servizi essenziali.
Però il dibattito deve proseguire, anzi deve proprio iniziare.
A quanto pare ci siamo.
Tutto ruota attorno ad un detto tutto siciliano: non possiamo pretendere contemporaneamente, “a utti cina” e la moglie ubriaca, occorre fare delle scelte, stabilire delle priorità. Queste scelte non possono essere discusse da un gruppo sparuto di “eletti canicattinesi”, ma riguardare tutti, tutti 7000, o quanti siamo di preciso.
Il punto è: vale la pena distribuire molliche di pane, a pioggia, perchè di briciole si tratta, e tutte insieme fanno comunque un pane di casa, (qualcuno, si dice – voci di popolo – si gode anche il mezzo pane, tutto da solo ) oppure è il momento di inventarsi nuovi sistemi per gestire i nostri interessi?
Le scelte vanno fatte, e queste spettano a chi è stato dai cittadini indicato per assumerle, ma la discussione non possiamo che farla noi cittadini. E se il canicattinese è un pigrone nato, mettiamola così, in modo da non offendere nessuno, si impone un obbligo superiore alla nostra Amministrazione, proprio perchè questo è il compito principale dell’istituzione, quello di coinvolgere i cittadini. Se al cittadino non interessa nulla, e l’Amministrazione è disinteressata a tale distacco, qual è la novità della proposta politica? Non bastano le parole per essere “nuovi”. I fatti parlano di un “Consiglio Comunale aperto”, ed è importantissimo, ma rappresenta una “sfilazzedda”, qui ci serve di aprire proprio il portone, “spalancarlo”.
Oggi il problema principale, sul quale dobbiamo concentrare tutti i nostri sforzi, è quello di conciliare ed uniformare gli interessi dei rappresentati con quelli dei rappresentanti, che a quanto pare sono distanti anni luce, e questo si può fare solo discutendo, anche in un Consiglio Comunale aperto.
Però, questo non significa stare dalla parte del Sindaco o dell’Amministrazione, vuol dire essere cittadini: fare gli interessi della città.
Non ci aiuta la politica della “contrapposizione”, ma neppure quella del “lecchinaggio”, entrambe ci rendono soltanto schiavi e portatori di interessi personali, in forma individuale ed associata.
Allora tutti al Consiglio Comunale, per “discutere dei nostri interessi”.
Paolo Giardina
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