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Un divertimento infernale – intervista a Tito Faraci e Silvia Ziche

Creato il 12 dicembre 2014 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

e non hanno bisogno di presentazioni: entrambi al lavoro nel mondo del fumetto umoristico (e non solo) italiano da circa vent’anni, hanno spesso avuto occasione di lavorare insieme, soprattutto per alcune memorabili storie Disney.
Nel 1999, quando la loro collaborazione non era ancora così consolidata, uscì una breve storia a fumetti one-shot, originale e creata dalle menti dei due autori: si intitolava ¡Infierno! ed aveva la particolarità di essere completamente muta, basandosi così moltissimo sull’espressività dei personaggi e la capacità di farli recitare della Ziche.

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Oggi i due autori tornano a lavorare insieme per firmare a quattro mani un seguito di quell’avventura, e il motivo emerge dalla conferenza di presentazione del volume, avvenuta nella Sala Tobino di Palazzo Ducale venerdì 31 ottobre, nell’ambito di Lucca Comics and Games 2014, dove il libro ha esordito: i due si sono divertiti tantissimo a rimettere mano a quella storia, a quei personaggi.
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Faraci stesso sottolinea come una delle cose che all’uscita del primo ¡Infierno! lo disturbava di più era la gente che gli chiedeva che ruolo avesse avuto in quel lavoro, visto che di dialoghi non ce ne erano. Oggi, con un esperimento identico, la situazione pare essere diversa, sintomo di come si sia allargata la cultura del fumetto.
Sempre dalla presentazione si evince come ¡Infierno! 2 sia figlio del suo tempo: così, mentre alla fine dello scorso millennio il confronto tra sceneggiatore e disegnatrice avveniva tramite fax, ora la tecnologia (nello specifico Whatsapp, il popolare servizio di messaggistica istantanea) ha permesso ai due autori di ammazzare i tempi morti e di avere riscontri immediati sul reciproco lavoro.

Interessanti anche le situazioni di vita dei due autori durante la stesura del libro: mentre Faraci era in un periodo di vacanza (funestato però successivamente da un piccolo infortunio alla gamba), Silvia Ziche era nel bel mezzo di un trasloco che ha reso quei mesi a dir poco frenetici.

È stata poi posta una domanda alla Ziche, basata sul fatto che abbia dovuto disegnare una donna sexy all’interno di ¡Infierno! 2, cosa non comune per il tratto comico della fumettista, ma l’autrice di Lucrezia ha sostenuto che, pur essendo una figura femminile distante dai suoi modelli, è riuscita a farla sua dandole l’impronta da femme fatale che la storia richiedeva.
Infine è stato evidenziato come questa nuova fatica sia nata da un lavoro di squadra nel senso più puro del termine, dove i due autori si confrontavano continuamente e si venivano incontro in determinati passaggi che potevano creare delle criticità.

INTERVISTA A TITO FARACI E SILVIA ZICHE

Nella settimana successiva a Lucca Comics, ho contattato Tito Faraci e Silvia Ziche per fare loro qualche altra domanda su ¡Infierno! 2.

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Perché avete sentito l’esigenza di realizzare una nuova storia di ¡Infierno!? È stata una cosa nata da voi o proposta da Rizzoli-Lizard?
Tito: La voglia c’era da quindici anni. Ed è cresciuta, mentre il primo ¡Infierno! diventava una sorta di culto. Ci mancavano le condizioni e l’editore giusto, al momento giusto. Finché non è arrivata la Lizard. E un grosso ringraziamento va a Simone Romani, che la dirige. Editore e amico.
Silvia: Ci pensavamo da anni. Ma, presi come siamo dagli impegni di lavoro, avevamo giocato con l’idea, ogni tanto la ritiravamo fuori, e poi ci immergevamo di nuovo nella routine degli impegni. E’ stato grazie al nostro editore, che ha reso concreta la possibilità, che siamo riusciti a portare a termine la storia.

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Riproporre oggi il primo ¡Infierno! che sensazioni pensate che possa dare a chi lo legge ora per la prima volta?
Tito: Per quanto riguarda il mio lavoro, credo che oggi sarà compreso meglio. C’è una migliore percezione di che cosa significhi “sceneggiare”. Quindici anni fa, non vedendo dialoghi, c’era chi mi veniva a chiedere: “Ma allora tu che cosa hai fatto?”
Silvia: Spero che un nuovo lettore si diverta, come ci siamo divertiti noi a realizzarlo. Non lo rileggevo da anni, l’ho fatto solo per rispolverare il mondo dei nostri due eroi, e non rivedendolo da tempo alcune cose mi hanno divertito. Ecco, quella sarebbe per me la soddisfazione più grande: che anche il lettore si diverta.

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Tito, scrivere un sequel è sempre rischioso: hai provato ansia nel riprendere in mano quei personaggi e quel setting narrativo? Quali risultati volevi ottenere con questa nuova storia?
Tito: Sì, ho avuto un po’ paura. Come dice Stephen King, gli anni levano le palle a effetto. Però dalla mia ho avuto una maggiore esperienza. Negli anni, ho imparato un po’ di trucchi riguardo a come va “mostrata” una scena, senza ricorrere ai dialoghi, che ho usato a piene mani per ¡Infierno! 2. Ma qualcosa di nuovo me lo sono anche inventato. Così come è avvenuto la prima volta, è un’esperienza che mi ha fatto crescere.

Tito, quindici anni dopo: quanto ¡Infierno! 2 è figlio della tua evoluzione narrativa e quanto invece del “debito” verso l’opera originale?
Tito: Al di là di una maggiore conoscenza del mezzo, credo che tra il primo e il secondo ¡Infierno! ci sia una notevole continuità narrativa. Quasi come se fosse già stato stabilito, fin dall’inizio, che ci sarebbe stato un seguito. La cosa mi fa molto piacere e dà un grosso valore unitario al volume appena uscito.

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Silvia, in una storia muta serve una collaborazione ancora più stretta del normale tra disegnatore e sceneggiatore, per rendere al meglio le situazioni illustrate? Oppure non c’è differenza rispetto al tuo lavoro su una storia “dialogata”?
Silvia: Non è che servano accorgimenti strani, o un filo diretto con lo sceneggiatore, o chissà che. Certo, con Tito ci siamo sentiti spessissimo, ma perché ci piace rifinire la storia in ogni dettaglio, non perché ci fosse qualcosa di più difficile del solito. Si deve solo fare più attenzione alle espressioni dei personaggi, vanno enfatizzate esattamente come facevano gli attori del cinema muto, che dovevano raccontare le emozioni con lo sguardo. È quello che ho cercato di fare anch’io, concentrandomi sulla recitazione dei personaggi.

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Silvia, nel primo ¡Infierno! (lo faceva notare Luca Raffaelli nella sua prefazione al volume) il ritmo di lettura veniva scandito dalla struttura delle tavole, grazie alla dimensione delle vignette sempre funzionale al tempo del racconto. In questa seconda storia hai usato altre soluzioni grafiche per veicolare la narrazione?

Silvia: Non so rispondere. Lavoro in modo abbastanza emotivo, non progetto a tavolino artifici tecnici. Soprattutto quando la storia la scrive un’altra persona, mi metto lì e la ascolto. E cerco di renderla al meglio. La racconto come l’ho immaginata leggendola.

Infierno-Interni
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In una storia muta il lettore si sofferma più del solito sui disegni: avete approfittato dell’occasione per arricchire le vignette con inside jokes e gag sullo sfondo? Ritenete che possa essere una finezza interessante, che arricchisce l’opera?
Tito: Ah, be’, entrambi gli episodi di ¡Infierno! sono da vedere e… rivedere. Ci sono dettagli che non abbiamo voluto mettere in evidenza, in modo che il lettore li scopra a una seconda lettura. O a una terza. Mi piace pensare che ¡Infierno! non sia un’opera “usa e getta”.
Silvia: Sì, spesso nelle vignette ci sono delle cose che possono sfuggire al primo sguardo. È una specie di caccia al tesoro, che a me diverte. E penso che diverta anche il lettore. Mi ricordo che, da ragazzina, ero contentissima quando alla terza lettura di un albo di Asterix trovavo sullo sfondo qualcosa che non avevo ancora notato. Senza fare paragoni con gli inarrivabili Goscinny e Uderzo, trovo che sia un modo divertente di raccontare con le immagini.

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Nei tardi anni ’90 il vostro sodalizio aveva portato a fumetti memorabili: oltre allo stesso ¡Infierno! anche varie cose Disney come Motore/Azione, le Angus Tales etc. In anni più recenti Topolino ha ospitato altre avventure realizzate insieme, come le Cronache dal regno dei due laghi. Cos’è che funziona così bene tra voi due? Quale pensate sia il segreto della vostra alchimia? Dopo questa reunion quasi “amarcord” pensate di tornare a lavorare ancora insieme su qualche nuovo progetto?
Tito: Con Silvia mi trovo straordinariamente bene. Ci capiamo al volo. La sceneggiatura a volte è solo un punto di partenza per ulteriori elaborazioni narrative, che stabiliamo assieme parlandone a voce, di persona o al telefono (o via mail, sms, Whatsapp…). Il segreto sta in gusti comuni e in un senso dell’umorismo molto affine. Presto saremo alle prese con una storia di Groucho, inserita nel nuovo corso di Dylan Dog. E poi, sempre, Topolino
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Silvia: Io e Tito ridiamo delle stesse cose. Se lui accenna una gag per una vignetta, il mio cervello la completa in automatico. Come quel programma che agevola la scrittura negli smartphone (strafalcioni compresi, che fanno sempre ridere e nel nostro caso possono enfatizzare una gag). Leggendo le sue sceneggiature, immagino le tavole finite e mi fanno già ridere. È difficile spiegare questa cosa, appunto perché è spontanea, non costruita. Io e lui, quando lavoriamo assieme, non siamo una somma ma una moltiplicazione.

Tito, domanda extra: sappiamo che da diversi mesi hai assunto il ruolo di “tutor” dei nuovi sceneggiatori di Topolino. Puoi dirci qualcosa su come procede questa esperienza? Ritieni che questa “palestra” stia producendo dei risultati?

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Tito: Sono soddisfatto e orgoglioso, anche se è un lavoro impegnativo e faticoso, in cui non ci si può mai accontentare. Pretendo molto dagli autori che seguo, perché per scrivere Topolino serve molto. Ed è un lavoro che fa imparare cose importanti anche a me, mentre lo svolgo.

Silvia, domanda extra: a cosa stai lavorando attualmente? C’è qualche novità che bolle in pentola?
Silvia: Adesso sto lavorando a una storia per Topolino. Poi ho altre cose in cantiere, ma sono scaramantica, e non riesco a parlarne finché non saranno definite in tutti i dettagli. Le idee sono fragili, ho paura che a parlarne troppo si rompano, svaniscano.

Intervista rilasciata il 12 e il 18 novembre 2014


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