Magazine Diario personale

Un gioco a premi per la mia cabina armadio

Da Gynepraio @valeria_fiore

Una mia ex collega mi rivelò, non senza orgoglio, di essersi interamente pagata gli studi in biologia partecipando a “La ruota della fortuna” e “Chi vuol esser miliardario” (ancora non c’era l’euro). Nessun trionfo epocale, ma vinse giusto quei 20 milioni che servirono a pagare tasse e libri.

Qualche giorno fa sono andata (senza un altrimenti annoiatissimo voi-sapete-chi: a lui ormai interessano solo i colori) a richiedere preventivi per la cabina armadio. Ho passato le 48 ore seguenti a studiare una via per procurarmi i soldi che ci servono. Scartate le modalità palesemente illecite, mi sono risolta a iscrivermi a L’eredità e sperare che una serie di eclatanti botte di culo mi conducano alla ghigliottina, gioco nel quale, immodestamente, me la cavo piuttosto bene. Stavo aprendo il portone di casa, in procinto di chiamare voi-sapete-chi e comunicargli a bruciapelo questa idea brillantissima quando qualcosa nell’androne ha attratto la mia attenzione.

Ammucchiate vicino ai contenitori della carta, c’erano una dozzina di scatole di Luisaviaroma, una di Vuitton, una di Chanel, una di Ferragamo, due di Moncler, una di Manolo Blahnik, una di Isabel Marant. Tutte perfettamente nuove, nient’affatto impolverate, ordinatamente ammucchiate. Da alcune sporgevano nastri, scontrini, lembi di carta velina. Stavo per salire la prima rampa quando ho pensato che nella cabina armadio che ancora non ho -e che, vi ricordo, non so come pagare- sicuramente mi serviranno delle  scatole -possibilmente non degli Ordinett a fiorelloni- per metterci dentro i collant, i guanti, le sciarpe, i costumi da bagno, le borsette, le cinture. Ho anche pensato che abito solo al secondo piano, e che in un paio di giri avrei dovuto farcela a portare su tutto, no?

Poi se una getta via delle cose, l’importante è che esse vengano correttamente smaltite, no? Poco importa che se ne occupi l’Amiat oppure una vicina di casa, no? Quindi ho controllato attentamente che non ci fosse nessuno.

cabina armadio

Precauzione del tutto inutile, visto che nel condominio, ad agosto, eravamo rimasti giusto io e le blatte germaniche che infestano il piano interrato. Ho caricato le scatole e me le sono portate tutte su.

cabina armadio

Ti vergogni? NO. Sei invidiosa? COME UNA GAZZA LADRA. Sono belle? DA MORIRE.

Una volta entrata in casa, mentre le sistemavo religiosamente, ho iniziato a sommare, moltiplicare, pensa un numero, estrai la radice quadrata, fai la giravolta, falla un’altra volta, fai la riverenza, fai la differenza e ho detto a voce alta: qui dentro c’erano 30.000 euro di vestiti. Che mignotta la vita: in questo condominio di ricconi, abita una donna che può popolare la sua cabina armadio con 30.000 euro di abiti e scarpe di lusso, mentre io non ho nemmeno i soldi per comprarmela, la cabina armadio (e comunque la riempirei con stracci in poliestere comprati in saldo da Zara, NDR).

Due sere dopo, verso le 11, ero sul balcone che fumavo una sigaretta e facevo esperimenti di photocropping come questo, quando ho sentito un bel diverbio tra vicini. Vuoi la scoppiettante felicità di non essere più sola nel condominio, vuoi la mia totale assenza di discrezione, ma l’occasione era troppo ghiotta per non accucciarmi come un birdwatcher e ascoltare attentamente i litigi dei ricchi. Che non somigliano affatto alle discussioni di noi poracci, sguaiati e col vaffanculo sempre in tasca: i ricchi non urlano, essi sibilano. Niente argomenti miserrimi come le corna e il tubetto del dentifricio mal spremuto: i ricchi non accusano, essi recriminano.

-Emanuela, io non so se ce la faccio ancora.
-Come sarebbe a dire “non ce la faccio”? A me lo dici, “non ce la faccio”? A me che ho lasciato Milano, la mia città, per venire a vivere qui? La mia vita, i miei interessi, le mie cose?
-Emanuela, suvvia, quali interessi? Non hai mai lavorato.
-Cosa c’entra? Io per venire qui da te ho mollato tutto, e tu stai sempre chiuso in clinica (lui è un chirurgo estetico, mi aveva già informata la parru del pianterreno) e io mi annoio, e poi mi manca il mio bambino.
-Emanuela, ha 18 anni e anche a Milano non ci stavi mai insieme. Io lavoro per me e per te, ma ho bisogno di un po’ di collaborazione da parte tua: se siamo una coppia dobbiamo cercare di stare insieme nelle difficoltà.
-Ma quali difficoltà? Si può sapere quali, che son qui che mi faccio in quattro per te? Che cosa vuoi? (a questo punto si sono spostati dalla cucina alla camera da letto, alchè io mi sono dovuta praticamente arrampicare sull’unità esterna del condizionatore per continuare a sentire)
-Emanuela, possono capitare dei mesi difficili. Luglio è stato un po’ morto, a volte le clienti non pagano, e poi ci sono state le ferie, domani ripartiamo e poi…
-E poi cosa? Di cosa stai lagnandoti? Basta, io sono stufa di tutto quest…
-Emanuela, Cristo, QUESTO MESE HAI SPESO 30.000 EURO DI VESTITI!

Ma quale Eredità, quale Carlo Conti. Mediaset, rinnovami il palinsesto, rifammi OK, il prezzo è giusto.

PS. Di lì a poco son partite le danze.


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