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Un’identità geo-politica rischiosa

Creato il 24 giugno 2011 da Gadilu
Un’identità geo-politica rischiosa

Gino De Dominicis, Tentativo di volo

Sarebbe strano che un partito intonato all’idea di “libertà” già fin dal nome non facesse sua la causa di un “Libero Stato”. Se dunque adesso i Freiheitlichen si espongono battendo su questo tasto non stupisce più di tanto. In un articolo dedicato qualche settimana fa dal settimanale “ff” al partito di Pius Leitner, l’idea del Frei-Staat veniva però addirittura indicata come il discrimine o la linea di demarcazione tra la proposta dei “Blau” e il resto del panorama politico locale. Il tema merita perciò un breve approfondimento.

Com’è noto, nell’uso tedesco il termine “Frei-Staat” non è che l’equivalente di “repubblica”, o meglio di libera res publica, assumendo semplicemente il significato di un’entità territoriale non governata da un monarca. Alla fine della prima guerra mondiale, fu il socialista Kurt Eisnar a proclamare il Libero Stato della Baviera. Denominazione conservata ancora oggi, come memoria storica, all’interno della struttura federale tedesca. In tempi recenti, alla Baviera si sono poi aggiunte la Sassonia e la Turingia (entrambe dal 1990). È comunque importante notare che in tutti questi casi non ci si riferisce a “Stati sovrani” e che il livello di autonomia suggerito dall’aggettivo “libero” è molto inferiore a quello di cui gode la provincia di Bolzano all’interno dello Stato nazionale italiano, Stato che nella delirante propaganda di qualche patriota è tuttora qualificato come “occupante”.

Ma se non va inteso “alla tedesca”, come dobbiamo allora immaginarci questo benedetto “Libero Stato del Sudtirolo” invocato dai Freiheitlichen? Potremmo sintetizzarlo così: un territorio completamente indipendente (meglio perciò abbandonare “frei” sostituendolo con “unabhängig”), equidistante tanto da Roma quanto da Vienna, sostenuto da una comune volontà di costruire un’identità geo-politica innovativa. A differenza di altre ipotesi secessioniste, sicuramente meno interessanti, l’accento qui cade sulla collaborazione di tutti i gruppi linguistici necessaria ad attivare un simile processo. Peccato che non si riesca a specificare in nessuno modo come ciò sarebbe concretamente possibile.

I Freiheitlichen ignorano in realtà il nodo più tenace che impedirebbe la realizzazione di un simile progetto: la rinuncia, da parte dei singoli gruppi, a sciogliere le proprie specificità in un contesto che – se non accuratamente regolato – esporrebbe nuovamente i soggetti minoritari alla tendenza assimilatrice o prevaricatrice esercitata da quelli maggioritari. L’autonomia è riuscita a raffreddare il conflitto etnico. Il “Libero Stato” potrebbe di nuovo scaldarlo.  

Corriere dell’Alto Adige, 24 giugno 2011



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