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Un narratore disordinato: intervista a Roberto Pellico, autore di “A pochi passi da te”

Da Pianetagay @pianetagay
a pochi passi da teRoberto Nicoletti, critico letterario, scrive del nuovo libro di Roberto Pellico “A pochi passi da te”, edito da 0111 edizioni: "Se paragonato allo squallore della letteratura italiana contemporanea, questo è un lavoro che si eleva e ti fa respirare aria buona, di qualità. Spero che Roberto Pellico continui a darci lavori così belli." Una raccolta di storie vere, reali, narrate dall’autore e unite tra di loro dalle condizioni presentate dei protagonisti, di differente sesso, orientamento sessuale, etnia, religione, ma legati dalla fragilità, dalla situazione di abbandono, di dolore, di solitudini, di incertezze e di sofferenze e dalla forza. Sono storie lette da punti di vista diversi, così come sono diverse le letture che si possono dare. Sul profilo facebook di Roberto Pellico viene riportata la frase celebre di oscar Wilde: “Siamo tutti nella stessa fogna, ma alcuni di noi guardano alle stelle...”.
Ed p, forse l’occasione di dire che leggendo e interpretando il libro di Roberto si può aspirare di voler almeno tentare di farsi domande su alcune esistenze, vicine a noi, prossime, se non avvertite come anche proprie. Lo abbiamo intervistato, che si definisce “narratore disordinato”, quasi riprendendo la caratteristica di un reporter con l’elemento costitutivo di essere letterario.
Il titolo del libro "A pochi passi da te" anticipa il filo rosso che unifica le diverse storie narrate: quale significato, in particolare assume in riferimento all'opera?
Mi piaceva l’idea di dare un titolo che non solo fosse riconducibile a una storia precisa, ma che contenesse un filo conduttore a tutte le storie che ho raccontato. Se guardiamo bene, Sandra, ma anche tutti gli altri personaggi del libro, si trovano a dover risolvere quel conflitto con se stessi, prima di tutto, ed è un sentimento che in un certo qual modo ci accomuna tutti.
Sono storie differenti viste e lette da punti differenti, da narratori e protagonisti vittime di stereotipi o di condizioni di emarginazioni e di persecuzione in una società che esclude e denigra tutto ciò che è "diverso": come è avvenuta l'opera di produzione e di scrittura del libro?
Sono un narratore disordinato. Osservo, prendo appunti. Scrivo di notte e in particolar modo sul cellulare. Sembrerà strano, lo so, ma trovo il cellulare un modo intimo e discreto per poter scrivere in qualsiasi momento e in qualsiasi posto. Poi il lavoro, indispensabile, di limatura, l’ho fatto sul computer una volta che le storie erano concluse. Mi piace ascoltare. Ho raccolto le storie in tempi diversi e le ho custodie finché non sono state loro a guidarmi. C’è stato un lavoro di immedesimazione. Non ti nascondo, però, che la paura che ho sempre avuto durante la stesura e che è rimasta anche dopo, è quella di risultare banale e qualunquista. Troppo drammatico o troppo superficiale. Offendere la sensibilità dei diretti interessati o dei lettori. Spero di non averlo fatto.
Quale intento hai voluto imprimere nell'iniziare e nel completare la scrittura della tua opera?
Non ho mai avuto un intento preciso. All’inizio non ero nemmeno così convinto che sarei riuscito a pubblicare. Ho avuto speranza. Questo sì. La stessa speranza che si ritrova in “E poi le cose cambiano davvero”. Il desiderio che le famiglie arcobaleno possano essere considerate a tutti gli effetti come le altre famiglie. Non sento di avere un compito, ma credo di avere il dovere di fare la mia piccolissima parte nel difendere “il diritto di amare chi vogliamo”. I personaggi del libro non sono omosessuali depressi né si considerano vittime. Sono persone. Persone alle prese con i propri amori o disamori. Con le proprie ambizioni o dolori.
Chi è l'autore, ossia da dove viene, cosa fa e quali sono i suoi obiettivi da raggiungersi tramite l'attività letteraria e non solo?
Sono calabrese di origine e padovano di adozione. Penso di essere fortunato. Sono una persona felice della sua vita normale. Ho obiettivi mutevoli. Da qualche anno affianco alla scrittura la passione per il pianoforte. Per quanto riguarda l’attività letteraria ci sono in cantiere molte cose. Al momento sono alle prese con la stesura di un romanzo.
Scrivi nella tua prefazione un monito al lettore: uscire dall'esigenza di giudicare in quanto quando hai avuto modo di chiedere "perché?" ai personaggi reali della tua opera ti è stata data una risposta «Il solo modo che abbiamo per capire è restare fermi, in silenzio, ad ascoltare" ... possiamo, quindi, parlare anche di un'opera propedeutica, formativa?
Certo. Scrivere questo libro mi ha insegnato che siamo tutti, me compreso, vittime di pregiudizi più o meno radicati nel nostro pensiero. Ascoltare, dunque, senza concedersi alla tentazione di giudicare è indispensabile alla comprensione. Ho trattato temi forti come la prostituzione e l’adozione omogenitoriale. Ho parlato di come si possa tradire per paura di amare. Ecco, ho dovuto fare una sorta di pulizia. Confrontarmi, capire ciò che non rientrava nel mio modo di pensare mi ha reso migliore.
Che cosa oggi la letteratura, di qualsiasi genere, e la tua opera possono dare e garantire a cambiare il sostrato culturale di un paese che presenta ancora arretratezza e forti pregiudizi?
La letteratura è uno strumento di conoscenza emozionale e di informazione. Credo che solo attraverso la scoperta si possano gettare le basi per un futuro che non prenda in considerazione le persone basandosi sull’orientamento sessuale. Credo nei giovani. Auspico per il Paese generazioni e classi politiche più progressiste rispetto a quelle a cui siamo abituati. La letteratura può aiutarci in questo: diffondere conoscenza.
I tuoi personaggi narrati e reali hanno avuto qualche reazione nel leggersi?
Le reazioni sono state diverse. Scrivere questo libro mi ha dato molto. Anche se non sempre è stato facile fare i conti con il carico emozionale dei personaggi.
Tra i più momenti più belli ricordo quello in cui Sandra, la protagonista di “A pochi passi da te” mi ha scritto che aveva letto il racconto.
Si era commossa.
In quel momento ho capito che stavo facendo la cosa giusta.
Perché non hai pensato di scrivere storie inventate, certamente verosimili: che cosa ne sarebbe derivato?
Il libro è nato principalmente dalle persone che avevo intorno, a ispirarmi erano quelle vite, così simili, eppure diverse dalla mia. Nel raccontare queste vite ho sentito fin da subito il desiderio di chiedere e trasmettere autenticità. Anche dove non è stato possibile indagare a fondo sulla storia che stavo narrando, quelle storie “rubate” di cui parlo nella prefazione, ho cercato di osservare con attenzione minuziosa i dettagli. Entrare in empatia con la situazione cercando di escludere le mie reazioni istintive. La sola immaginazione non sarebbe bastata. Avrei finito col narrare il mio solo punto di vista e il risultato sarebbe stato un semplice esercizio di narrazione.
Ti rivedi in qualche storia narrata in particolare o possiamo dire che tu, come anche un lettore qualsiasi, puoi rivederti in ognuna delle storie riportate?
Ritorniamo al filo conduttore, al significato dell’opera, la fragilità e la forza dei personaggi è un tratto comune a me e sicuramente a molti lettori. Ci sono state reazioni spiazzanti anche dagli amici. Alcune piene di sostegno, altre quasi indignate. Il desiderio di paternità di Alberto e il suo compagno di cui parlo in “E poi succede davvero” non è stato condiviso da tutti. Io mi schiero con il loro coraggio. Sto per dire una cosa scomoda, me ne rendo conto, ma sono favorevole all’omogenitorialità. Mi ritrovo in quel racconto perché potrebbe essere il mio.
Il racconto che preferisco in assoluto è quello che chiude la raccolta. “Mentre te ne vai”, il più duro forse, il più difficile da scrivere, eppure trovo abbia insieme tutti gli elementi sentiti dal modo gay contemporaneo. La spensieratezza dell’amore, lo scoglio non più dell’accettazione di se stessi ma del riconoscimento del proprio rapporto. Il bisogno urgente che abbiamo di essere tutelati, soprattutto nel dolore.
Prossime pubblicazioni magari in tempi meno deludenti di quello presente dove ancora esiste discriminazione verso coloro che appartengono a orientamenti lgbt?
Qualche giorno fa leggevo un’intervista del 2008 a Piergiorgio Paterlini in merito a “Ragazzi che amano ragazzi”, ti riporto una parte così attuale, purtroppo, quanto sconcertante:
“Io ero convinto, nel 1991, e mi auguravo – se non da scrittore, da cittadino, appunto – che questo libro invecchiasse nel giro di pochissimi anni. Venisse ricordato come documento storico di un’epoca superata. Non è stato e non è così, e la società (soprattutto quella italiana), e la chiesa (soprattutto quella italiana), ne portano la colpa, il peso, la responsabilità schiacciante. Prima o poi ne dovranno rendere conto.”
Mi porto dietro la stessa speranza di Paterlini. Spero che i personaggi dei miei prossimi lavori possano fare un passo in avanti assieme alla realtà che ci circonda. Continuerò a parlare del mondo lgbt, mi auguro di poterlo fare non come un tratto fondamentale dei personaggi, ma come una sfumatura della propria normalità.

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