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Un prodigioso toccasana: il merito

Creato il 30 maggio 2012 da Speradisole

UN PRODIGIOSO TOCCASANA: IL MERITO

UN PRODIGIOSO TOCCASANA: IL MERITO
La parola «merito» è un prodigioso toccasana in ogni circostanza. Si consiglia di usarla spesso nei dibattiti, nel talk show e in generale in tutte quelle situazioni in cui ci si trova in difficoltà di fronte a qualcuno che ancora osa  pronunciare la parola «diritti».

«Premiare il merito», «avanzamenti per merito», sono le frasi idiomatiche. Le pronunciava spesso la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, che ha il merito di aver ereditato le imprese dal papà.

Allo stesso modo, si concludono puntualmente con un sacrosanto richiamo al merito le riunioni annuali dei giovani imprenditori italiani, che hanno tutti il merito di avere un’industria che porta il loro nome  e cognome da generazioni.

Ovviamente è meglio che un chirurgo occupi il suo posto di chirurgo per merito. È buona norma non lasciare pinze nella pancia della gente, con  quello che costano! E questo nonostante certi ospedali, certe università e in generale certe posizioni apicali del mondo del lavoro vantino una strabiliante concentrazione di cognomi identici a quelli del rettore, del primario o del direttore generale.

Ma quando si scende ai piani più bassi delle gerarchie e al piano terra, o addirittura nel sottoscala del marcato del lavoro, la questione del merito si fa scivolosa.

È noto, ad esempio,  che per le prestigiose mansioni di operatore di call-center, operaio generico, lavoratore domestico o cottimista, il merito c’entra poco e alcuni, anzi, pur di afferrare un lavoretto passeggero, negano nel curriculum di essere laureati o di sapere le lingue. Il rischio è di sentirsi dire: «Ma lei ha un master, non può vendere aspirapolvere per telefono!»

Dunque la tendenza, in presenza di meriti, è di negarli accuratamente. Ma non per questo il merito è meno importante:  un operaio metalmeccanico, per esempio, per essere assunto a Pomigliano D’Arco, deve avere l’indiscutibile merito di non essere iscritto alla Fiom. E questo anche se la Costituzione della Repubblica italiana entra direttamente nel merito a proposito di discriminazioni (articolo 3), Marchionne del resto, ha il merito di non averla letta. E, comunque gli rimane il merito di licenziare in Italia e pagare le tasse in Svizzera.

Quanto a «valutare il merito», si tratta anche di una questione linguistica. Chissà perché, per molte aziende italiane, la parola «merito» suona meglio in rumeno che in italiano.

La famosa Golden Lady, per esempio, ha chiuso la sua fabbrica Omsa in Italia per riaprirla in Serbia, dove la parola «merito» suona più convincente. Il merito di molti lavoratori Fiat, in compenso, è di essere polacchi.

(Alessandro Robecchi)



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