Cucinando parole e sapori -
Un romanzo ed una rete di limoni.
Strano l’accostamento che vi ho appena proposto, vero? Ebbene, quando leggerete le motivazioni della mia affermazione non sarete più tanto sorpresi.
In tutte le case (e sfido chiunque a sostenere il contrario) ci sono nel frigo almeno un paio di limoni. Utili per contrastare gli effetti di un pasto indigesto, in alternativa al latte per un buon thè, per cucinare saporite scaloppine, per sfumare la carne ai ferri, per insaporire il pesce, ingrediente principale per un fresco sorbetto o una bevanda rigenerante,… Lunghissima sarebbe la lista qualora volessi elencare tutte, ma proprio tutte, le pietanze in cui si può impiegare il limone come protagonista principale o comprimario.
Sono trascorsi ormai alcuni mesi da quando è stato pubblicato il romanzo Se ti abbraccio non aver paura, di Fulvio Ervas, ed in tutto questo tempo coloro che non hanno ancora letto o quantomeno sistemato tra ripiani della propria libreria, o nell’elenco ebook del proprio e-reader (come nel mio caso), o preso in prestito in biblioteca, questo titolo sono tagliati fuori dal mondo, perlomeno quello letterario.
Il titolo che in pochi giorni dall’uscita ha scalato ogni sorta di classifica libraria da chicchessia stilata. Il romanzo a cui il pubblico (questo ci interessa, senza nulla togliere alla critica ufficiale che pur si è trovata pienamente concorde con i lettori) ha conferito un successo senza ombre nè voci dissonanti, che i lettori hanno “adottato”, facendo “propri” i protagonisti, come fossero amici di famiglia, i cui nomi e volti ormai sono conosciuti e riconosciuti in ogni angolo del Paese, al contrario dell’ultimo Premio Nobel per la Letteratura, decretato da pochi giorni, Mo Yan.
Quando si pronunciano i nomi di Franco e Andrea ogni lettore, di qualsiasi generazione, sa a quale successo letterario è legata la loro storia. Un romanzo che al termine dell’ultima pagina letta non ho avuto dubbi nel definire raffinato, nel linguaggio, nello stile, nel gusto che lascia sulle labbra di un lettore esigente, come il bacio casto eppure sensuale del più tenero degli amanti (potrete a breve leggere sul blog la mia recensione di Se ti abbraccio non aver paura).
Ebbene, ecco svelato il pensiero che abbraccia i limoni e l’ultimo romanzo di Fulvio Ervas: esistono in ogni casa, in ogni vita, esistono e non possiamo immaginare il contrario. Non possiamo immaginare quanto il mondo sarebbe più povero e arido senza il loro sapore unico e riconoscibile.
Burro – 150 gr
Farina – 180 gr
Fecola di patate – 50 gr
Lievito per dolci in polvere – 16 gr. (1 bustina)
Limoni – scorza di 2; succo 2 cucchiai
Uova – 3
Zucchero – 160 gr.
In una ciotola dal bordo alto, con fruste elettriche o simili, sbattere le uova a temperatura ambiente insieme allo zucchero fino ad ottenere un composto omogeneo.
Fondere il burro e aggiungerlo al composto, mescolando adagio con un cucchiaio di legno.
Aggiungere i due cucchiai di succo di limone e la scorza.
Mettere il lievito e la fecola di patate nella farina e mescolare. Incorporare la farina al composto liquido ottenuto in precedenza e mescolare con il cucchiaio di legno.
Imburrare e infarinare uno stampo da plumcake, versare l’impasto e mettere in forno a 180° (statico) per circa 45 minuti.
Al termine del tempo, la cottura del plumcake la si può controllare infilzando con uno stuzzicadenti di legno il centro del dolce: se rimane pulito il plumcake è cotto.
Cospargere di zucchero a velo o di glassa al limone.
L’errore che ho fatto io la prima volta in cui ho cucinato questa ricetta è pensare che l’impasto diventasse più saporito raddoppiando i cucchiai di succo di limone.
Effettivamente viene accentuato il gusto di limone del dolce, ma c’è una controindicazione che non avevo considerato. Aggiungendo ulteriore liquido (oltre i due cucchiai di succo previsti) all’impasto la fecola di patate (un addensante) è “felice” perchè trova più materiale su cui lavorare e andare ad addensare, mentre il burro è “triste” perchè non va d’accordo con liquidi diversi dal latte (da cui è formato) e quindi fatica a cuocersi. Il risultato è che al termine della cottura il plumcake (seppur lievitato e gonfio) rimane un pochino rigido e man mano che si raffredda trasuda parte del burro.